Per capire a che punto siamo sulla strada verso la transizione ecologica e circolare, Ecomondo rappresenta un punto di riferimento globale come luogo di confronto e di business, mostrando i progressi tecnologici di un’industria green che corre veloce. Alla fiera di Rimini, le quasi 500 ore di convegni e seminari spalmate tra il 26 e il 29 ottobre sono state aperte dal decennale appuntamento degli Stati Generali della Green Economy, in cui enti, istituzioni e organizzazioni si sono confrontati sulle urgenti questioni legate alle opportunità del PNRR e all’attesissima COP26 di Glasgow. “A Rimini possiamo osservare la transizione ecologica da vicino – ha esordito Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, presentando la relazione sullo stato della Green economy italiana – Le parole d’ordine devono essere ambizione e alleanza tra istituzioni e cittadini”.

La relazione sulla green economy

Il focus dell’approfondito report redatto dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, riguarda il rapporto fra transizione ecologica e digitalizzazione, due pilastri del Green Deal europeo. Per accelerare la transizione verso un’economia climaticamente neutra, circolare e resiliente, la digitalizzazione ha il potere di facilitare la riduzione di emissioni gas serra nei diversi settori. Questo lo sa la Commissione europea che ha lanciato un progetto di monitoraggio delle performance di digitalizzazione dei Paesi membri attraverso il Digital Economy and Society Index. Per quanto riguarda skills digitali e utilizzo di rete, l’Italia mostra prestazioni molto al di sotto della media europea: facciamo meglio solo di Romania, Grecia e Bulgaria. Il PNRR italiano destina 13,3 miliardi alla digitalizzazione, in particolare nel settore produttivo, a cui si aggiungono altri 7 miliardi per lo sviluppo dell’economia circolare.
Durante la cerimonia di apertura degli Stati Generali della Green Economy si è parlato di una legge italiana per la protezione del clima per aumentare il passo nelle misure per la neutralità climatica, raddoppiare le rinnovabili dal 20 al 40% e tagliare il consumo di combustibili fossili del 40% al 2030. L’Italia in ottica di economia circolare ha un enorme potenziale che può essere espresso vincolando almeno il 50% delle risorse del PNRR per sostenere progettazione e innovazione, semplificando le procedure End of Waste e promuovere l’impiego di materiali riciclati. “In Germania esiste una legge per il clima secondo cui ritardare l’azione climatica è anticostituzionale, – sottolinea Ronchi – l’Italia deve puntare, con più decisione, a far parte delle locomotive europee della green economy vincendo la sfida della neutralità climatica con un’economia decarbonizzata e competitiva”.

L’Italia fatica sulle rinnovabili. Bene sulla circolarità

Dati poco promettenti riguardano le fonti rinnovabili in Italia. Nel 2020 il consumo da fonti rinnovabili è stato di 21,5 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, addirittura lo 0,4% in meno rispetto al 2019. Nel 2020 le rinnovabili elettriche sono cresciute solo di 1 TWh (+1%) e sono stati installati solo 800 MW di nuovi impianti. Per raggiungere il target europeo si dovrebbero installare almeno a 6000 MW annui per i prossimi 10 anni. “Mi preoccupa la situazione delle rinnovabili – dice l’eurodeputata Simona Bonafè – servono maggiori investimenti che ci permettano di essere più indipendenti dal punto di vista energetico”. Laura Cozzi, una delle autrici del World Energy Outlook 2021, a livello globale registra un trend verso l’addio ai combustibili fossili, ma - soprattutto in Cina - ci sono ancora troppe centrali a carbone in funzione. “Possiamo dire con certezza che non è stata la transizione ecologica a fare aumentare i prezzi del gas naturale. Abbiamo calcolato che il 40% dell’abbattimento delle emissioni può avvenire a costi molto contenuti”.
L’Italia tuttavia fa molto
meglio sulla circolarità. Nel 2020 si classifica prima fra i cinque principali Paesi europei per produttività delle risorse (misurata in euro di Pil per kg di risorse consumate), con 3,7 €/kg, davanti a Francia, Germania, Spagna e Polonia. “Il nostro indice di circolarità si attesta al 19,3% - dice Stefano Leoni di Circular Economy Network – che è un buon dato se lo compariamo agli altri Paesi europei, ma c’è ancora tanto da fare. L’Italia è un Paese che importa moltissime materie prime, e visti i costi, sarà fondamentale tenere in circolo i materiali”. Secondo il rapporto sullo stato della green economy, l’Italia si colloca al 2° posto nel tasso di utilizzo circolare dei materiali (CMU) che misura il grado di impiego dei materiali riciclati in relazione all'uso complessivo di materie prime.

Il consorzio di edilizia circolare per i rifiuti edili

Secondo Ispra ogni anno il settore edile produce circa 68 milioni di tonnellate di rifiuti. Gran parte di questi sono rifiuti speciali e non vengono tracciati oppure vengono direttamente abbandonati causando significativi danni ambientali al territorio. A Ecomondo è stato presentato il Consorzio Rec (Recupero Edilizia Circolare) che coinvolge tutti gli attori della filiera delle costruzioni. Un progetto che vuole dare la possibilità ai punti vendita associati di ritirare i rifiuti da costruzione e manutenzione all’interno dei propri store. Nel nostro Paese si contano infatti circa 7500 rivenditori di materiali, con una distribuzione capillare su tutto il territorio. “I rifiuti e materiali edili possono essere accentrati in un unico luogo così che le materie prime seconde possano essere riutilizzate e rigenerate in un meccanismo virtuoso di economia circolare”, dice Roberto Coizet, fondatore e presidente di Edizione Ambiente. “Ci sono problemi anche nel modo in cui vengono fatte le demolizioni, molti rifiuti potrebbero essere utilizzati come sottoprodotti”.
Il meccanismo del consorzio è semplice: le PMI edili e gli artigiani conferiscono in modo differenziato i rifiuti di costruzione e demolizione presso i Centri Preliminari di Raccolta (Cpr) che li avviano agli impianti di recupero e riciclo. I materiali riciclati ottenuti possono essere distribuiti e venduti attraverso la stessa rete dei centri vendita del consorzio, riducendo gli sprechi e migliorando i vantaggi per le imprese edili. Si tratta di un’importante conquista di grande valore sociale ed economico – spiega Francesco Freri, Presidente REC – un sistema di vantaggi win win per tutti gli attori della filiera delle costruzioni e per l’intera collettività. Si tratta di un’occasione che va colta e perseguita con tenacia per l’ambiente, il valore sociale e la generazione di valore.” Specialmente con il superbonus che ha fatto aumentare le ristrutturazioni e quindi anche i rifiuti edili, sviluppare una rete capillare per la raccolta dei rifiuti inerti sul territorio e per la vendita dei prodotti riciclati porterà benefici economici e ambientali soprattutto per quelle piccole e medie imprese che non hanno le risorse economiche per portare i rifiuti ai lontani impianti di recupero e riciclo.

La prima scuola per la transizione ecologica

Non ci può essere transizione ecologica se mancano professionisti specializzati. La green economy necessita di figure che nel mercato del lavoro odierno sono ancora rare. Ecco perché a Ecomondo si è colta l’occasione per presentare la nuova Scuola di Alta Formazione per la Transizione Ecologica che nasce da un accordo triennale tra l’Università di Bologna e Italian Exhibition Group. Il progetto Safte riconosce che l’economia circolare è diventato un ambito di formazione specifico che integra saperi diversi in una nuova “disciplina dei flussi di materia” e richiede nuovi strumenti tecnici e conoscitivi per valorizzare i meccanismi di cooperazione industriale, le interazioni tra pubblico e privato e soprattutto le opportunità derivanti dalle strategie europee e nazionali in materia. La scuola si rivolge a manager, dirigenti, amministratori, tecnici, consulenti e professionisti pronti a impegnarsi nell’innovazione o nella transizione verso modelli circolari di impresa. Anna Re, responsabile delle relazioni esterne e rapporti istituzionali di Reteambiente, partner dell’iniziativa, ha sottolineato come “stiamo vivendo uno dei momenti più importanti del Dopoguerra, e le nostre imprese devono essere pronte a questo passaggio. Questa è una grande occasione per formare persone sempre più competenti e capaci”. Il presidente di Conai Luca Ruini aggiunge che da una ricerca recente emerge che circa il 36% delle nuove occupazioni è green, e c’è una forte domanda di alte competenze in quasi tutti i settori . “Si tratta di un progetto fondamentale, sia per i manager di oggi, che per quelli di domani - interviene la senatrice Barbara Floridia, sottosegretario all’Istruzione – il Ministero dell’Istruzione ha deciso di sviluppare progetti anche per ragazzi dai 6 ai 18 anni con l’obbiettivo di formare anche i manager del futuro ”.