Mercoledì 22 novembre il Parlamento Europeo, in sede plenaria, ha adottato con 426 voti a favore, 125 contrari e 74 astensioni la relazione della Commissione ambiente (ENVI) relativa alla proposta di un Regolamento imballaggi e rifiuti di imballaggio. Il testo approvato è una versione meno ambiziosa rispetto alla proposta della Commissione europea per gli obiettivi di riuso (art. 26) e le restrizioni sugli imballaggi monouso (art. 22), due dei punti principali della discussione. Gli Europarlamentari italiani sono stati tra i principali a operare per rivedere al ribasso gli obiettivi inclusi nella proposta originale della Commissione Europea.

La prevenzione dei rifiuti

Con il 2018 come base di riferimento, la relazione approvata dall’Europarlamento fissa l'obiettivo di raggiungere una riduzione dei rifiuti di imballaggio del 5% entro il 2030, del 10% entro il 2035 e del 15% entro il 2040. Il Parlamento europeo ha aggiunto nuove disposizioni più ambiziose per i rifiuti di plastica: 10% entro il 2030, 15% entro il 2035 e 20% entro il 2035. Le restrizioni sugli imballaggi monouso sono state sostanzialmente ridotte: non saranno vietati gli imballaggi monouso per verdura e frutta, i piatti e le tazze monouso dei ristoranti, le bustine e le vaschette monouso. Un'avvertenza degna di nota consente una deroga se viene raggiunto un tasso di "raccolta per il riciclaggio" dell'85%.

La portata degli obiettivi di riutilizzo è diminuita ancora

Dopo che gli obiettivi per il riuso di contenitori per cibo e bevande da asporto sono stati rimossi nella versione della Commissione Ambiente ENVI, la portata degli obiettivi di riutilizzo è diminuita ancora. Gli obiettivi di riutilizzo per le bevande analcoliche (20% nel 2030 e 35% nel 2040) e alcoliche (10% per il 2030 e 25% per il 2040) sono rimasti invariati, ma vino, alcolici e latte sono stati esclusi dal campo di applicazione e gli obiettivi possono essere raggiunti anche consentendo la ricarica.

L'intero articolo che copre gli obiettivi di riutilizzo per tutti i settori è soggetto a un'ampia deroga. Infatti, se gli Stati membri raggiungono almeno un tasso di raccolta dell'85% di un determinato materiale o prevedono di raggiungerlo entro 2 anni, non sono tenuti a rispettare gli obiettivi di riutilizzo.

Riciclaggio e contenuto riciclato

Sono stati fissati obiettivi minimi di contenuto di materiale riciclato negli imballaggi, diversificati in funzione del tipo di imballaggio e del materiale. Per i contenitori sensibili al contatto in PET 30% al 2030 e 50% al 2040; per i contenitori sensibili al contatto in materiali diversi dal PET 7,5% e 50% rispettivamente al 2030 e al 2040. Per le bottiglie in PET 30% e 65%. Per gli altri imballaggi, i contenuti minimi di materiale riciclato sono 35% dal 2030 e al 65% a partire dal 2040. Da questo obbligo sono escluse le confezioni per medicinali, gli imballaggi compostabili e gli imballaggi che contengono meno del 5% di materiale plastico.

Per quanto riguarda l’origine del materiale riciclato da utilizzare per raggiungere questi obiettivi, c’è stato il tentativo di far contare le plastiche prodotte a partire da materiale vegetale (plastiche biobased) nella percentuale di materiale riciclato. La questione non è chiara, perché l'emendamento 461 escludeva la plastica biobased dal raggiungimento degli obiettivi di contenuto riciclato, mentre l'emendamento 138 contiene una disposizione che lo contraddice, mescolando la plastica biobased con materie effettivamente riciclate.

Inoltre, la selezione dei rifiuti non raccolti separatamente per recuperare gli imballaggi riciclabili è facoltativa per gli Stati membri. D'altra parte, essi devono raggiungere l'obiettivo del 90% di raccolta differenziata.

 

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No al deposito cauzionale volontario e divieto per PFAS e BPA

Tutti gli emendamenti che hanno tentato di rendere volontaria l'introduzione di un deposito cauzionale (DRS) per contenitori monouso di bevande sono stati respinti e quindi anche secondo il Parlamento Europeo l'introduzione di un DRS rimane obbligatoria. Tuttavia la relazione adottata dal Parlamento Europeo prevede che un Paese possa essere esentato dall'introduzione del DRS nel caso che tramite la raccolta differenziata raggiunga un tasso di raccolta dell'85% dei contenitori per bevande monouso immessi al consumo. Nella proposta della Commissione europea (a quanto risulta anche le posizioni del Consiglio dei Ministri sono allineate con quelle della Commissione), invece, tale esenzione è prevista solo per un tasso di raccolta del 90%, in linea con la Direttiva europea sulle plastiche monouso.

Per quanto riguarda la salute e le sostanze chimiche, sono stati approvati i requisiti per le sostanze presenti negli imballaggi, con gli emendamenti apportati dagli eurodeputati che hanno migliorato la proposta della Commissione europea. In particolare, l'uso intenzionale di PFAS e BPA negli imballaggi alimentari sarà vietato a partire da 18 mesi dopo l'entrata in vigore del regolamento.

È stato inoltre eliminato il potere della Commissione europea di adottare nuovi obiettivi di riutilizzo tramite atti delegati; i nuovi obiettivi richiedono l'approvazione legislativa.

Per il Governo italiano ha vinto il buonsenso

Per il Ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin “la posizione negoziale del Parlamento europeo sulla proposta di regolamento imballaggi fa vincere il buonsenso e la scienza. Gli emendamenti approvati, in particolare quelli che a fronte di un avvio a riciclo pari all’85%, rivedono obblighi di riuso e divieti nell’utilizzo di imballaggi, puntano a tutelare l’ambiente, senza smantellare il sistema costruito negli anni con le stesse istituzioni europee e le imprese virtuose del riciclo. Ora l’Italia proseguirà la propria determinata azione negoziale avendo ricevuto dal Parlamento europeo un segnale molto importante.”

Soddisfazione anche da parte di Marco Versari, presidente del Consorzio nazionale per il riciclo organico degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile Biorepack, che ha dichiarato: “L’aula dell’Europarlamento ha saputo migliorare alcuni contenuti che sarebbero stati penalizzanti nei confronti del riciclo organico. Il modello italiano basato sulla sinergia tra raccolta dell’umido urbano e imballaggi compostabili potrà essere mantenuto e diffuso in altri Paesi”.

“Il voto in plenaria dell’Europarlamento sul regolamento imballaggi (PPWR) ha respinto la posizione ideologica, quella del minor impatto ambientale del riutilizzo, non supportata scientificamente e che anzi probabilmente implica più trasporti, più inquinamento e maggiori consumi di acqua ed energia”, ha dichiarato in un comunicato stampa il presidente di Unionplast (Federazione Gomma Plastica) Marco Bergaglio.

 

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La delusione del mondo ambientalista

Di avviso contrario le ONG.  Raphaëlle Catté, Supporto alle politiche e alla ricerca di Zero Waste Europe, sostiene che "favorendo il riciclo rispetto al riutilizzo, le nuove deroghe di cui agli articoli 22 e 26 mettono in discussione l'intero fondamento della normativa europea sui rifiuti, ovvero la gerarchia dei rifiuti. Il riciclaggio non fermerà il problema dei rifiuti, anche con sistemi robusti. È preoccupante che non solo i partiti di destra e di estrema destra, ma anche gli eurodeputati di ogni provenienza abbiano ceduto alle argomentazioni delle lobby".

Negativa anche l’opinione dell’European Environmental Bureau: “Dopo mesi di intensi dibattiti, i membri del Parlamento hanno ceduto alle pressioni aggressive e fuorvianti senza precedenti dell'industria dell'usa e getta e delle catene di fast-food, invece di votare un Regolamento sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio che avrebbe potuto ridurre le quantità di rifiuti alle stelle. Ciò che resta del regolamento trascura la gerarchia dei rifiuti e non riesce a guidare il settore inquinante degli imballaggi verso un futuro più sostenibile. Raramente abbiamo visto una lotta così sporca a Bruxelles, condotta da un'industria che vale circa 355 miliardi di euro all'anno e che nel 2021 ha generato 188 kg di rifiuti di imballaggio pro capite nell'UE”.  La ONG cita gli studi finanziati dall’industria nel settore della ristorazione e dell’asporto secondo i quali il monouso sarebbe sempre meglio del riuso.

“Non si può affermare che sia meglio il riuso o il monouso in modo assoluto. Dipende da numerosi fattori e modalità di utilizzo”, spiega a Materia Rinnovabile Dario Cottafava, ricercatore presso il Dipartimento di Economia e Statistica dell’Università di Torino, aggiungendo che nei mesi precedenti il voto “l’industria ha usato il messaggio di essere dalla parte della scienza utilizzando studi che non rispettano criteri minimi per valutazioni ambientali.” Al riguardo, Cottafava cita i risultati di un’analisi, sottoposta per pubblicazione come View Point sulla rivista scientifica Environmental Science and Technology, che mostra vari livelli di criticità negli studi promossi dall’industria e sottoposti nei mesi prima del voto agli Europarlamentari.

 

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Il problema dell’approvvigionamento di energia e materie prime

“È imbarazzante la narrazione italiana secondo la quale l’Europa ci ha sempre chiesto di riciclare, mentre ora ci chiede di ridurre e riutilizzare”, dice a Materia Rinnovabile Paolo Azzurro, esperto in gestione dei rifiuti, ricordando che prevenzione e riuso sono sempre stati al centro delle politiche e delle strategie europee legate alla gestione dei rifiuti e all’uso efficiente delle risorse.

“Quasi 50 anni fa, la Direttiva 75/442/CEE sui rifiuti chiedeva già agli Stati membri di adottare ‘misure appropriate per promuovere, in primo luogo, la prevenzione o la riduzione della produzione di rifiuti e della loro nocività’. 15 anni fa, la Direttiva 98/2008 (Waste Framework Directive) introduceva la gerarchia europea sui rifiuti, riconoscendo una chiara priorità alle misure di riduzione e riutilizzo, rispetto a quelle di gestione dei rifiuti a valle dei modelli di produzione e consumo.”

La Direttiva imballaggi vigente (Dir. 94/62) “è piena di riferimenti alla prevenzione e al riutilizzo, riferimenti rafforzati dopo le modifiche introdotte dalla Direttiva 852/2018. Ricordo ad esempio l’art. 5, che dispone che gli Stati membri, conformemente alla gerarchia dei rifiuti, adottino ‘misure volte a incoraggiare l’aumento della percentuale di imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato, nonché dei sistemi per il riutilizzo degli imballaggi’ o l’art.1, che chiarisce che le misure in essa contenute sono ‘intese, in via prioritaria, a prevenire la produzione di rifiuti di imballaggio, a cui si affiancano, come ulteriori principi fondamentali, il riutilizzo degli imballaggi, il riciclaggio e altre forme di recupero dei rifiuti di imballaggio’”.

Nonostante ciò, conclude Azzurro, “l’assenza di obiettivi vincolanti, misure e strumenti di regolazione volti a favorirne il conseguimento da parte di Stati Membri e imprese ha determinato un progressivo aumento della produzione di rifiuti di imballaggio e, con essa, degli impatti ambientali correlati (consumo di materie prime vergini, emissioni di gas serra, perdita di biodiversità, littering eccetera)”.

Secondo l’esperto, nel nostro Paese si tende a confondere gli strumenti (riciclo e riuso) con gli obiettivi. “L’obiettivo principale non può essere che quello di ridurre il consumo di materie prime ed energia in ingresso al metabolismo economico a una scala compatibile con quelli che la comunità scientifica internazionale riconosce come i limiti fisici dei sistemi naturali. La scomoda verità è che a dispetto dei numeri apparentemente rassicuranti sui tassi nazionali di raccolta differenziata e avvio a riciclo, l’economia italiana (ed europea) dipende in larga misura dall’approvvigionamento di materie prime ed energia dall’estero, e l’impatto dei nostri consumi è ampiamente al di fuori di quello che la comunità scientifica indica come lo spazio operativo sicuro nel quale possiamo vivere e prosperare.”

Cosa succede adesso?  

Il testo tornerà quindi alla Commissione ENVI per i negoziati a tre con il Consiglio dell'UE, previsti dopo l'adozione della posizione del Consiglio, probabilmente il 18 dicembre, giorno in cui il Consiglio dei ministri dovrebbe riunirsi. Dopo di che ci sarà la fase del trilogo. Ma con una nuova presidenza del Consiglio dell'UE prevista per gennaio 2024, le proroghe dei negoziati rendono incerta la conclusione di questo dossier entro l'attuale mandato. Risulta quindi necessaria un'azione rapida per chi vuole ottenere un accordo prima delle elezioni del prossimo anno mantenendo alti gli obiettivi.

 

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Immagine: Envato