L’ industria conciaria italiana rappresenta nel panorama internazionale un modello di eccellenza per l’economia circolare. “Oltre il 99% delle pelli utilizzate è uno scarto dell’industria alimentare”, si legge nel report sulla sostenibilità di Unic (Unione Nazionale Industria Conciaria). Un settore da circa 4,9 miliardi di euro fatturato annuale (dati 2019) che trasforma uno scarto alimentare in un materiale di qualità ed eccellenza, creando inoltre le condizioni affinché i propri scarti produttivi diventino materie prime attraverso virtuose simbiosi industriali. Riduzione dei consumi, recupero di scarti da altre filiere e la durabilità dei materiali sono i principi cardine del modello circolare dell’industria conciaria. Accanto agli impatti positivi derivanti dalla sua “impronta circolare”, la conceria italiana deve farsi carico anche di possibili effetti sull’ambiente che, se non adeguatamente e responsabilmente gestiti, possono avere impatti negativi. Dal consumo di risorse non rinnovabili al processo di trasformazione della pelle, esistono alcune criticità ancora da risolvere come la gestione degli scarti e rifiuti, acque reflue ed emissioni in atmosfera di sostanze volatili e polveri, che necessitano di opportuni sistemi di abbattimento prima della loro immissione nell’ambiente.

Cromo e formaldeide: le sostanze pericolose usate per la concia

L’80-90% dei prodotti in pelle esistenti sono realizzati con la concia al cromo, annoverato da uno studio condotto nel 2015 da Green Cross (organizzazione non governativa per la sicurezza ambientale globale) e Pure Earth come una delle sei sostanze più pericolose per l’uomo e per l’ambiente, che pone a rischio 16 milioni di persone. Oggi circa la metà delle concerie industriali del mondo sono situate in Paesi a reddito medio-basso e tra i motivi alla base di questa scelta c’è la disponibilità di manodopera e materiali a basso costo. Nemmeno la concia alle aldeidi rappresenta una vera alternativa, visto che già nel 2004 IARC (International Agency for Research on Cancer) ha classificato la formaldeide come sostanza cancerogena. La quantità per kg di formaldeide nei pellami inoltre, non è regolamentata e ciò può comportare gravi conseguenze dovute alla depurazione delle acque utilizzate per le lavorazioni.

La mandorla nella concia vegetale di Zanellato

Se le concerie vogliono diventare davvero circolari e sostenibili dovrebbero eliminare le sostanze tossiche come cromo e formaldeide dal processo produttivo. È quello sui cui ha investito il luxury brand Zanellato che, grazie alle ricerche del suo laboratorio ZA.LAB in collaborazione dal 2013 con il dipartimento di chimica, materiali e ingegneria chimica “Giulio Natta” del Politecnico di Milano, ha scoperto una nuova miscela vegetale per la concia dei propri accessori e borse. La concia PURA rappresenta una reale alternativa alla concia classica, senza cromo e con un livello di aldeidi uguale a quello presente in natura. L’ingrediente magico non è una sostanza chimica bensì la mandorla e la sua scorza che, mixate a un’essenza di chiodi di garofano e olii essenziali di marsiglia, regalano alla nuova pelle un profumo inconfondibile. Il riutilizzo degli scarti alimentari dà quindi vita a questa nuova concia vegetale che sarà commercializzata a partire dal 2022 per il 63% dei pellami Zanellato.

Be Green Tannery “metal free”

Come Zanellato, anche la conceria campana Be Green Tannery, piccola impresa del distretto conciario di Solofra (in provincia di Avellino), ha brevettato un processo “100% metal free”. “Cromo, cadmio, alluminio, ferro e cromite, sono stati sostituiti con prodotti naturali e di derivazione alimentare”, ha spiegato l'ad Felice De Piano in un’intervista al Sole 24Ore. Il nuovo processo è stato brevettato ed è anche il primo ad aver ottenuto la certificazione di prodotto metal free dalla Stazione Sperimentale per l'Industria delle Pelli (SSIP)”. A rendere davvero sostenibile la produzione delle pelli di Be Green Tannery contribuiscono anche altri fattori: l'utilizzo di energia proveniente da fonti rinnovabili (-33%), l'acqua utilizzata (-30%), il tempo di lavorazione (12 ore in meno). In valori assoluti, sono 180 i kW e 3000 i litri d'acqua risparmiati a parità di materiali lavorati.

Il trattamento delle acque reflue

L’acqua, dopo le pelli, è in conceria la materia prima più importante. È il mezzo attraverso cui avviene la gran parte dei processi e rappresenta un elemento cruciale sia a livello ambientale che economico, vista anche l’incidenza dei costi per sua la gestione (il 58% nel 2018). L’utilizzo di acqua è necessario in tutte le fasi a umido (riviera, concia, tintura e ingrasso) e in alcune attività ausiliarie, quali lavaggi ed abbattimento emissioni. Le acque reflue (circa il 90% delle acque di processo) devono poi essere sottoposte a opportuni trattamenti prima di poter essere riversate nelle acque superficiali. Da questo punto di vista l’industria ha raggiunto oggi una notevole specializzazione nel trattamento dei reflui conciari attraverso un’impiantistica di depurazione all’avanguardia.