Comincia a prendere forma il piano europeo per un’industria a emissioni zero. Il 16 marzo la Commissione europea ha pubblicato il Net Zero Industry Act, una proposta di regolamento che stabilisce obiettivi e misure per rafforzare la leadership industriale europea nel settore cleantech.
Il testo prevede innanzitutto che la capacità produttiva domestica delle tecnologie net zero dovrà puntare a raggiungere almeno il 40% del fabbisogno annuale europeo. Un target ambizioso, che risponde alla politica protezionista statunitense dell’Inflation Reduction Act (IRA) dell’agosto scorso. Tuttavia i funzionari UE fanno sapere che il benchmark ha più valenza politica che vincolo legale e, come ha dichiarato il vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans, non metterà in pericolo gli scambi commerciali con i Paesi partner.

Le misure proposte da Bruxelles consentiranno di ridurre le lungaggini burocratiche e velocizzare gli accessi ai finanziamenti per i progetti cleantech riguardanti fotovoltaico, eolico onshore e offshore, batterie e accumulo, pompe di calore, energia geotermica, idrogeno, biogas e i sistemi di cattura e stoccaggio del carbonio. Sebbene non rientrino nelle tecnologie strategiche net zero, nel documento vengono menzionati anche l’energia nucleare e i combustibili alternativi, a cui viene aperta la possibilità di sostegno statale e processi di autorizzazione più rapidi.

I 7 pilastri del Net Zero Industry Act

Come in parte anticipato dal Green Deal Industrial Plan for the Net-Zero Age presentato a febbraio, il Net Zero Industry Act si basa su 7 pilastri che accelereranno lo sviluppo dell’industria cleantech europea.

Il primo punto raccomandato dalla Commissione riguarda la facilitazione agli investimenti. In sostanza significa creare un contesto normativo favorevole alle industrie, snellendo i processi amministrativi e velocizzando il rilascio dei permessi.
Per contribuire a ridurre le emissioni di CO2, il secondo pilastro prevede che l’Unione punti a raggiungere una capacità di stoccaggio annua pari a 50 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Per ora la maggiore criticità che ostacola lo sviluppo dei sistemi di cattura e stoccaggio del carbonio è la mancanza di siti.
“Incoraggiando a livello pubblico e privato la domanda di prodotti sostenibili, si può facilitare l’accesso al mercato delle tecnologie a basse emissioni” si legge nel terzo pilastro. In particolare è il settore pubblico che deve garantire scelte sostenibili, specialmente nelle gare d’appalto.

L’Eures (European Network of Employment Service) è una piattaforma di servizi per l’impiego ed è stata creata per facilitare l'inserimento lavorativo degli europei. Secondo la proposta sarebbe un ottimo strumento per riempire il vuoto occupazionale dei cosiddetti green jobs. Il quarto pilastro ha infatti l’obiettivo promuovere una forza lavoro qualificata nel settore delle tecnologie pulite.
Mentre sostenere l’innovazione è il tema del quinto obiettivo, gli ultimi due (sesto e settimo) puntano a creare una struttura di governance che monitori e valuti i progressi del target più importante: raggiungere maggior indipendenza manifatturiera (40%) per le tecnologie net-zero .

La cattura e lo stoccaggio di CO2

Costosi e notevolmente energivori, gran parte dei sistemi di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) non hanno ancora raggiunto un ottimale livello di efficienza. Queste tecnologie sono in grado di intrappolare l'anidride carbonica emessa dai grandi impianti industriali prima che possa entrare nell'atmosfera. Così il Net Zero Industry Act, oltre a promuovere tutte le fonti di energia rinnovabile disponibili, incentiva l’utilizzo di sistemi CCS come strumento di mitigazione sui cui investire. Lo fa addirittura stabilendo un obiettivo: entro il 2030 l’Europa dovrà raggiungere una capacità di stoccaggio pari a 50 milioni di tonnellate di CO2. Secondo le stime della Commissione, l'Unione dovrebbe catturare e stoccare fino a 550 milioni di tonnellate di anidride carbonica all'anno se vuole conquistare la neutralità carbonica entro il 2050.

Lo sviluppo di questi sistemi è stato frenato finora da alcune criticità. Nonostante gli incentivi a emettere meno forniti dall’Emissions Trading System, le imprese che vogliono investire nei CCS, oltre ai costi iniziali, devono trovare siti di stoccaggio geologico autorizzati. Da questo punto di vista, secondo la Commissione, velocizzare le autorizzazioni sulle zone idonee allo stoccaggio e permettere l’esplorazione dei siti adiacenti agli impianti di cattura, può supportare i produttori di idrocarburi a pianificare meglio i loro investimenti. Un’altra soluzione sarebbe obbligare i Paesi membri a compilare una reportistica aggiornata e trasparente sui luoghi idonei e capacità di stoccaggio.

Ora la proposta finirà sui tavoli del Parlamento e Consiglio europeo che valuteranno a livello politico gli effetti di questa rivoluzione industriale, la nuova era delle emissioni nette zero.

Immagine: Envato Elements