Ripartenza nel segno della sostenibilità e dell’economia circolare. Dopo l’annullamento dello scorso anno dovuto alla pandemia, Milano riabbraccia la Design Week e il Fuorisalone e torna ad essere l’epicentro del design internazionale. Lo fa con un occhio più consapevole e sensibile alle urgenze del cambiamento climatico, sfruttando il momento di riflessione post pandemico per mostrare ai designer e visitatori di tutto il mondo come prendere coscienza dei propri spazi, dei propri consumi e dei materiali che ogni giorno usiamo e buttiamo, come se non avessero “vita”. Sostenibilità è stata la parola d’ordine dell’evento, soprattutto in via Tortona che con il progetto IN - OUT, perception of sustainability ha mostrato attraverso le sue installazioni come conciliare la percezione del mondo interiore con quello esterno, tenendo sempre un focus costante sulla sostenibilità degli elementi, dei concetti e del vivere quotidiano. Dare nuova vita ad uno scarto industriale o a un semplice rifiuto è la nuova, eccitante sfida dei designer che nelle loro creazioni coniugano il gusto della sostenibilità ad un piacevole senso estetico.

Materials Village: la casa dei materiali circolari

Dalla start-up Verabuccia che trasforma la buccia di ananas in un materiale (ananasse) per accessori di moda fino a Meba Bioresine che utilizza materie prime vegetali da scarto agricolo o dell’industria alimentare per la produzione di resine. Alla mostra WastEnders si vede e si tocca di tutto. Il valore di questi prodotti risiede tanto nei materiali che li compongono quanto nelle tecnologie di trasformazione con cui vengono realizzati. Si vedono finalmente sinergie efficaci tra diverse filiere.
Tra le idee più interessanti si nota la
gomma creata da Oldrati. La gomma è un materiale molto complesso da riciclare, i cui scarti produttivi vengono dismessi in discarica o termovalorizzati. “Ogreen è la prima gomma di alta qualità – si legge sulla targhetta - realizzata con gomma rigenerata che offre prestazioni paragonabili al materiale vergine”.
Ohoskin invece è un materiale alternativo alla pelle, 100% vegano. È prodotto in Italia a partire da sottoprodotti della lavorazione di arance e cactus siciliani attraverso un processo industriale brevettato a ridotto impatto ambientale. Il materiale bio-based è di maggiore durabilità rispetto alla pelle sintetica ed è disponibile in diverse colorazioni, texture e percentuale di materiale organico.

Abitare in modo sostenibile: enough si more

Mentre al Superstudio diverse mostre sono dedicate alle case “Intelligenti” del futuro, all’edificio BASE si punta alla sobrietà. All’interno dell’iniziativa We Will Design, cinque designer internazionali vivranno in stanze da loro progettate,Temporary Home che esplorano scenari futuri possibili. Lo studio di progettazione Miocugino ha proposto un modello di abitazione attento ai consumi e alla circolarità. Enough si more recita il loro motto. A partire da una riflessione sul fenomeno di estrema urbanizzazione degli ultimi anni, si vedono nuove soluzioni per vivere in spazi sempre più piccoli. All’interno della stanza lo studio ha progettato anche un modello di coltivazione idroponica verticale che utilizza l’acqua piovana. Nell’ambito del progetto europeo Centrinno curato da Nema e il Comune di Milano, il product designer spagnolo Vicente Varella invece esplora la manifattura digitale per ridare vita a materiali di scarto attraverso un processo basato su Human Centered Design e Circular design. “Con il supporto di due laboratori trasformiamo i rifiuti di plastica in lastre stampate in 3D che poi possono essere usate per produrre nuovi oggetti di design”, spiega Varella.
Uno scenario più prossimo, invece, lo ha mostrato l’installazione di
Massimiliano Mandarini, esperto di Sostenibilità e di Environmental Design, che come risposta ai mutamenti climatici e della pandemia ha presentato Healthy, un’oasi sostenibile, circolare e plastic-free, in grado di produrre l’energia necessaria in modo autonomo. Perché limitare al massimo il consumo di energia è importante ed è una delle qualità del legno, materiale con ottime proprietà isolanti e traspiranti, utilizzato da Rubner Haus per la sua installazione in uno dei chiostri del Museo delle Scienze e delle Tecnologie.

Dare nuova vita alla plastica

Al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” è stato presentato il RoGUILTLESSPLASTIC 2021, il progetto internazionale ideato e organizzato da Rossana Orlandi, famosa gallerista nell’ambito del design in Italia e nel mondo, che ormai da tre anni si prefigge l’obiettivo di coinvolgere il mondo del design per dare nuova vita alla plastica, esplorandone le infinite possibilità di trasformazione. Passeggiando tra chiostri denominati “Hall of Waste” c’è una sfilza di innovazioni e pratiche circolari firmate da grandi designer internazionali, soprattutto danesi. Il padiglione della Lendager Group, che esporta la sua visione progettuale circolare oltre i confini della Danimarca, ha proposto una sorprendente installazione di 500 sedie in legno e plastica riciclati. Di Bang & Olufsen è il primo speaker nel settore dell’elettronica di consumo a potersi fregiare dell’importante certificazione Cradle to Cradle. Si tratta di un apparato elettronico facile da conservare e riparare perché disegnato per durare a lungo. La batteria può essere facilmente sostituita e, una volta che il prodotto è arrivato a fine vita, lo speaker può essere smontato comodamente consentendo il riciclo e riutilizzo di materiali di alta qualità.
Tra gli esempi più virtuosi di riciclo spicca la tecnologia DraughtMaster di Gruppo Carlsberg che grazie a un rivoluzionario sistema di spillatura utilizza fusti in PET riciclabili invece dei tradizionali barili in acciaio. “In Italia, grazie a questa tecnologia, negli ultimi 10 anni sono stati risparmiati 77.455.078 kg di CO2 a favore dell’ambiente. Si tratta di un quantitativo enorme, pari alla CO2 assorbita in un anno da 3.098.203 alberi”, afferma Kaare Jessen, Managing Director di Carlsberg Italia. La birra si conserva inalterata fino a 31 giorni contro i circa 7 giorni di un fusto in acciaio, comportando un minore impatto ambientale rispetto all’acciaio, alle lattine e alle bottiglie di vetro. “Non hai bisogno di aggiungere CO2 come si faceva prima - continua Jessen – ed essendo 20 litri è molto più facile da trasportare”. Prima Carlsberg doveva inviare i fusti di acciaio a terzi per il lavaggio con sostanze chimiche e questo passaggio comportava un impatto ambientale considerevole.

Immagine: un'installazione al Materials Village