La scienza torna nel mirino della lobby della carne. La prossima settimana, il 3 ottobre, verrà pubblicato l’aggiornamento del rapporto EAT-Lancet, lo studio che propone di ridurre il consumo globale di carne e prodotti animali per migliorare la salute umana e proteggere il pianeta e già si profila una nuova campagna di delegittimazione.
Il nuovo rapporto MEAT vs EAT-Lancet della ONG Changing Markets Foundation, che include una mappa dettagliata della disinformazione online e profili dei principali protagonisti, basata su un’analisi dei social network e su registrazioni audio trapelate, documenta per la prima volta come l’industria della carne stia preparando un’offensiva coordinata per screditare il lavoro degli scienziati e orientare l’opinione pubblica attraverso un mix di lobbying, disinformazione e uso sistematico di “misinfluencer”, vale a dire figure capaci di influenzare il dibattito con messaggi fuorvianti o manipolatori.
Dal 2019 a oggi: una controffensiva studiata a tavolino
Non è la prima volta che l’industria della carne reagisce con forza. Già nel 2019, con la pubblicazione del primo rapporto EAT-Lancet, si scatenò una campagna senza precedenti: post virali, teorie del complotto, accuse personali agli autori. Il clamore fu tale da convincere persino l’Organizzazione mondiale della sanità a cancellare un evento di presentazione, temendo di alimentare ulteriori polemiche.
Dietro le quinte, l’agenzia di pubbliche relazioni Red Flag, nota per i suoi legami con aziende della carne, ma anche con l’industria del tabacco e della chimica, definì quella reazione un ‘notevole successo’. All’epoca, però, l’effettiva portata del coinvolgimento industriale restava poco chiara. Oggi, grazie all’indagine di Changing Markets, emergono dettagli inediti: una mappa interattiva della disinformazione che individua i protagonisti più attivi e i legami diretti con il settore.
Secondo i ricercatori, un manipolo di accademici e influencer pro-carne ha generato quasi il 70% dell’engagement dei contenuti critici contro il rapporto. Alcuni di loro, come Frédéric Leroy e Frank Mitloehner, sono diventati punti di riferimento del fronte anti-Lancet, nonostante in partenza fossero figure poco note. Non solo: documenti e interviste mostrano come già nel 2019 il North American Meat Institute avesse mobilitato comunità di dietisti e nutrizionisti per diffondere messaggi rassicuranti sui benefici della carne, in stretta collaborazione con Red Flag.
Conferenza a porte chiuse a Denver, la Cow Town
Le prove più recenti arrivano da una conferenza a porte chiuse svoltasi a Denver, soprannominata storicamente ‘Cow Town’. L’incontro, finanziato da fondi pubblici e da associazioni di categoria, ha riunito consulenti, PR, comunicatori e accademici schierati a difesa della carne. Le registrazioni audio dell’evento, ottenute da Changing Markets, mostrano un settore in pieno fermento.
Qui si è parlato esplicitamente della necessità di lanciare una campagna ‘urgente’, capace di ‘utilizzare tutti i canali contemporanei’ per respingere la narrativa scientifica che invita a consumare meno carne. Non un dibattito accademico, ma una vera e propria operazione di marketing politico: “I fatti scientifici non sono così cruciali quanto ‘chi sei’”, si sente dire in un audio da un consulente del settore che esorta i delegati a riconoscere che “la verità è un concetto relativo”.
In questo clima, non mancano neppure attacchi personali: i ricercatori di Harvard o Tufts vengono descritti come “persone fastidiose con cui non vorresti cenare”. Un’ammissione a microfoni accesi conferma il quadro: “Questa non è una conferenza scientifica”.
Un terreno mediatico sempre più fertile alla disinformazione
Rispetto al 2019, il contesto è profondamente cambiato. La capacità di penetrazione dei cosiddetti misinfluencer è cresciuta: i loro account social hanno più seguito e le loro idee incontrano un pubblico meno diffidente. Parallelamente, i principali strumenti di verifica dei fatti online si sono indeboliti. Nel 2023, X (ex Twitter) ha declassato la sua funzione di segnalazione delle informazioni errate a un sistema di Community Notes, mentre Meta ha chiuso i programmi di verifica indipendenti di parti terze lo scorso gennaio.
A rendere la situazione ancora più complessa, l’ascesa dell’intelligenza artificiale. Oggi chi vuole diffondere contenuti ingannevoli dispone di strumenti sofisticati per generare testi, immagini e video altamente personalizzati e convincenti. Una potenza di fuoco che l’industria sembra pronta a sfruttare.
Nel frattempo, i trend culturali si spostano: il ritorno delle proteine domina il discorso tra influencer di fitness e benessere, mentre il tema del clima scivola più in basso nell’agenda mediatica. E, come sottolinea un recente studio della Harvard Kennedy School, le teorie del complotto sono diventate ormai 'forze centrali nella formazione dell’opinione pubblica e del discorso politico globale’.
Mercanti di dubbi
Il trend non era ovviamente sfuggito a Naomi Oreskes, autrice, insieme a Erik Conway, del prezioso volume Merchants of Doubt (Mercanti di dubbi, Edizioni Ambiente 2019), che, intervistata da Materia Rinnovabile ad inizio anno, aveva sottolineato come l'industria della carne bovina si fosse attivata nella diffusione di disinformazione.
“La nostra ricerca dimostra che l’industria della carne sta combattendo la scienza e il progresso con disinformazione e forze oscure online” racconta Nusa Urbancic, direttrice della Changing Markets Foundation: “In un mondo in cui i social sono sempre più senza regole e gli strumenti di intelligenza artificiale moltiplicano la produzione di contenuti, questi misinfluencer sono più potenti che mai. La comunità scientifica e i decisori politici devono restare vigili. Questa è una battaglia che non possiamo permetterci di perdere”.
La pubblicazione di EAT-Lancet 2 avverrà dunque in un ambiente molto più ostile rispetto al passato. Il settore della carne lo percepisce come una minaccia diretta, mentre i suoi portavoce parlano apertamente di evitare “controlli sociali” e regolamentazioni, difendendo profitti miliardari.
La partita che si apre nei prossimi giorni non riguarda soltanto la legittimità di uno studio scientifico, ma il modo in cui viene costruito il dibattito pubblico su alimentazione, salute e ambiente. In gioco non c’è solo cosa metteremo nei nostri piatti, ma la capacità della società di distinguere la scienza dai messaggi orchestrati dalle lobby.