Da acquacoltura sostenibile” è la nuova etichettatura che il Ministero dell’agricoltura ha sviluppato insieme alle associazioni di piscicoltori (API) e di produttori di molluschi (AMA). Il disciplinare che regola l’etichetta, tuttavia, non fornisce una definizione di benessere animale, né menziona criteri chiari per eliminare le principali cause di sofferenza per i pesci negli allevamenti. Secondo l’associazione Essere Animali, “si tratta di mancanze molto gravi”.

L’OIE, Organizzazione mondiale per la sanità animale, riconosce i pesci come esseri senzienti, cioè in grado di provare sentimenti come paura e dolore. Il loro benessere è considerato un elemento ormai così importante da essere menzionato esplicitamente in tutti i documenti ufficiali che affrontano il tema della sostenibilità in acquacoltura, dagli orientamenti strategici 2021-2030 della Commissione europea alle linee guida per le aziende sviluppate dalla Global Reporting Initiative.

Acquacoltura (in)sostenibile

Elisa Bianco, responsabile di Corporate Engagement di Essere Animali, dichiara: «L'etichettatura dei prodotti alimentari può essere uno strumento chiave di comunicazione tra produttore e consumatore, perché consente a chi acquista di confrontare i prodotti a disposizione e di compiere scelte più consapevoli e sostenibili.

Questa certificazione tuttavia non offre garanzie di sostenibilità in tema di benessere dei pesci e anzi rischia di indurre in errore i consumatori. Chiediamo che il disciplinare venga modificato per includere indicazioni trasparenti e chiare su come tutelare il benessere dei pesci negli allevamenti, perché, come afferma anche l’OIE, non esiste sostenibilità senza benessere animale».

La lacuna più lampante che Essere Animali vede nel disciplinare del Ministero è che, in totale antitesi con gli indirizzi di sviluppo intrapresi da normative e standard di certificazione internazionali, non prevede l’obbligo di stordimento efficace prima della macellazione, di fatto non garantendo il benessere degli animali neanche durante le fasi di fine vita, a differenza di quanto accade per gli animali terrestri, per i quali l’obbligo di stordimento è previsto per legge.

Secondo i dati dell’Associazione piscicoltori italiani, il fatturato dell’acquacoltura italiana nel 2022 ha registrato uno scatto in avanti rispetto all’anno precedente, parliamo di 303,8 milioni di euro di valore per un totale di 53.900 di tonnellate di pesce prodotto. Senza contare che d'estate le preferenze di acquisto e consumo dei consumatori sono più facilmente indirizzate verso i prodotti ittici.

Questo significa che i consumatori potrebbero imbattersi più facilmente in una etichettatura sulla “acquacoltura sostenibile” che rischia di confonderli e spingerli a comprare un prodotto sulla base di informazioni incomplete. Per questi motivi, Essere Animali ha lanciato la campagna Acquacoltura INsostenibile, con lo scopo di informare i cittadini sulle lacune di questa certificazione e per mettere pressione sulle istituzioni affinché il disciplinare affronti in maniera significativa il benessere dei pesci.

Le richieste di Essere Animali

La campagna sostiene che sia fondamentale che una certificazione ufficiale incentrata sulla sostenibilità e validata dal Ministero tenga conto del benessere dei pesci in modo concreto e strutturato. Per questo Essere Animali richiede al più presto: l’integrazione nel disciplinare di una definizione chiara di benessere animale, necessaria per poter identificare e interpretare con precisione i criteri di valutazione del benessere dei pesci; obbligo di stordimento efficace prima dell’abbattimento, poiché la maggior parte dei metodi utilizzati in fase di abbattimento causa dolore profondo e sofferenza prolungata nei pesci, che inciderebbe in modo contenuto, e quindi sostenibile, sui costi totali di produzione; indicazione di densità massime e qualità dell'acqua nelle gabbie di mare e per allevamenti a terra.

Per poter parlare di benessere animale, per esempio, le densità massime per spigola e orata non dovrebbero superare i 15 kg/m3. A dirlo sono le raccomandazioni del report commissionato nel 2022 dall’Aquaculture Advisory Council, un organo composto al 60% da organizzazioni di settore e al 40% da altri portatori di interesse tra cui le ONG che ha il ruolo di fornire consulenza alla Commissione europea e agli Stati membri su nuove misure legislative o regolatorie a livello europeo o nazionale che riguardino l'acquacoltura.

In linea con le più recenti pubblicazioni scientifiche, inoltre, andrebbero rivisti e migliorati anche altri parametri di qualità dell’acqua, come temperatura, livello di ossigeno disciolto, concentrazione di ammoniaca e velocità di corrente.

Immagine: Harrison Haines, Pexels