Vaghe, fuorvianti o addirittura infondate: in questo tipo di dichiarazioni ambientali la Commissione europea vede un pericolo greenwashing, strategia di marketing utilizzata da aziende e organizzazioni per monetizzare sull’ecologismo di facciata.

Per contrastare il fenomeno, sempre più presente nelle etichette dei prodotti e nelle pubblicità, Bruxelles nel marzo del 2022 aveva proposto la Green Claims Directive. Ora, con l’intesa tra Consiglio e Parlamento europeo del 19 settembre, a meno di grandi sorprese questa direttiva dovrà essere recepita da tutti i Paesi membri.

Cosa prevede la Direttiva Green Claims

Secondo il testo approvato, dal 2026 le aziende dovranno obbligatoriamente fornire prove evidenti sulla fondatezza di tutte le affermazioni ambientali che descrivono il loro prodotto o servizio. Di grande rilevanza è il divieto di vendere prodotti con la scritta carbon neutral, laddove queste compensazioni di emissioni di gas serra non siano basate su programmi certificati.

Questi claim si basano soprattutto sulla compensazione delle emissioni attraverso crediti di carbonio generati al di fuori della catena del valore dell'azienda, ad esempio da progetti di silvicoltura o di energia rinnovabile, e utilizzano metodologie che non sono sempre trasparenti o accurate.

“Il ban alle etichette sulla neutralità delle emissioni di carbonio è un’ottima notizia per i consumatori”, ha dichiarato Ursula Pachl, vicedirettrice dell’organizzazione europea dei consumatori BEUC.  “Non esistono formaggi, bottiglie di plastica, voli o conti bancari carbon neutral o CO₂ neutral. Queste etichette non dovrebbero essere mai utilizzate.”

Il greenwashing è fuorviante per i consumatori ma anche per le aziende

Le ONG denunciano da tempo che questo tipo di pratiche rischiano di fuorviare i consumatori. Un esempio eclatante è rappresentato dai Mondiali di calcio Qatar 2022. A ottobre gli organizzatori promisero che sarebbero passati alla storia come il primo evento sportivo carbon neutral, ma un report di Carbon Market Watch ha svelato tutta la scarsa accuratezza con cui la FIFA ha calcolato l’effettiva impronta carbonica del torneo.

Le false e fuorvianti dichiarazioni con cui la potente organizzazione sportiva avrebbe commercializzato il torneo sono state accertate anche dalla Commissione svizzera per l'equità nel giugno 2023.

Le associazioni ambientaliste pensano inoltre che queste pratiche di greenwashing impediscano alle aziende di perseguire riduzioni reali delle emissioni. Valutando quelle che hanno preso parte all'iniziativa delle Nazioni Unite Race to Zero, un recente rapporto di Carbon Market Watch ha calcolato che le loro promesse climatiche ridurranno solo del 36% le emissioni generate entro il 2050, mentre gli obiettivi imporrebbero un calo del 90-95%.

Quasi tutte le strategie si basano su progetti di carbon offsetting, cioè di compensazione delle emissioni di gas serra, che però non hanno gli stessi benefici climatici di azioni di riduzione di gas serra.

Altri effetti della direttiva Green Claims

Le nuove regole della direttiva Green Claims contro il greenwashing vietano l’uso di frasi generiche come “green”, “amico della natura”, “efficiente dal punto di vista energetico” e “biodegradabile”, a meno che i prodotti non possano dimostrare prestazioni ambientali eccellenti. I commercianti saranno inoltre responsabili di fornire le necessarie informazioni su obsolescenza anticipata dei prodotti elettrodomestici, aggiornamenti software non necessari o obbligo di acquistare pezzi di ricambio dal produttore originale.

La legge, che richiede ancora l’approvazione definitiva da parte dei Paesi membri e dell’assemblea plenaria del Parlamento (ritenuta una formalità), entrerà in vigore dal 2026. Ogni Stato avrà quindi due anni di tempo per adottare la direttiva Green Claims.

 

Immagine: Brian Yurasits, Unsplash