Il Governo Meloni è in carica ormai da un anno e Materia Rinnovabile ha deciso di fare il punto del suo operato in ottica ambientale ed economica ‒ due aspetti che negli ultimi anni si sono sempre più resi inscindibili ‒ con una serie di interviste ai protagonisti e alle protagoniste di questi ambiti.

In occasione di Ecomondo, l’evento di riferimento a livello europeo per la transizione ecologica, il direttore Emanuele Bompan ha intervistato Annalisa Corrado, ingegnera meccanica, ecologista, responsabile sviluppo progetti innovativi di Azzero CO₂, referente attività tecniche Kyoto Club e responsabile conversione ecologica segreteria nazionale del Partito Democratico. Corrado sarà per altro presente a una serie di eventi a Ecomondo, in particolare nella giornata di venerdì 10 novembre.

Annalisa Corrado

 

Entriamo subito nel merito: quali sono, secondo il PD, i temi  ambientali negati nell'agenda del Governo che vorreste vedere sul tavolo e discutere in Parlamento?

Il primo grande tema negato è il Piano nazionale integrato energia e clima, su cui è mancata totalmente la possibilità di confrontarsi. È il documento strategico per il Paese in fatto di economia e ambiente e del loro intreccio. Doveva essere un piano industriale, sociale, di riforme della pubblica amministrazione, con degli strumenti che portassero la possibilità di valutare le azioni messe in campo, gestito come un piano strategico importante per orientare gli investimenti in una direzione che ci riportasse competitività internazionale.

Tutto ciò non è avvenuto, né nel merito ‒ perché ha obiettivi molto bassi, ancora pensa all'Italia come un hub del gas invece che come un hub delle fonti rinnovabili ‒ né nel metodo: fatto come un compitino da consegnare all'Europa, senza una strategia, senza coinvolgere le opposizioni, la società civile o l'associazionismo di categoria. Questo è stato il primo grosso errore. Ma c’è anche la questione del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, ancora bloccato. Quando poi ci sono eventi devastanti, le Regioni governate dalla destra magari qualche ristoro lo ricevono, altrimenti no, come sta avvenendo in Emilia-Romagna, ed è gravissimo.

A livello di calendarizzazione, invece, in Parlamento c'è qualche proposta che si sta muovendo? Penso alla legge sul suolo, che era scomparsa dai radar, o a quella sull'acqua: due grandi temi portati avanti anche dai Governi precedenti ma che non avevano mai visto una proposta legislativa.

Su questo ho pubblicato un commento al rapporto ISPRA insieme a Chiara Braga, che sta lavorando a una legge contro il consumo di suolo. Il PD cerca di costruire convergenze con le altre opposizioni, ma sui temi ambientali è un po’ difficile perché vengono considerati un presidio. È comprensibile che ognuno ha le sue sfumature di pensiero e può fare proposte più ambiziose o più radicali, è però quando abbiamo trovato uno schema di gioco comune che abbiamo fatto rumore. La speranza è che risucceda anche su questi temi.

Su dissesto idrogeologico e acqua il PD sta organizzando una conferenza con i territori e con gli esperti per affrontare in maniera coordinata e coerente la questione. Ne parliamo ogni volta possibile, tenendo insieme anche gli aspetti che vengono separati. Per esempio, siccità e alluvioni sono due facce della stessa medaglia: sembra una banalità però va detta, visto poi lo scotto che si paga ogni anno in termini di morti, costi e danni, a volte irreparabili. Un governo di negazionisti climatici in questa fase storica, con la fragilità del nostro territorio e con la violenza degli eventi estremi, è una grande forma di irresponsabilità proprio per la sicurezza delle persone, sbandiera come punto forte proprio dal Governo.

C'è almeno un elemento di convergenza, di apprezzamento dell'azione del Governo? 

Ogni tanto qualcosa la iniziano anche giusta, perché magari parte da qualcuno che capisce il tema, ma poi se la rimangiano perché nel passaggio successivo ci ha messo le mani qualcun altro che non ne sa niente. Non c'è un coordinamento, insomma. Una cosa buona l'aveva fatta Rampelli sulla questione delle aste per lo spacchettamento nell'uscita dal mercato tutelato, inserendo la clausola sociale: chi avesse vinto l'asta avrebbe dovuto rilevare anche il personale per continuare a garantirgli il lavoro. Ora però questa clausola è a rischio.

Per altro nella maggioranza sul mercato tutelato si è creata una convergenza incredibile. Abbiamo fatto noi per primi una proposta di emendamento, poi Cinque Stelle e Verdi, ma alla fine si sono mossi anche Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia, chiedendo una proroga secca delle aste. Mi era sembrata una grande forma di responsabilità da parte del Parlamento, perché ora il mercato non è maturo: ci sono cinque grossi player che si dividono l'85% del mercato. L’indice Selectra ha rilevato che nel 2023 i prezzi del mercato libero sono stati superiori fino al doppio del mercato tutelato.

Un controsenso, il mercato libero dovrebbe favorire la concorrenza e quindi far abbassare i prezzi.

Esatto. Nel settore energia non sta accadendo, anche perché i contratti sono complicatissimi, non comparabili, e quello che succede veramente nella generazione della bolletta non è facile da capire. È uno dei mercati più crivellati dalla concorrenza sleale e i dati Istat certificano che passare al mercato libero adesso sarebbe una follia. L'Agenzia europea di tutti i regolatori dell'energia (ACER) ha messo in guardia l’Italia su manovre speculative in corso, quindi far uscire 10 milioni di utenti ora dal mercato tutelato significa dare un duro colpo alle famiglie. Lega e Fratelli d'Italia non vogliono prendersi la responsabilità di un danno così grave, anche se Pichetto Fratin insiste con una proroga non delle aste ma dell'entrata in vigore dello spacchettamento. L’obiettivo, cioè, è temporeggiare per far passare le elezioni europee, mentre noi spingiamo per una proroga secca.

Proprio in vista delle europee l'ambiente potrebbe essere uno dei grandi temi, usato anche in modo divisivo, come hanno fatto altri partiti in Europa. Voi che tipo di narrativa adotterete per convincere gli elettori che votare PD è una scelta per l'ambiente?

Anche in Parlamento europeo stiamo tenendo testa ai colpi delle destre su tutto il pacchetto Green Deal, da loro raccontato come il grande nemico del popolo, insieme all’ambientalismo. Parlano di attenzioni alle fasce più fragili della popolazione, che però non sono mai state più tartassate di così, e proprio a causa del modello economico fossile. Il 63% delle persone in Italia fatica ad arrivare a fine mese. Ci sono 3,5 milioni di lavoratori poveri, cioè che pur avendo uno stipendio non escono dalla soglia di povertà. Ci sono milioni di italiani che devono scegliere se pagarsi le cure, le bollette o il cibo. Il PD cerca in tutti i modi di far vedere invece le opportunità industriali, economiche e sociali della transizione ecologica.

Pensiamo all'automotive: le destre hanno voluto difendere l'italianità della produzione endotermica negando che il settore stesse andando verso l’elettrico. Ora che questo cambiamento è invece innegabile ci ritroviamo senza neanche il controllo nazionale dell'azienda che adesso si chiama Stellantis e sta in Francia. Le scelte conservative per difendere potentati fossili, che non sono neanche nostri, ci si ritorcono contro con una violenza maggiore. Possiamo ancora scegliere se essere affondati o cavalcare la transizione ecologica, diventandone leader. Noi vogliamo farlo, e non solo per l'ambiente ma anche perché è la strada migliore per rilanciare la nostra economia, ridurre le diseguaglianze e aiutare le persone.

Sono stato recentemente agli Stati generali del clima, un ambiente giovane che però sembra non trovare in Italia un partito di riferimento. Il PD  che strategia ha pensato per l’elettorato giovane?

Stiamo puntando molto nell’organizzare una azione politica dal globale al territorio, cercando di tenere insieme tutti i livelli regionali che poi a loro volta coordinano quelli provinciali e territoriali. Abbiamo iniziato una scuola di formazione politica, coordinata da Marwa Mahmood, il cui primo evento è stato proprio sulla transizione energetica e in particolare sulle comunità energetiche. Gli iscritti al webinar, aperto a tutti, erano circa 1.000, tra cui molti giovani e giovanissimi.

C’era anche chi ha partecipato dai circoli PD, cioè un pc collegato ma molte persone che assistevano e poi si trattenevano a continuare il dibattito tra loro. C’è tanta voglia di mobilitarsi ma poca consapevolezza degli strumenti che esistono per farlo, e per noi è importante diffondere questa cultura operativa, soprattutto tra i giovani, riprendendo a fare scuola di politica e attivando le persone competenti sia dentro che fuori il partito, per poi animare i territori. Ma la forma del circolo, che pure è importantissima, non va bene per tutti, quindi stiamo lavorando per costruire, oltre a quelle classiche, altre forme di attivazione politica. È un lavoro lento, di pazienza, ma fondamentale, perché un partito, soprattutto il PD, non si cambia solo cambiando la leadership.

Tra poco inizia la COP28 e l'Italia ha nominato un nuovo inviato speciale per il clima. Qual è il tuo giudizio su questa scelta?

In generale provo perplessità quando per certe cariche così strategiche e importanti vengono nominate persone non già di rilievo e riferimento tra gli addetti ai lavori. Nell’ambito della diplomazia climatica, in particolare, servono persone che abbiano sviluppato visione, esperienza e competenze specifiche anche politiche e diplomatiche, non solo tecniche.

Non conosco ancora personalmente il prof. Corvaro, che certamente (e per fortuna nostra!) ha un ottimo curriculum tecnico-scientifico, al quale auguro davvero buon lavoro e offro la nostra collaborazione, se lo riterrà opportuno, per maturare una postura solida nell’ambito delle negoziazioni climatiche.

Quali sono, per il PD, le questioni che l'Italia dovrebbe portare alla COP28?

La preoccupazione maggiore è il phase out. Non è una buona premessa che la COP si svolga negli Emirati Arabi Uniti, con coordinatore l'amministratore delegato di un'agenzia petrolifera tra le più importanti del Paese, il cui PIL è formato per il 30% dalle fonti fossili. E il phase out da petrolio, carbone, gas ha dirette implicazioni anche sulla pace internazionale, spero che la COP ne tenga conto. Per quanto ci riguarda, basti pensare che per sganciarsi dal gas di Putin l’Italia si rivolge all'Algeria, la prima che si è schierata con Hamas dopo l'attentato del 7 ottobre, oppure all’Azerbaigian, dove c'è il problema del Nagorno Karabakh e la questione tragica del popolo armeno. Ma è importante anche la questione loss and damage, che sta avendo un percorso tortuoso. Ci auspichiamo che la COP28 segni degli avanzamenti a riguardo.

 

Leggi anche: QUALI SONO LE PRIORITÀ DEL GOVERNO PER L’ECONOMIA CIRCOLARE? INTERVISTA A VANNIA GAVA

 

Immagine di copertina: Unsplash