La digitalizzazione è uno strumento prezioso quando si parla di adottare comportamenti circolari. Un acceleratore che, da una parte, deve essere in grado di rendere più facile la vita del consumatore e, dall’altra, non lasciare indietro nessuno, anche chi non è digitalmente alfabetizzato. Su questo si è concentrato principalmente l’incontro virtuale organizzato dall’ECESP (European Circular Economy Stakeholder Platform), tra gap e barriere nella società civile, il passaporto digitale dei prodotti e nuovi modi per rendere attraente la circolarità ai consumatori.

Promuovere le abitudini circolari

Secondo un recente sondaggio dell’Eurobarometro, il 94% dei cittadini europei intervistati afferma che la protezione dell'ambiente è importante per loro. Dalla survey emerge un solido sostegno per le misure volte a ridurre i rifiuti e a rendere i prodotti più facili da riciclare. “Tuttavia c’è un evidente gap tra il bisogno che sente la gente di impegnarsi in comportamenti sostenibili e le scelte che poi fanno durante l’acquisto. – spiega Marianna Nicolau, Project Manager di CSCP, piattaforma che si occupa di promuovere il consumo sostenibile - Per esempio, nonostante la maggior parte dei consumatori europei sia a favore della riparazione e riuso di device elettronici, più di un terzo non ha mai fatto riparare un prodotto elettronico”.
Markus Terho lavora come Project Manager a PSLifestyle, app finlandese che promuove uno stile di vita positivo e sostenibile. “Ancora oggi le persone quando pensano alla sostenibilità e alla circolarità credono che quello che vanno ad acquistare sarà peggio di quello che possiedono – ha detto Terho-. La digitalizzazione può aiutare a customizzare i differenti bisogni e rendere attraenti i comportamenti circolari”. Marianna Nicolau ha poi aggiunto che è fondamentale utilizzare le piattaforme digitali per promuovere abitudini circolari, solo così si possono creare le opportunità giuste per i consumatori

I passaporti digitali dei prodotti: Data for Action

Tra le proposte più interessanti della Ecodesign for Sustainable Products Regulation c’è l’introduzione del passaporto digitale dei prodotti (DPP), che mira a raccogliere dati di qualità su un determinato prodotto e sulla sua supply chain. Una condivisione trasparente di questi dati con stakeholders e consumatori consentirebbe una migliore comprensione dell’impatto ambientale dei materiali che costituiscono i prodotti. Con il DPP la Commissione europea si è posta l’obbiettivo di partire da tre settori chiave: tessile, edilizia e automotive (focalizzandosi sulle batterie per veicoli elettrici). Per quanto riguarda l’elettronica di consumo, imballaggi e prodotti alimentari, si dovrà attendere probabilmente ancora un po’.
“Il passaporto nasce per tracciare e ottimizzare il flusso dei materiali che entrano nella nostra economia - spiega
William Neale, Advisor per l’economia circolare alla Commissione europea – e per farlo bisogna rendere i prodotti durevoli e riparabili poiché l’80% dell’impatto ambientale del prodotto è determinato in fase di design”.
Il passaporto digitale sarà obbligatorio per tutti i gruppi di prodotti coperti (non ancora svelati), ma William Neale ricorda che esistono già
iniziative private volontarie (GBA, EON, Trustrace, True Twins ecc.) che dimostrano come la tecnologia funzioni e in molti casi ci siano già buoni risultati anche senza un approccio normativo. Una volta adottata l’Ecodesign for Sustainable Products Regulation, verranno indicati quali prodotti saranno coperti per primi e si terranno consultazioni con le parti interessate per confrontarsi sullo sviluppo dei requisiti (sia fisici che digitali). “Una delle criticità della transizione – aggiunge Neale – è la mancanza di dati rilevanti che permettano agli stakeholder di tracciare il flusso dei materiali e al consumatore di essere orientato verso una scelta sostenibile. Solitamente veniamo bombardati da troppe informazioni superflue che non fanno altro che confondere”. Data for action, così Neale titola questa campagna di digitalizzazione che sta portando avanti l’Europa.

Colmare il divario digitale

Tiina Vyyryläinen fa parte dell’EESC, il Comitato Economico e Sociale Europeo, che si occupa di fare da megafono alle istanze e opinioni della società civile. “Stiamo lavorando per individuare i gap e le barriere nella società civile che ostacolano una transizione circolare inclusiva. C’è una risposta positiva da parte dei consumatori europei alla digitalizzazione, ma non possiamo responsabilizzarli troppo nel guidare il cambiamento. La fiducia nella transizione è evidente. ma si abbassa nel momento in cui mancano le informazioni”.
Secondo Tiina Vyyryläinen per questo la digitalizzazione ha un grande potenziale per chiudere il gap tra quello che cercano i consumatori e gli obbiettivi climatici. “Non dobbiamo dimenticare chi non ha accesso a questo cambiamento per mancanza di
educazione digitale, possibilità economiche o semplicemente per anzianità”. Dalla tavola rotonda è emerso che tutti sono d’accordo sul fatto che la digitalizzazione debba essere vista come strumento e non come soluzione. Conveniente, accessibile e attraente per tutti.

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