La gestione sostenibile dell’acqua è oggi indispensabile per affrontare crisi idriche e cambiamenti climatici. Tecnologie digitali e soluzioni innovative aprono la strada a una trasformazione profonda del settore. La cosiddetta “gestione idrica 4.0” richiede sviluppo tecnologico e collaborazione tra tutti gli attori coinvolti. Lo studio REF n.308 del 9 dicembre 2025, Gli investimenti tecnologici nel servizio idrico integrato, curato da Alessandro Mazzei, offre una visione concreta degli interventi.
Per avere un quadro d’insieme ne abbiamo parlato con lo stesso Alessandro Mazzei (nel testo AM), DG dell’Autorità idrica toscana e coordinatore tecnico scientifico idrico dell’Associazione ANEA, Benedetta Brioschi (nel testo BB), partner di The European House – Ambrosetti e project leader della Community valore acqua per l’Italia, e Monica Manto (nel testo MM), direttrice generale di Acquevenete spa e presidente di Viveracqua.
Mazzei, quali sono le leve della rivoluzione digitale applicata al settore acqua? Come queste frontiere tecnologiche possono contribuire a costruire un futuro più resiliente e rispettoso della risorsa acqua? E quali sono i benefici?
AM - Le tecnologie chiave della gestione idrica 4.0 sono: sensori intelligenti per monitorare portata, pressione e qualità dell’acqua in tempo reale (IoT); osservazione dallo spazio per individuare riserve, sversamenti e impatti ambientali; intelligenza artificiale utile per calcolare e monitorare i consumi, ottimizzare impianti e ridurre sprechi; sistemi di automazione e di controllo in grado di regolare i parametri operativi senza errori umani; piattaforme digitali che offrono dati e consigli personalizzati a cittadini e imprese. I benefici sono tangibili e riguardano il miglioramento dell’efficienza, la sostenibilità e la resilienza delle nostre risorse idriche. La necessità è quella di generare un ecosistema intelligente che integri tutto ciò.
Cosa è emerso dall’indagine condotta e cosa serve per realizzare pienamente la gestione idrica 4.0?
AM - Il confronto tra il consuntivo 2021-2023 e il piano 2024-2029 mostra una forte accelerazione dello sforzo di investimento. Le priorità convergono soprattutto sulla riduzione delle perdite idriche e sul miglioramento della continuità del servizio, ma le differenze territoriali sono marcate e anche la dimensione dei gestori mostra diversità di scelte. Sono necessari investimenti, sviluppo tecnologico e collaborazione tra i diversi attori del settore. Per questo motivo lo scambio di conoscenze e di esperienze diventa necessario. Dalle analisi effettuate, che si basano sui programmi di interventi di 54 gestori del servizio idrico integrato, gli investimenti superano i 90 €/ab/anno nel periodo 2024-2029. Da qui al 2029, il settore idrico italiano prevede significativi investimenti tecnologici con una distribuzione variabile tra le diverse macroaree. A oggi, le differenze negli investimenti per macroarea mostrano una significativa variabilità. Al Centro un investimento medio di 135,97 €/ab, con focus su M2 Continuità del servizio (47,83 €/ab). Al Sud w isole un investimento di 96,08 €/ab, con priorità su M1 Perdite idriche (31,62 €/ab). Al Nord-Ovest un investimento più basso a 65,24 €/ab, con attenzione a M4a Frequenza allagamenti e sversamenti fognatura (12,72 €/ab).
Brioschi, quali azioni sono indispensabili per ridurre le perdite idriche e colmare il ritardo negli investimenti, trasformando il PNRR in una crescita duratura e innovativa allineata agli standard europei?
BB - Le nostre reti sono ormai obsolete e il livello storicamente basso degli investimenti ha contribuito ad aggravare la situazione. Il PNRR ha avviato progetti importanti di digitalizzazione e riduzione degli sprechi, ma il divario con gli altri paesi resta ancora molto ampio. Negli ultimi dieci anni gli investimenti privati nel servizio idrico integrato sono quasi raddoppiati, arrivando a 72 euro pro capite nel 2024 (contro i 28 euro pro capite nel 2015). È un progresso importante, ma siamo ancora sotto la media europea di 83 euro. Il PNRR ha dato un impulso decisivo con 6,9 miliardi destinati al settore, ma dopo il 2026 rischiamo che rimanga scoperto il 18% degli investimenti. Dalla survey della Community valore acqua ai gestori è emerso che nel periodo post PNRR assumeranno un ruolo sempre più significativo fonti di finanziamento alternativo, quali il partenariato pubblico-privato e la finanza sostenibile. La buona notizia è che entro il 2029 la crescita prevista negli investimenti per le tecnologie idriche sarà tre volte superiore alla media europea: un segnale che l’Italia può diventare protagonista anche sul fronte dell’innovazione.
Se guardiamo alla Danimarca e alla Germania, cosa possiamo imparare dai loro modelli?
BB - La Danimarca, con perdite minime e forti investimenti, eccelle nelle smart grid idriche e nell’uso dell’IoT, garantendo un servizio efficiente e di qualità. Anche la Germania, grazie a investimenti consistenti e tecnologie di monitoraggio e manutenzione preventiva, assicura stabilità e sostenibilità nel lungo periodo.
E la Francia e la Spagna come si collocano in questo quadro e quali sono le differenze principali?
BB - La Francia mantiene perdite contenute e investimenti adeguati, puntando su resilienza climatica e digitalizzazione. La Spagna, pur con infrastrutture datate e perdite elevate, investe in riuso e dissalazione per garantire sicurezza idrica nelle aree più aride.
Monica Manto, lei guida da tempo il settore con una forte attenzione all’innovazione tecnologica, investendo costantemente in ricerca e sviluppo per migliorare l’efficienza del servizio. Qual è oggi la strategia che sta adottando? Che tipo di investimenti sta sostenendo e in che misura ritiene importante favorire la diffusione della conoscenza per il bene dell’intero comparto?
MM - Nell’ultimo anno il sistema idrico veneto ha realizzato 445 milioni di euro di investimenti, pari a 96 euro per abitante: un risultato che conferma l’impegno dei gestori nell’accelerare l’ammodernamento di reti e impianti e l’efficientamento del servizio. In questo percorso si inserisce l’iniziativa Hydrobond di Viveracqua, che dal 2014 a oggi ha consentito di attivare 2,4 miliardi di euro di investimenti dedicati al servizio idrico integrato. L’ultima emissione ufficializzata il 10 dicembre 2025 da 200 milioni di euro dà continuità a questo modello di finanziamento e permette di avviare una nuova fase programmatoria che prevede, nei prossimi 4 anni, interventi per ulteriori 465 milioni di euro a sostegno dei piani di crescita dei gestori: dalla sostituzione delle condotte più vulnerabili alla digitalizzazione delle reti, fino al potenziamento dei sistemi di depurazione e all’adattamento delle infrastrutture al cambiamento climatico. Accanto agli investimenti, è essenziale promuovere una conoscenza condivisa, che valorizzi il patrimonio tecnico e gestionale accumulato dai gestori e lo renda un vero motore di crescita per tutto il comparto. Mettere a disposizione esperienze, strumenti e modelli operativi significa elevare la capacità collettiva di affrontare le sfide future e consolidare quel modello industriale pubblico che rappresenta la nostra forza e la nostra responsabilità verso i territori.
Il Veneto sta puntando su digitalizzazione, depurazione avanzata e riuso delle acque reflue, sostenuti da investimenti innovativi come gli Hydrobond, per rendere il sistema idrico più efficiente, sostenibile e resiliente. Quali sono, secondo lei, le priorità di questa trasformazione?
MM - La trasformazione in corso richiede una visione integrata. La digitalizzazione delle reti e degli impianti è fondamentale per avere informazioni tempestive, anticipare le criticità e ottimizzare gli interventi. Ma altrettanto decisivi sono gli investimenti finalizzati alla qualità dell’acqua: dal rafforzamento dei sistemi di trattamento alla rimozione di contaminanti emergenti come i PFAS, fino alla gestione delle pressioni sulla risorsa dovute al cambiamento climatico.
Per la contaminazione da PFAS qual è il vostro impegno?
MM - Nel caso dei PFAS, il Veneto ha affrontato una situazione complessa con un approccio progressivo e coordinato, che ha combinato interventi urgenti e programmazione di lungo periodo. La dismissione dei pozzi contaminati, le interconnessioni con fonti sicure, l’installazione dei filtri a carbone attivo e il monitoraggio esteso del territorio hanno permesso di superare la fase emergenziale, trasformandola in un sistema di gestione stabile e affidabile. Oggi il presidio analitico dei gestori riuniti in Viveracqua esegue oltre 2 milioni di parametri all’anno, con 7.000 campioni e 183.000 determinazioni PFAS su tutte le 30 molecole richieste dalla normativa, affiancando questo lavoro a 134 milioni di investimenti in infrastrutture e tecnologie dedicate. I valori dell’acqua distribuita risultano conformi ai limiti vigenti, a conferma dell’efficacia del modello adottato. Stiamo avanzando anche sul fronte del riuso delle acque reflue, che rappresenta una risorsa preziosa per l’agricoltura e l’industria, e sull’efficienza energetica degli impianti di depurazione, per ridurre consumi e impatto ambientale. Per quanto riguarda le infrastrutture, la priorità rimane il rinnovo delle reti obsolete e la gestione intelligente dei sottoservizi attraverso sistemi predittivi. I piani d’ambito regionali sono lo strumento che consente di mettere a terra queste strategie, orientando qualità e investimenti sulla base delle esigenze dei territori. È in questo dialogo continuo tra pianificazione, tecnologia e responsabilità pubblica che i gestori di Viveracqua costruiscono ogni giorno un servizio idrico più moderno e affidabile.
In copertina: Benedetta Brioschi, Alessandro Mazzei, Monica Manto
