I nostri edifici sono beni immobili. Colossi silenziosi, che mutano lentamente durante gli anni. Ogni tanto vengono abbattuti, più spesso vengono ristrutturati, per limitarne la decadenza. Più raramente li rigeneriamo. Sono il tallone d’Achille della decarbonizzazione. Sono costruiti con materiali obsoleti, sulla base di modelli abitativi sorpassati che non tengono conto delle nuove strutture famigliari e dei nuovi modelli lavorativi. Non parliamo dei grandi progetti nei centri globali, le torri delle archistar e i progetti di rigenerazione certificati, ma dell’edilizia di massa, delle villette a schiera costruite al massimo risparmio, dei palazzoni di periferia, dei capannoni costruiti con materiali di dubbia provenienza.
Dei circa 100 miliardi di tonnellate di materiali che si consumano ogni anno, 38,8 vengono impiegati nell’edilizia, di misura il settore più vorace di materia. Come ricordano Francesco Asdrubali e il suo team di ricerca, si tratta di uno dei settori in assoluto più energivori: in Europa gli edifici sono infatti responsabili di oltre il 40% dei consumi di energia primaria, perlopiù non rinnovabile, e del 36% delle emissioni di CO2. C’è poi la questione del cemento che, nella sola fase di produzione (non considerando quindi trasporto e posa), genera il 3% delle emissioni globali. Si tratta del tema che viene analizzato dal giornalista d’inchiesta Daniele Di Stefano.

Dal Nuovo Bauhaus Europeo agli Esg: così l’edilizia cambia pelle

Come intervenire per ripensare il nostro abitare, rendendolo sostenibile, bello, piacevole, intelligente? Come attivare un nuovo modo di costruire, impiegando nuovi materiali circolari, dal legno agli scarti, introducendo dei modelli di Responsabilità Estesa Del Produttore (Epr) e adottando più diffusamente quei sistemi di prodotto-come-servizio che già oggi sono disponibili per impianti di raffrescamento, di illuminazione, per arredi ed elettrodomestici? Una delle risposte viene dal New European Bauhaus, fortemente voluto da Ursula von der Leyen di cui abbiamo parlato con Hans Joachim Schellnhuber, climatologo e fondatore del Potsdam Institute for Climate Impact Research. La rivoluzione circolare dell’edilizia passa certamente da un approccio tecnologico. Ma la grande, vera, sfida si gioca sul fattore culturale. Ed è qui che entrano in gioco creativi, designer, architetti, artisti, pensatori. Non possiamo modificare gli impatti del nostro abitare senza immaginare nuove abitazioni e nuovi modi di usare lo spazio delle città.
Come emerge dall’articolo dell’esperto di real estate Alberto Ballardini,
la finanza e i criteri Esg contribuiranno a dare una giustificazione economica a scelte radicali: gli edifici sostenibili avranno un ruolo sempre più rilevante nelle non-financial-disclosure, i report che misurano le performance ambientali, sociali e di governance delle imprese. Data la necessità di misurare le riduzioni delle emissioni di CO2, efficientare gli asset immobiliari sarà fondamentale per l’andamento finanziario dei titoli e la rendicontazione delle emissioni.
Come racconta
Marco Caffi del Gbc Italia, co-direttore ospite per questo numero di Materia Rinnovabile, toccherà invece agli stati adottare misure a sostegno di quei cittadini che vogliono riqualificare gli edifici, agevolati in questo da procedure sempre più moderne e cost-effective.
Dall’edilizia off-site all’industrializzazione dei processi, dagli edifici modulari e smontabili al passaporto dei materiali (suggerito dalla coppia Rau e Oberhuber),
negli ultimi 5 anni l’edilizia ha iniziato a mutare pelle. Saperi e know-how ci sono, servono la volontà e capacità di scalare i processi, di creare una mentalità diffusa nel mondo del real estate. Per questo esiste anche Materia Rinnovabile, per portarvi fuori dai territori conosciuti e farvi entrare in un mondo di possibilità circolari.

Immagine: Japan Pavillon, Expo 2000

Scarica e leggi il numero 38 di Materia Rinnovabile sull'edilizia circolare.