Difendere il lavoro dignitoso, equo e tutelato non solo all'interno dell'azienda, ma lungo tutta la filiera, là dove – di appalto in appalto, di contratto in contratto – è più difficile individuare le storture. È l’obiettivo che anima il nuovo Patto per la tutela delle maestranze, promosso da Gruppo CAP, la green utility pubblica che gestisce il servizio idrico integrato della Città metropolitana di Milano.
Con l’iniziativa, sottoscritta tra le società del Gruppo e i propri fornitori, CAP si impegna a realizzare un sistema di monitoraggio capillare, esteso anche alle imprese che eseguono opere in appalto, e ad aiutare direttamente i lavoratori in caso di inadempienze, sia attraverso pagamenti diretti sia tramite canali sicuri di segnalazione (whistleblowing).
Le criticità osservate negli appalti
Le misure di controllo introdotte dal Patto vanno oltre i requisiti di legge e si fondano sul principio della responsabilità estesa dell’appaltatore, anche rispetto a eventuali violazioni commesse da subappaltatori, distaccatari o altri soggetti coinvolti.
L’obiettivo – spiegano dall’azienda – è affrontare le criticità della catena degli appalti, dove può risultare complesso mantenere controlli costanti su tutti i livelli della filiera, per creare un meccanismo di responsabilità condivisa e di crescita culturale, che alzi progressivamente gli standard dell’intero sistema degli appalti.
Le irregolarità possono manifestarsi in diversi ambiti: dalla sicurezza sul lavoro, spesso compromessa da meccanismi di riduzione dei costi, alla somministrazione fraudolenta di manodopera e ad altre forme di utilizzo improprio del personale.
Nel settore idrico, in particolare, CAP segnala la difficoltà di individuare l’uso distorto dell’esternalizzazione, perché le “squadre di lavoro” miste sono necessarie in molti cantieri. Quando diverse realtà aziendali si sovrappongono nello stesso ambito, emergono rischi di interferenze a volte difficili da gestire.
Sempre in agguato, negli appalti pubblici, il lavoro nero, ma ancor più quello grigio, che si traduce in un eccessivo ricorso agli straordinari, errati inquadramenti contrattuali, ritardi o irregolarità nei pagamenti. Un ambito particolarmente a rischio è quello degli appalti di guardiania, ossia la sorveglianza di impianti e cantieri, che in alcuni casi può sfociare in pratiche di caporalato. Tutto ciò, sostiene l’azienda, “fa comprendere come spesso vi sia una distanza tra il reale e il documentale che, se non intercettata, porta inevitabilmente a condizioni di lavoro irregolari, se non illecite”.
Cosa prevede il patto
Per colmare questa distanza, il nuovo patto introduce un sistema di controllo continuo durante l'esecuzione dei lavori, con l'obiettivo di rilevare anomalie non solo tra i dipendenti diretti dell'appaltatore, ma anche tra i lavoratori impiegati attraverso subappalti e contratti derivati. I fornitori dovranno garantire l'accesso a documenti chiave – come libro unico del lavoro, buste paga, registro presenze, tracciabilità dei pagamenti – così da consentire il rispetto degli obblighi e interventi correttivi. CAP potrà anche bloccare i pagamenti in caso di irregolarità e, se necessario, si impegna a pagare direttamente i lavoratori delle società appaltatrici.
Sono previste inoltre ispezioni a campione e un potenziamento del canale di whistleblowing interno all'azienda, già attivo, che sarà fruibile in forma anonima anche dagli utenti esterni per segnalazioni anonime di eventuali violazioni. Il patto si fonda sull’alleanza tra CAP, gli appaltatori e i contraenti derivati, ma è prevista la possibilità di coinvolgere i rappresentanti sindacali e gli RLS (rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza) in tutte le fasi del processo.
Allargare lo sguardo
Per Yuri Santagostino, presidente di CAP, l'iniziativa non si limita alle attività dell'azienda che gestisce il servizio idrico milanese, ma si inquadra in uno scenario molto più ampio: quello degli obiettivi dell’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile, che individua nel lavoro dignitoso un pilastro essenziale. "La nostra visione è chiara: il lavoro non è un costo da comprimere, ma un valore da tutelare", afferma Santagostino. Il patto si colloca quindi "in una più ampia strategia di sostenibilità, legalità e innovazione promossa da Gruppo CAP, coerente con il nostro piano di sostenibilità e con il ruolo che un’impresa pubblica moderna deve assumere: garante dei diritti, promotrice di equità sociale e attrice responsabile nei confronti della comunità e del territorio".
L'intero processo è pensato per essere replicabile, con l'obiettivo di diventare un modello per altre stazioni appaltanti che vogliano concretamente garantire la tutela dei lavoratori. Come spiega il direttore generale di Gruppo CAP, Michele Falcone: "In un contesto in cui la normativa si evolve per rafforzare le tutele, riteniamo che un’azienda pubblica debba fare da apripista".
In copertina: immagine Envato
