Andare oltre il possesso e prendere in prestito un frullatore o una scala per un periodo limitato presso una tool library: è una delle forme più semplici e di successo della sharing economy che si sta diffondendo in tutto il mondo, nonostante le restrizioni dovute all’emergenza COVID-19.

Funziona proprio come una normale biblioteca: solo che invece di prendere in prestito libri, si possono noleggiare attrezzi per il giardinaggio, l’idraulica, la falegnameria e altro a basso costo o, in alcuni casi, senza costo alcuno. Nelle Tool Libraries si possono prendere in prestito oggetti semplici come marsupi per bambini, giochi in scatola, imbraghi per arrampicata fino alle tecnologie più complesse come droni, robot e cuffie VR. L’obiettivo comune per tutte è quello di favorire il riutilizzo e la condivisione per aumentare l'accesso ai prodotti a prezzi accessibili, riducendo consumi e sprechi. Cosa che può avere un impatto cruciale nella riduzione dei gas serra secondo il recente rapporto Redefining Value del Resource Panel delle Nazioni Unite.

Le Tool Libraries dagli anni Settanta ad oggi

Le Biblioteche delle Cose sparse in tutto il mondo si occupano dei prestiti degli oggetti e della loro manutenzione per garantirne uno buono stato di conservazione e un lungo ciclo di vita. Negli anni Settanta erano attive negli Stati Uniti almeno una decina di biblioteche degli oggetti, ma a causa di difficoltà operative- tra cui l’assenza di soluzioni tecnologiche-, la crescita della cultura del consumo e la disponibilità di prodotti a basso costo hanno fatto sì che la maggior parte di queste abbia chiuso. A metà degli anni 2000 poche erano le biblioteche di strumenti ancora in funzione: abbastanza, però, da ispirare il movimento delle Tool Libraries oggi in ascesa. La crisi finanziaria globale con la conseguente perdita di posti di lavoro da un lato e la diffusione di software basati sul cloud e di altre tecnologie dall’altro ne ha permesso la rinascita.
Con tante persone disoccupate o sotto-occupate durante la crisi, il
passaggio dal possesso all’accesso degli oggetti ha iniziato ad avere senso per sempre più persone. La crescita e l'entusiasmo intorno alle Biblioteche delle Cose sta ancora accelerando sotto la spinta di organizzazioni no-profit, imprenditori e di biblioteche pubbliche, ma anche di scuole e di istituzioni governative. Alla condivisione di oggetti si aggiunge il fatto che le Biblioteche delle Cose riuniscono le persone e creano comunità. Sono un punto d'incontro intergenerazionale dove anziani e giovani condividono le proprie abilità nella lavorazione del legno, dei metalli, nella riparazione e molto altro.

La Library of Things a Londra

Tra le numerose Tool Libraries spicca la Library of Things di Londra, dislocata in diverse zone della capitale inglese sotto forma di chioschi self-service in spazi condivisi come biblioteche e centri comunitari. Nei chioschi sono presenti attrezzi per il fai da te e il giardinaggio, oggetti per imparare nuove abilità come macchine da cucire e ukulele, cose per ospitare incontri come gazebo e altoparlanti e utensili per cucinare come estrattori e gelatiere. È possibile sfogliare il catalogo degli oggetti sul sito web, prenotarli e ritirarli presso il chiosco locale. Ogni oggetto è riposto nel suo armadietto: chi lo prende in prestito, riceve un codice per sbloccarlo in modo da poter recuperare l'oggetto, insieme agli altri materiali necessari per il suo utilizzo come la carta vetrata o le pastiglie per pulire i tappeti. Una volta terminato l’utilizzo, l’oggetto è restituito alla biblioteca pronto per essere utilizzato dal prossimo utente. Le persone tendono a prendere in prestito gli oggetti per un giorno o due, ma i prestiti possono durare anche una settimana o due.
In periodo pre COVID, gli oggetti erano anche il pretesto per unirsi e creare eventi come i
Repair Party e Mending Meet-Ups per riparare oggetti elettronici e vestiti o organizzare lezioni di fai da te.

Library of Things
The Library of Things, Londra

“Come ogni organizzazione o attività commerciale, abbiamo avuto delle difficoltà ad operare come facciamo di solito da quando è arrivata la pandemia. - ci ha raccontato Alys Penfold, Borrower Support Lead della Library of Things - Abbiamo dovuto adattarci. Lo scorso marzo, quando è stato annunciato un blocco nel Regno Unito, abbiamo dovuto chiudere la nostra attuale sede autonoma a Crystal Palace, nel sud di Londra. Anche tutti i nostri eventi comunitari a Crystal Palace sono stati interrotti. Abbiamo, tuttavia, intervistato 250 utenti della Library: il 50% ci ha detto che, al momento, non aveva gli strumenti per fare le attività che vorrebbe”. Da qui è arrivata la spinta a non fermarsi: “Dato che le linee guida del governo considerano i negozi di ferramenta tra i servizi essenziali, e che molte attività locali sono ora supportate dalle consegne a domicilio, abbiamo ritenuto di poterle sperimentare anche noi in maniera sicura, rispettando le dovute precauzioni come la distanza fisica, le protezioni e le pulizie extra. A maggio, abbiamo iniziato un servizio di consegna locale, a indirizzi entro 3 miglia dal nostro chiosco. Grazie all'aiuto di volontari locali, non abbiamo dovuto addebitare costi aggiuntivi per la consegna. Quando i casi sono diminuiti e le regole si sono leggermente allentate, siamo stati in grado di attivare anche il ‘click and collect’ sulla soglia dell'edificio della biblioteca dove abbiamo sede. Recentemente, visto che le linee guida del governo inglese cambiano costantemente e che il servizio di consegna diventa più complicato da gestire, abbiamo deciso di concentrarci su questo metodo”.

Le biblioteche delle cose in Italia: Leila a Bologna, Zero a Palermo e Oggettoteca a Firenze

Dopo essere arrivate in Germania, Regno Unito, Paesi Bassi e Canada, le Biblioteche delle Cose si stanno diffondendo anche in Italia.
Piena incarnazione del motto “In fondo abbiamo bisogno di utilizzare, non di possedere”,
Leila è nata a Bologna nel 2016 ed è strutturata come un sistema di piccoli punti di condivisione in diversi angoli della città emiliana a cui si è aggiunta nel settembre 2020 una vera e propria biblioteca. Per accedere ai 220 oggetti di Leila ogni anno l’utente versa una quota associativa di 20 euro che serve per le spese di gestione e si impegna al tempo stesso a mettere a disposizione almeno un suo oggetto. L’accesso a Leila offre vantaggi economici, ambientali e socioculturali. I diversi punti di prestito sono anche centri di aggregazione spontanea in cui vengono organizzati corsi e laboratori per bambini e adulti. Leila Bologna fa parte di un progetto più ampio che vede in rete altre 24 realtà in tutta Europa e che si autofinanzia collaborando con i quartieri e partecipando a bandi e che si sostiene grazie ai volontari.

Leila Bologna
Leila Bologna


A
Palermo esiste Zero, la prima biblioteca delle cose siciliana. È allestita all’interno di Palazzo Castrofilippo, sede del coworking "neu [nòi]", spazio di lavoro condiviso frequentato da creativi e sede di progettazioni per l’innovazione sociale. Il tesseramento ha un costo di 10 euro, mentre il prestito di tutti gli attrezzi è completamente gratuito. I primi oggetti disponibili da Zero sono stati acquistati grazie al finanziamento di 30mila euro, nell’ambito del bando "B-Circular, fight climate change", promosso dall’organizzazione no profit Punto. Sud, al co-finanziamento dell’Unione Europea e al sostegno di Fondazione Con il Sud. A questi si aggiungono gli oggetti messi a disposizione dai cittadini.
A Firenze, infine, è attiva lOggettoteca, un progetto nato dalla volontà e dall’impegno di un gruppo di genitori, familiari ed amici, per promuovere l’autonomia di ragazze e ragazzi diversamente abili o in carico ai servizi sociali. All’Oggettoteca a fronte di una quota associativa annuale di 10 euro e la condivisione di uno o più oggetti al momento del tesseramento è possibile affittare le cose per un periodo che va da una a quattro settimane. La riconsegna deve avvenire entro il tempo stabilito, oltre il quale il socio si impegna a donare un contributo pari a 1€ per ogni giorno di ritardo.