I 27 Paesi membri dell’Unione europea hanno trovato un accordo sul divieto di distruggere vestiti e calzature invenduti. Nell’ambito della proposta sulla Ecodesign for Sustainable Products Regulation (ESPR) presentata nel marzo 2022 dalla Commissione europea, il Consiglio ha trovato un compromesso scontentando diversi Paesi.
Il testo prevede un'esenzione di 4 anni per le medie imprese e una deroga generale per le piccole e microimprese. Ora il testimone passa all’Europarlamento che dovrà votare per la definitiva adozione di un regolamento fondamentale per la transizione circolare, che include, tra le altre cose, l’introduzione del tanto atteso passaporto digitale dei prodotti.

Un compromesso difficile

Per usare le parole di Ebba Busch, la vice-premier svedese che ha presieduto i negoziati: “trovare un compromesso è stato tutt’altro che semplice”. Alcuni Paesi membri non hanno nascosto il proprio malumore accusando l’esecutivo UE di violare l’autonomia legislativa nazionale. Italia in primis, con il ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso che ha parlato di “intesa che non rispecchia del tutto i vari interessi in gioco”. Anche la Svezia, che ospita il gigante della fast fashion H&M, ha fatto pressioni per rimuovere il divieto dal testo della proposta di regolamento.

“Ridurre la burocrazia escludendo dal divieto le medie imprese, anziché imporre un periodo transitorio di quattro anni, aumenterebbe la competitività del settore, soprattutto in questo momento”, ha dichiarato Urso. Secondo la bozza visionata in anteprima dal Financial Times, sarebbero esentate le piccole imprese e le medie imprese con un massimo di 249 dipendenti e con un fatturato annuo inferiore a 50 milioni di euro. I dettagli dovranno essere ancora negoziati.
Nel gruppo delle infelici si sono aggiunte Romania, Bulgaria e Croazia. E nonostante sia stata con Francia (prima nazione al mondo ad approvare una legge per vietare la distruzione di resi e invenduti) e Paesi Bassi una delle promotrici del divieto, anche la Germania si è detta non completamente soddisfatta dell'accordo.

Passaporto digitale e divieto di distruzione degli invenduti

Quello di distruggere i prodotti tessili è una pratica insostenibile sia dal punto di vista ambientale che economico. “Un ingente perdita di preziose risorse economiche” la definisce il testo approvato dal Consiglio. Non ci sono dati certi sui quantitativi di merce distrutti ogni anno in Europa, ma per avere un’idea, nel 2018 Wall Street Journal rivelò che il marchio di lusso Burberry aveva distrutto oltre 38 milioni di dollari di abbigliamento e cosmetici.

Oltre al divieto di distruggere capi d’abbigliamento e calzature invenduti, il Consiglio europeo ha promosso anche l’introduzione del passaporto digitale che darà accesso alle informazioni specifici di un prodotto così da permettere ai consumatori di conoscere l'impatto ambientale dei loro acquisti. Dall’applicare i requisiti di ecodesign inseriti nella proposta di Bruxelles sono esentati i veicoli, medicinali e generi alimentari.
"In futuro, i prodotti dovranno essere efficienti dal punto di vista energetico, durevoli, riparabili, riutilizzabili e riciclabili prima di essere immessi nel mercato europeo”, ha dichiarato Sven Giegold che ha seguito i negoziati per conto della Germania .

Tutti gli occhi sono ora puntati sul Parlamento europeo dove si assisterà al capitolo finale della saga sull’Ecodesign for Sustainable Products Regulation.

Immagine: Envato Elements