L’ex amministratore delegato della Ellen MacArthur Foundation, oggi è tra i fondatori e partner di Circularity Capital, società di private equity specializzata in economia circolare, creata per rendere evidenti agli investitori le opportunità derivanti dalle aziende impegnate nell’economia circolare e per supportare l’innovazione e la crescita delle pmi nel settore. Assieme a Jamie Butterworth sono partner di Circularity Capital Ian Nolan, David Mowat e Andrew Shannon, tutti con un background nel campo della finanza, del private equity e degli investimenti.

Con i modelli di produzione e consumo lineare messi sempre più in discussione, Circularity Capital cerca aziende che, applicando i modelli circolari, possono avere sul mercato prestazioni migliori dei competitors lineari. Fondata nel 2015, Circularity Capital mira a investimenti di 1-5 milioni di sterline in pmi europee redditizie e in rapida crescita. Gli investitori di Circularity Capital comprendono istituzioni finanziarie, società, family offices e impact investors.

Dopo la first close di marzo 2017, a ottobre 2017 Circularity Capital ha guidato un round di investimenti di 7,4 milioni di dollari in Winnow Solutions, azienda con sede centrale a Londra e uffici a Dubai, Shangai e Singapore, operante in 29 Paesi, che ha sviluppato una tecnologia per eliminare i rifiuti alimentari nei servizi di catering commerciali. La soluzione di Winnow è stata utilizzata, tra gli altri, da IKEA e Accor Hotels. L’investimento di Circularity Capital servirà a Winnow Solutions a scalare a livello internazionale.

 

Come è nata l’idea di Circularity Capital?

“Sono stato parte del team che ha fondato l’Ellen MacArthur Foundation nel 2010. Ci interessammo molto a come l’economia circolare può agire come quadro di riferimento per un’economia rigenerativa e alternativa ai modelli di produzione e consumo lineari oggi dominanti. Una delle prime cose che abbiamo fatto fu produrre con McKinsey un’analisi per capire come l’economia circolare creasse valore finanziario. Volevamo determinare se il modello economico circolare potesse far guadagnare allo stesso modo, se non di più, del modello lineare di creazione di valore. Abbiamo preso in esame un sottoinsieme dell’economia europea, e pubblicato un report (Toward the Circular Economy) che abbiamo presentato al World Economic Forum (WEF) nel 2011. I risultati del report dimostravano dove e come i modelli di economia circolare potessero essere migliori delle loro controparti lineari. Questo lavoro ha suscitato un interesse notevole da parte di alcune delle aziende presenti al WEF. Come risultato di ciò abbiamo creato il Circular Economy 100 (CE 100), il programma di innovazione globale della Ellen MacArthur Foundation che riunisce aziende, città, organizzazioni, istituzioni accademiche per aiutare i membri e le organizzazioni a sviluppare nuove opportunità e a realizzare più velocemente le proprie ambizioni circolari. 

Durante i quattro anni seguenti, entrammo in contatto con un numero crescente di aziende operanti nell’economia circolare. Si trattava non solo di un numero crescente di compagnie globali, ma anche di una miriade di pmi e partner fornitori – spesso i primi a innovare i nuovi modelli di business e a catturare le opportunità commerciali di questa transizione. Divenne sempre più evidente che queste aziende non avevano accesso al capitale, al supporto specializzato e al network necessari per sbloccare il proprio intero potenziale. Questo è stato l’inizio di un viaggio durato tre anni per sviluppare Circularity Capital. 

L’obiettivo era quello di creare società di private equity specializzata che avrebbe dimostrato come l’economia circolare potesse produrre ritorni di mercato interessanti parallelamente ad un misurabile non-finanziario impatto positivo.

Nel 2015 ho lasciato come amministratore delegato della Ellen MacArthur Foundation per concentrarmi full time nello sviluppo di Circularity Capital. Era davvero evidente che avevamo bisogno di combinare due competenze centrali – l’esperienza e la conoscenza del settore dell’economia circolare con l’esperienza nella gestione degli investimenti. Così è iniziato un processo di costruzione del team di Circularity Capital – che comprende Ian Nolan (ex Chief Investment Officer del 3i Group e della Green Investment Bank), David Mowat (parte del team fondatore di Caird Capital) e Andrew Shannon (prima investitore venture capital al Foresight Group).

Questo è stato per me un periodo affascinante, ho presto capito che avevo molto da imparare. Avevo una visione macro-economica abbastanza top-down dell’economia circolare, mentre Andrew, David e Ian come investitori erano in grado di vedere la stessa sfida con una visione buttom-up dal punto di vista delle aziende. Unendo questi due ambiti di competenze, abbiamo studiato l’ecosistema europeo delle pmi per capire quali fossero le aziende esistenti, quali richieste di capitali avessero, come e in quale settore operassero e come producessero valore. Questo lavoro ci ha permesso di capire a fondo il mercato e come avremmo infine iniziato a investire i capitali e a costruire un portfolio di aziende circolari.” 

 

Investire in aziende circolari non è molto facile. Tuttavia siete riusciti a creare un’azienda d’investimento. Quali sono state le sfide nella creazione di Circularity Capital?

“La prima scommessa era quella di formare il giusto team di investitori specialisti del settore che capissero veramente questa parte di mercato, identificassero le opportunità più appropriate e supportassero le aziende in cui si è investito a sviluppare il loro intero potenziale. La seconda era raccogliere i capitali da un gruppo di investitori che condividono i nostri stessi valori. Tutto ciò si ricollega al fatto che per accelerare davvero l’economia circolare, il capitale deve circolare – per esempio, affinché il capitale fluisca verso le aziende circolari, gli investitori devono essere convinti che il rischio sia adeguato ai ritorni finanziari.” 

 

Quanto è difficile parlare di economia circolare agli investitori e convincerli del ritorno finanziario?

“Cerchiamo di utilizzare una terminologia che gli investitori capiscono. Poi scendiamo nel dettaglio con alcuni esempi. Molto raramente troviamo un investitore che abbia difficoltà a capire come l’economia circolare crea valore. È davvero affascinante vedere la velocità con cui gli investitori si abituano al concetto e iniziano a parlare dei modelli, delle sfide dell’economia circolare e di come sia difficile finanziare, per esempio, il modello di product as a service. Gli investitori sono bravi nel guardare a modelli di business alternativi e a finanziarli, una volta che hanno fatto proprio il concetto.”

 

A quale tipo di aziende siete interessati?

“Investiamo 1-5 milioni di dollari in pmi europee in fase di crescita che operano nel settore dell’economia circolare e cerchiamo aziende che abbiamo un forte potenziale per creare valore economico circolare, un eccellente team gestionale e che operano in settori in fase di crescita.” 

 

Ci sono settori specifici dell’economia circolare ai quali guardate?

“Abbiamo individuato cinque tipologie di aziende che ci interessano nell’ecosistema delle piccole e medie imprese. Una è waste to product (dal rifiuto al prodotto) che comprende le aziende che raccolgono il flusso di rifiuti e lo trasformano in qualcosa di maggiore valore. La seconda tipologia è product to product (dal prodotto al prodotto) che racchiude le aziende che hanno una soluzione o un’attività che estende la vita del prodotto come la rigenerazione o la riparazione. Il terzo gruppo di aziende è quello dei business model circolari che spesso significa product as a service nel quale le aziende mantengono il possesso della risorsa ed è quindi nel loro interesse estenderne il ciclo di vita. Infine, gli ultimi due sono circular design e enabling data solutions. Circular design riguarda l’innovazione attraverso i materiali, il packaging, le soluzioni creative. Mentre l’area dei data comprende le soluzioni dove l’utilizzo delle informazioni permette di creare maggiore valore per accelerare i cicli circolari e ridurre gli scarti. Guardiamo a queste cinque aree. Guardiamo ai settori che riteniamo più interessanti. Dopo di che, molto proattivamente, andiamo dalle aziende che spesso non sanno di operare nell’economia circolare, probabilmente non ne hanno mai sentito parlare e tuttavia stanno magari creando un valore immenso.”

 

Ci sono abbastanza opportunità di investimento?

“Sì, stiamo vedendo parecchie opportunità di investimento molto interessanti. Abbiamo stimato che abbiamo bisogno di analizzare circa 100 aziende per ottenere la giusta qualità per ogni investimento portato a termine. Pensiamo di investire in circa 10-12 aziende durante la vita del veicolo di investimento.” 

 

Da dove arrivano gli investitori in Circularity Capital?

“I nostri investitori sono investitori istituzionali, grandi aziende e family offices principalmente dall’Europa e dagli Stati Uniti.”

 

Qual è il ruolo delle banche nell’economia circolare?

“Non ho un background nel mondo bancario, quindi forse non sono la persona più adatta a cui chiedere. Tuttavia credo che uno dei ruoli delle banche sia quello di capire veramente i requisiti finanziari delle aziende che operano nell’economia circolare – per esempio devono capire come le aziende che passano al modello di prodotto come servizio possono finanziare i beni nel proprio bilancio. Quando consideriamo determinate opportunità di investimento, effettivamente lavoriamo spesso con le banche per identificare la corretta forma di finanziamento a seconda del modello di crescita dell’azienda in oggetto. Esistono società specializzate – come De Lage Landen (DLL) – che hanno molta esperienza nel finanziare il modello di prodotto come servizio. Cerchiamo persone che abbiamo questo tipo di esperienza quando facciamo investimenti. Questa è solo una delle opportunità pratiche per le banche di impegnarsi nell’economia circolare.” 

 

C’è un attore o un elemento mancante nell’attuale passaggio all’economia circolare?“Abbiamo notato che se si guarda alla comprensione dell’economia circolare, al quadro di riferimento e alle opportunità, ci sono alcune aree geografiche dove il concetto è compreso da una gran parte di persone, come in Olanda per esempio. Tuttavia le opportunità sono ovunque, non solo nei territori che ne sono più consapevoli. Abbiamo notato che c’è un’opportunità interessante nel rendere più investitori istituzionali e proprietari di capitali consapevoli di cosa significhi economia circolare e di come si possa creare valore. In passato, parlando con una grande corporate bank americana o con fondi pensione, probabilmente passavamo la prima parte dell’incontro spiegando cosa fosse l’economia circolare e perché avrebbe potuto portare più valore rispetto a un modello di business lineare. Se si parla con grandi aziende – per esempio aziende di beni di largo consumo o di servizi sanitari – esse probabilmente ne hanno sentito parlare grazie al lavoro che l’Ellen MacArthur Foundation, il World Economic Forum, McKensey e Accenture hanno fatto su questo argomento. Il mondo della finanza è un po’ separato dal mondo delle grandi aziende, quindi bisogna lavorare per far abituare le persone al concetto prima di essere in grado di distribuire capitali al meglio. A tal proposito c’è una mancanza di consapevolezza delle opportunità nella finanza globale.”

 

Si tratta, a suo avviso, di una lacuna nell’istruzione?

“I corsi di finanza e gli MBA si stanno evolvendo lentamente. Ci sono una serie di programmi che stanno cercando di integrare l’economia circolare al proprio interno, mentre molte persone con cui interagiamo hanno frequentato MBA dieci, quindi o venti anni fa. È, purtroppo, normale avere questa lacuna, ma alcuni attori stanno provando a colmarla. Per esempio, il World Economic Forum ha giocato un ruolo centrale nel mostrare questa opportunità a un ampio numero di soggetti.”

 

Lei ha lavorato per la Ellen MacArthur e, ora, per Circularity Capital incontra e analizza piccole e medie imprese. Esistono, però, anche le grandi aziende che cercano di passare da un modello lineare a quello circolare. Per loro non è così semplice. Cosa possono fare le grandi aziende per avviare la transizione a un modello circolare senza esserne destabilizzate?

“Mi piace come un manager aziendale recentemente ha risposto alla stessa domanda da parte mia, dicendo che, al di là delle attività crescenti che la sua azienda stava già facendo in questo settore (in termini di progettazione del prodotto, gestione dei resi e ridistribuzione delle risorse), si può utilizzare l’economia circolare come un quadro di riferimento olistico a cui guardare a livello sistemico per ottimizzare l’intero sistema aziendale. Si tratta di un’occasione per le grandi aziende per identificare opportunità, raccogliere più valore e differenziarsi dai concorrenti.

Per le pmi è spesso più facile cambiare il modello di business, queste hanno team più piccoli che si incontrano regolarmente, i dipartimenti non sono compartimenti stagni, possono facilmente mettersi d’accordo, iniziare una fase pilota e eseguire il cambiamento in meno tempo. Le grandi imprese hanno, invece, problematiche diverse che riguardano anche come gestire l’eredità del passato e le tante attività lineari esistenti. Non basta concentrarsi su una sola attività come la rigenerazione, il vero valore è creato quando il dipartimento della rigenerazione parla con quello della progettazione per ottimizzare il prodotto e tutto ciò è fatto pensando a come il prodotto è commercializzato e venduto – potenzialmente attraverso un nuovo modello di business. Molte di queste attività sono già in corso, ma serve un approccio olistico per unire i punti e far sì che le cose funzionino. Questo è l’inizio, poi quando il primo passo è fatto, le aziende possono diventare più ambiziose e spingersi oltre.”  

 

 

Circularity Capital, www.circularitycapital.com

The Circular Economy 100, www.ellenmacarthur foundation.org/ce100