La moda deve diventare circular, soprattutto quella che consuma grandi quantità di risorse senza preoccuparsi di prevenire e poi valorizzare gli scarti. A diventare circolare ci sta provando Primark, rivenditore di moda internazionale, che ha da poco lanciato il suo nuovo Circular Product Standard. Sviluppato in collaborazione con il think-tank Circle Economy e l’organizzazione no-profit Sustainable Fashion Academy, si tratta di un framework a cui la multinazionale promette di attenersi per la progettazione dei propri capi d’abbigliamento.

Verso uno standard condiviso sulla durabilità degli abiti

Lo standard, testato su una nuova collezione di 35 prodotti, si basa sui concetti di durabilità e riciclabilità. “I nostri capi sono stati progettati per avere un più lungo ciclo vita - dice a Materia Rinnovabile Nicholas Lambert, Circular Product Lead di Primark Cares - in linea con il nuovo standard di lavaggio di Primark che assicura una maggiore durabilità”.
Attualmente non esiste uno standard sulla durabilità condiviso dal settore fashion ed è per questo che non è semplice garantire ai consumatori che ciò che acquistano durerà a lungo nel tempo, indipendentemente da quanto possono permettersi di spendere. “Stiamo lavorando con WRAP, in qualità di firmatari della sua iniziativa Textiles 2030, che sta coinvolgendo diverse aziende per creare uno standard condiviso per la durabilità – aggiunge Lambert - Attraverso questa sinergia, abbiamo sviluppato un nuovo standard di lavaggio basato sul protocollo di longevità dell'abbigliamento WRAP”.

Primark punta sulla riciclabilità

Il Circular Product Standard prevede di rendere riciclabili i vestiti progettando finiture e bottoni in modo che siano rimovibili. Secondo Lambert, oggi la maggior parte dei capi di abbigliamento realizzati con fibre miste può essere riciclata solo attraverso la sua trasformazione in biancheria da letto o materiali isolanti, il che aumenta la possibilità che finiscano in discarica se non possono essere riutilizzati. “Nella nostra collezione, ove possibile, abbiamo riprogettato eventuali rifiniture non funzionali e realizzato il tessuto principale con un materiale a fibra singola di cotone, senza quindi l’utilizzo di fibre sintetiche o elastan (fibra sintetica di poliuretano). Abbiamo inoltre riportato istruzioni specifiche sulle etichette degli indumenti con indicazioni su come poterli riciclare al termine del loro ciclo di vita presso apposite strutture di riciclo”.

Materiali di provenienza più sostenibile

Un altro indice del Circular Porduct Standard fa riferimento all’origine dei materiali utlizzati. I capi della nuova collezione sono realizzati utilizzando almeno il 95% di cotone proveniente dal Primark Sustainable Cotton Programme, progetto che educa i coltivatori a ridurre gli sprechi d’acqua, l’uso di fertilizzanti chimici e pesticidi.
“Abbiamo inaugurato il programma nel 2013 come progetto pilota in India per cambiare il modo in cui ci riforniamo del cotone e migliorare i mezzi di sussistenza degli agricoltori – sottolinea Nicholas Lambert – I risultati sono stati straordinariamente positivi: gli agricoltori indiani che hanno aderito al programma hanno utilizzato il 40% in meno di pesticidi e fertilizzanti chimici, oltre ad aver ridotto del 10% l’impiego di acqua. Complessivamente, ciò ha ridotto i costi di input e migliorato i profitti degli agricoltori di oltre il 200%”.
Il programma è sviluppato al fianco dei partner Cotton Connect e Self-Employed Women's Association (SEWA) e ha formato già oltre 250.000 piccoli agricoltori, l'80% dei quali sono donne. Il progetto insegna ai coltivatori di cotone come ridurre la dipendenza dai fertilizzanti chimici e pesticidi, preservare la biodiversità delle terre e come mitigare l’impatto dei cambiamenti climatici.

Prezzi bassi e rischio greenwashing

Il modello insostenibile della fast fashion si basa sul produrre il più possibile, a prezzi bassi e a discapito della qualità e dei diritti dei lavoratori. L’obiettivo di Primark è sempre stato quello di rendere la moda alla portata di tutti, assicurando un prezzo competitivo da un minimo di 5 euro a un massimo di 25. Allora abbiamo chiesto a Lambert come sia possibile offrire capi così economici, senza mettere da parte qualità e la garanzia di salari dignitosi per tutti i lavoratori. “È possibile partendo dalle piccole cose, come imballare i vestiti in modo che siano già pronti per essere stesi sul pavimento prima che lascino la fabbrica, fino alla scelta di non investire in grandi campagne pubblicitarie. Così facendo siamo in grado di trasferire questi risparmi sui nostri clienti”, ha detto Lambert.
L’azienda dice di aver inaugurato oltre 15 anni fa il programma Ethical Trade Programme che ha coinvolto oltre 600.000 lavoratori. Si tratta di un codice di condotta che definisce gli standard etici a cui i fornitori devono attenersi.

Tuttavia, se per quanto riguarda la supply chain Primark risulta trasparente e affidabile, più strada c’è da percorre in termini di circolarità. Il 27 aprile scorso Greenpeace Germania ha pubblicato un’indagine in cui sostanzialmente accusa di rischio greenwashing 29 noti marchi della moda internazionale, tra cui l’azienda irlandese. L’Ong è andata a valutare la trasparenza e veridicità delle informazioni riportate nelle etichette dei prodotti, sostenendo che “i marchi si vendono per quello che non sono, evitando di pubblicare informazioni che permettano di valutare l’effettivo impatto ambientale”. Primark non ha passato il test di Greenpeace Germania, insufficiente risulta soprattutto il modo di comunicare la propria sostenibilità.
“Accogliamo con favore l’attenzione che report di questo tipo destano tra il pubblico, con l’obiettivo di rendere i brand sempre più trasparenti – ha commentato Nicholas Lambert via mail - Siamo consapevoli che ciò possa risultare complesso e creare confusione, motivo per cui ci impegniamo a far sì che i nostri clienti possano fare scelte sempre più consapevoli. Stiamo lavorando incessantemente per alzare l’asticella di quello che facciamo migliorando il modo in cui comunichiamo la sostenibilità. A questo proposito abbiamo introdotto il glossario di termini Primark Cares e stiamo utilizzando funzionalità come i QR Codes per guidare e fornire informazioni preziose ai clienti che visitano i nostri negozi”.

Chissà se proprio grazie al Circular Product Standard, Primark riuscirà a superare i prossimi test sulla trasparenza ambientale.

Immagine: Envato Elements