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Da oltre quarant’anni, il CONOU, Consorzio nazionale oli minerali usati, è un punto di riferimento in Italia e in Europa per la responsabilità estesa del produttore. Primo ad applicare questo modello, ha sviluppato un sistema altamente efficiente, con un tasso di rigenerazione del 98% degli oli lubrificanti a fine vita. Oggi, però, il suo compito si spinge oltre l’essere garante della circolarità e della qualità della filiera: evoluzione significa anche guidare e promuovere la decarbonizzazione del suo capillare sistema di raccolta.
Il Consorzio opera, infatti, attraverso una rete di 58 aziende di raccolta, distribuite su tutto il territorio italiano, che, con 678 automezzi, recuperano gli oli lubrificanti usati da oltre 103.000 punti di raccolta in tutto il paese. Per questo alla fine del 2023, l’Unione per le energie e la mobilità (UNEM) e CONOU hanno siglato un protocollo d’intesa per promuovere la sostenibilità nel trasporto stradale nella raccolta degli oli usati, incentivando l’utilizzo di HVO, un biocarburante che riduce le emissioni di CO₂ fino al 90%.
“Sono molto soddisfatto perché, pur essendo la produzione e l’uso di HVO un'attività ben distinta rispetto alla nostra tradizionale raccolta, ne condivide la filosofia di fondo”, spiega a Materia Rinnovabile Riccardo Piunti, presidente di CONOU. “Si favorisce il riciclo di materia vegetale per produrre un carburante, l’HVO, che a sua volta alimenta i mezzi con cui raccogliamo l’olio destinato alla rigenerazione. È un ciclo virtuoso che valorizza il recupero delle risorse.”
Il protocollo di intesa UNEM-CONOU
Secondo il protocollo, UNEM, associazione che deriva dall’ex Unione petrolifera, si impegna a diffondere l’HVO tra i propri associati e a renderlo facilmente accessibile alle imprese di raccolta, sia sulla rete stradale che extra-rete. Dal canto suo, il CONOU, che già dal 2021 ha iniziato a sostenere i propri associati nel passaggio a mezzi Euro 6, incentiva l’uso dell’HVO tra i propri raccoglitori.
“Il nostro ruolo in questa vicenda, oltre a fornire un incentivo economico (che volevamo introdurre per favorire questa transizione, così come già facciamo per i mezzi Euro 6) è anche quello di fungere da catalizzatore. Le nostre imprese di raccolta sono spesso aziende familiari, con persone pronte a darsi da fare, investire e innovare. Il nostro compito diventa così anche quello di offrire una chiave di lettura, un indirizzo strategico”, continua Piunti. “Probabilmente, il fatto che il Consorzio abbia dato una spinta in questa direzione è stato determinante, perché ha contribuito alla diffusione dell’iniziativa avviata dalle compagnie nel più vasto mercato dei prodotti petroliferi.”
I vantaggi dell’utilizzo dell’HVO
Quali sono, però, i vantaggi reali di una transizione all’HVO? “I nostri concessionari hanno ovviamente testato questo nuovo carburante”, racconta Piunti. “In particolare, uno dei nostri raccoglitori ha deciso di provarlo subito su alcuni mezzi e ci ha riportato la propria esperienza. Il suo percorso è stato innanzitutto una verifica delle autorizzazioni, che si è rivelata piuttosto semplice. Poi ha condotto una valutazione tecnica, constatando che non c'erano problemi nemmeno nelle fasi iniziali, anche quando il nuovo carburante veniva miscelato con quello precedente.”
Infine, c’è stata la verifica prestazionale. “L’impresa ha notato un lieve aumento dei consumi, dato che l’HVO è più leggero del diesel tradizionale, ma ha anche osservato un beneficio significativo. Il filtro anti-particolato si intasava molto meno, riducendo della metà la frequenza delle rigenerazioni.”
Si sono mostrati vantaggi anche rispetto a un’altra questione, emersa già negli anni Novanta con il biodiesel, quando l’origine vegetale del carburante favoriva la formazione di alghe e muffe nei serbatoi. “Trattandosi di un prodotto idrogenato e molto più raffinato, i test con HVO hanno dimostrato che non si formano residui né si rende necessario alcun trattamento specifico delle cisterne”, aggiunge Piunti.
Fiducia e qualità sono interconnesse
L’adozione dell’HVO da parte della prima impresa di raccolta CONOU si è rivelata un successo, spingendo altre aziende a seguirne l’esempio e rafforzando così la sostenibilità dell’intera filiera. Più in generale, si tratta di un modello che suscita interesse nel mondo per i suoi risultati.
“Siamo contattati da imprese di grandi paesi come India, Arabia Saudita e Turchia, interessate al nostro modello”, conclude Piunti. “Non ci chiedono quali impianti o tecnologie utilizziamo, ma come riusciamo a far funzionare il sistema: raccogliere, analizzare, controllare e rigenerare 183.000 tonnellate di olio usato. Il segreto non è solo nella qualità, parola chiave per tutte le fasi, ma nella fiducia, ed è questa che dobbiamo proteggere. Perché dire ‘il mio prodotto è rigenerato’ non basta: serve qualcuno che sia disposto a usarlo. La presenza di prodotti scadenti compromette la credibilità dell’intero sistema, mettendo a rischio la circolarità.”
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In copertina: immagine Envato