I sistemi di deposito (Deposit Return System - DRS) sono uno degli strumenti per dare piena applicazione al principio di Responsabilità Estesa del Produttore (EPR) sancito dalle direttive europee. La discussione sui sistemi di deposito però non è ancora cominciata in Italia. Per capire quali sono le opportunità dell’introduzione di sistemi di deposito per il riuso / riciclo in Italia e promuovere un dibattito sulla piena applicazione del principio di responsabilità estesa del produttore, Materia Rinnovabile ha intervistato vari esperti e chiesto loro di indicare quali sono alcune delle caratteristiche necessarie di un buon sistema di deposito DRS. Le loro risposte sono state raccolte in un’inchiesta in tre parti (leggi la prima puntata).
In questo secondo articolo sono stati raccolti i pareri di
Paolo Azzurro (esperto in gestione rifiuti), Filippo Montalbetti (vice presidente dell’ufficio rapporti governativi di TOMRA in Europa Centrale), Silvia Ricci (responsabile Economia Circolare per l’associazione Comuni Virtuosi), Enzo Favoino (ricercatore presso la Scuola Agraria del Parco di Monza) su quella che sarebbe la migliore organizzazione del sistema e su come dovrebbero essere distribuiti i costi di gestione.

Raccolta e gestione degli imballaggi: chi deve organizzarla?

I modelli di responsabilità estesa del produttore (EPR) e i sistemi di deposito (DRS) per il riuso / riciclo possono differire per molti aspetti organizzativi, tra cui il coinvolgimento o meno delle municipalità nella gestione e finanziamento della raccolta degli imballaggi. I sistemi di deposito possono essere organizzati attorno ad un operatore di sistema che oltre ad organizzare e gestire la raccolta degli imballaggi fissa anche il contributo EPR pagato dai produttori di imballaggi. Il sistema si finanzia attraverso diverse entrate: contributo EPR, vendita delle materie prime seconde, e cauzioni non riscosse. Allo stesso tempo, il sistema deve riconoscere una commissione di gestione per la distribuzione che ritira gli imballaggi vuoti.
Paolo Azzurro, esperto di gestione rifiuti: “Nel settore imballaggi, la Direttiva 852/2018 dispone che i requisiti minimi per i regimi EPR introdotti dalla Direttiva 851/2018 (cfr. nuovo art. 8-bis della Dir. 98/2008/CE) dovranno trovare concreta applicazione negli ordinamenti nazionali entro e non oltre la fine del 2024. Sul piano della responsabilità finanziaria, i produttori di imballaggi saranno tenuti a coprire integralmente (o in deroga almeno l’80%) i costi di raccolta differenziata dei rifiuti che derivano dagli imballaggi immessi sul mercato nonché i costi del loro successivo trasporto, compreso il trattamento necessario per raggiungere i target di riciclo fissati dal legislatore europeo, i costi necessari al raggiungimento di eventuali ulteriori obiettivi (es. obiettivi di riduzione, riutilizzo, contenuto di riciclato) stabiliti a livello nazionale, i costi di informazione e di raccolta e comunicazione dei dati. La nuova disciplina sulla responsabilità estesa del produttore pertanto, ha inteso delineare a livello europeo un quadro applicativo in cui i produttori si fanno carico per intero dei costi necessari al raggiungimento dei target fissati all’interno del regime EPR. Tale requisito, è da intendersi come requisito minimo, ben potendo il legislatore Nazionale prevedere che i produttori si facciano carico anche dei costi relativi alla gestione degli imballaggi che non vengono intercettati con la raccolta differenziata e vengono avviati a discarica o incenerimento.”
“L’introduzione di un sistema DRS sostanzia il principio della completa responsabilizzazione del produttore di imballaggi in relazione alla gestione dei propri prodotti a fine vita. – continua
Azzurro -Nei sistemi DRS, il produttore non solo si fa carico per intero degli oneri finanziari relativi all’intercettazione dei propri prodotti a fine vita (nei limiti dei target fissati dal legislatore), ma anche degli oneri organizzativi, ovvero della progettazione, implementazione e gestione del sistema di raccolta. Il ruolo dei Comuni sarebbe limitato a mio avviso all’identificazione, di concerto con le organizzazioni che per conto delle imprese assolvono agli obblighi in materia di EPR, dei luoghi dove installare i dispositivi di raccolta (le reverse vending machines) qualora tali luoghi siano su suolo pubblico, nonché agli aspetti legati all’acquisizione dei dati relativi ai flussi (che rimangono comunque rifiuti urbani) raccolti in maniera differenziata e avviati a riciclo.”
Filippo Montalbetti, vice presidente dell’ufficio rapporti governativi di TOMRA in Europa Centrale: “Dall’esperienza maturata nei paesi che operano con sistemi di deposito efficienti, credo che per l’Italia il modello di deposito DRS migliore sarebbe un sistema amministrato centralmente con ritorno al venditore (return-to-retail), in cui produttori di bevande – includendo in questa categoria anche le catene di grande distribuzione che producono le proprie marche di bevande - e rivenditori partecipano alla costituzione di un operatore di sistema no profit e ne finanziano il funzionamento. Una rappresentazione 50-50 tra produzione e distribuzione potrebbe avere senso perché all’interno di questa struttura amministrativa e operativa, le due parti possono trovare un tavolo negoziale che permetta loro di far funzionare il sistema al minor costo possibile con contributi EPR per i produttori che siano commisurati alle commissioni di gestione che devono essere corrisposte alla distribuzione per il ritiro degli imballaggi vuoti.”

Costi di gestione: a chi toccano?

L’introduzione di un sistema di deposito DRS per il riuso / riciclo dei contenitori per bevande farebbe cambiare i flussi di denaro che girano attorno alla raccolta e smaltimento dei rifiuti derivanti da questi imballaggi. Ma, come evidenzia lo studio EPR Imballaggi: la “copertura” dei costi pubblicato dal Laboratorio ricerche REF, entro il 2024 (termine previsto dalla Dir. 852/2018) la responsabilità finanziaria dei produttori dovrà riguardare il 100% dei costi efficienti di raccolta, trasporto, trattamento, informazione e comunicazione (in deroga almeno l'80%) per tutti gli imballaggi, indipendentemente dall’introduzione di sistemi di deposito. Trasporre nella legge italiana questa direttiva determinerà dei cambiamenti nei costi pagati e/o gestiti dai produttori, dal CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi) o dai sistemi autonomi come il CORIPET, dai comuni e dai cittadini.
Silvia Ricci, responsabile
Economia Circolare per Comuni Virtuosi: “A distanza di 24 anni dal decreto Ronchi che istituì il sistema CONAI-Consorzi di filiera degli imballaggi il mondo è cambiato. Prima i consumi avvenivano soprattutto dentro alle case, adesso non più. Questo nuovo scenario, che si evolve con i consumi sia nel settore della ristorazione che all'interno della case, impone un adattamento della gestione dei rifiuti urbani. Anche i pasti che consumiamo nelle case sono cambiati: c’è un maggior numero imballaggi, in parte dovuto all'aumento del consumo delle monoporzioni. Tutto ciò comporta delle sfide tecniche per la gestione dei rifiuti da imballaggi che porterà a un aumento dei loro costi di gestione. Molti dei regimi di EPR esistenti (Olanda, Belgio, Spagna) si sono più o meno velatamente opposti all’introduzione di sistemi di deposito DRS per il riuso/riciclo affermando di essere in grado di raggiungere obiettivi di raccolta e riciclo a minori costi nei termini di legge. Ma l’organizzazione di questi enti non risponde sempre alle richieste delle nuove direttive europee, che impongono degli obiettivi più sfidanti da raggiungere in tempi certi. Anche il sistema di raccolta differenziata in Italia così com'è organizzato non è in grado di raggiungere gli obiettivi europei a meno di non essere affiancato ad un sistema di deposito”.
“Avere
un sistema di deposito gestito dall'industria continua Ricci - libera spazio dalla raccolta dei rifiuti urbani, condizione che i comuni possono sfruttare per ottimizzare i servizi di raccolta e occuparsi di altri flussi di rifiuti che non sono attualmente gestiti. Per adempiere alle nuove direttive europee in termini di intercettazione e riciclo (è cambiata anche la metodologia di misurazione della percentuale di riciclo) anche il nostro sistema consortile CONAI dovrà rivedere l'entità dei contributi finanziari che corrisponde ai comuni attraverso l'accordo quadro ANCI-CONAI per finanziare la raccolta degli imballaggi, attualmente basato sulla responsabilità condivisa del produttore. Spiegato in parole semplici, il sistema di responsabilità condivisa attualmente in vigore corrisponde ai comuni dei contributi finanziari definiti “maggiori oneri” che coprono parzialmente quello che le amministrazioni spendono per la raccolta differenziata degli imballaggi. Con il recepimento degli articoli art. 8 e 8 bis e in particolare con l'obbligo di copertura integrale o almeno per l'80% dei costi dell'avvio a riciclo degli imballaggi, potrebbe addirittura risultare più vantaggioso per un produttore di bevande aderire ad un sistema di deposito che finanziare attraverso il CONAI la raccolta differenziata. È giunto il momento di fare valutazioni di sostenibilità economica e ambientale il più accurate possibili che stimino i costi dei vari scenari per non farci trovare impreparati.”

Con i sistemi di deposito DRS, meno rifiuti abbandonati e costi di gestione più bassi

Enzo Favoino, ricercatore presso la Scuola Agraria del Parco di Monza: “L’introduzione di uno o più sistemi di deposito DRS sarà favorevole per i comuni, che con i sistemi a regime si troveranno a pagare di meno. Oggi i costi di pulizia del littering sono in capo ai comuni. Se guardiamo all’esempio dei paesi baltici, vediamo che in Lettonia, dove non esiste un sistema di deposito cauzionale per i contenitori di bevande, ci sono tante bottiglie in giro. Invece, in Estonia dove esiste un sistema di deposito di bottiglie in giro non ce ne sono. Inoltre fino ad oggi la copertura dei costi di gestione da parte dei produttori è stata minima, e per la plastica il contributo unitario italiano è ridicolmente inferiore agli altri paesi europei. Ma la nuova direttiva UE 2018/851 sui rifiuti dice che i sistemi di EPR dei vari stati devono coprire il 100% dei costi (in deroga l’80%). Per questo motivo ci sarà una progressione del sistema di ecomodulazione dei contributi ambientali delle plastiche che sono richiesti da COREPLA, e in generale i produttori dovranno pagare di più per gli imballaggi meno facilmente riciclabili”.
Paolo Azzurro, esperto di gestione rifiuti: “In teoria, se con l’introduzione di sistemi di deposito diminuisce la quantità di rifiuti da gestire all’interno del servizio pubblico di raccolta, dovrebbero diminuire in prospettiva anche i relativi costi di gestione, inclusi costi per la raccolta e il trattamento dei rifiuti abbandonati o dispersi, il cosiddetto littering. Nel breve/medio periodo tuttavia, la riduzione dei rifiuti da gestire da parte del gestore (o dei gestori) del servizio integrato non avrà riflessi apprezzabili sui costi che i Comuni sostengono (e di conseguenza i cittadini e le imprese che producono rifiuti urbani tenuti al pagamento della Tariffa rifiuti). A prescindere da considerazioni legate ai complessi meccanismi della regolazione ARERA (in base alla quale il costo del servizio per l’anno “a” deve essere determinato sulla base dei costi effettivamente sostenuti nell’anno “a-2”, ovvero due anni prima), non vi è infatti una correlazione diretta tra costo del servizio e quantità di rifiuti prodotti, e spesso i contratti di servizio (tra Comune/Ente di governo d’ambito e Gestore) non prevedono la rimodulazione dei costi sulla base dei quantitativi di rifiuti effettivamente gestiti.”
Buona parte dei costi sostenuti dai gestori (e quindi dai Comuni) per il servizio integrato di gestione dei rifiuti sono di fatto “incomprimibili” nel breve/medio periodo, come è emerso durante il primo lockdown da COVID-19. Inoltre, i contenitori per liquidi alimentari (tipicamente le bottiglie in PET e le lattine in acciaio/alluminio) sono frazioni tipicamente valorizzate attraverso il circuito CONAI/Consorzi di filiera i cui ricavi vanno ripartiti secondo le regole ARERA tra Comune e gestore del servizio. In fase di prima applicazione pertanto, l’introduzione di sistemi DRS per contenitori per liquidi alimentari dovrebbe tener conto della necessità di adeguamento dei contratti di servizio al mutato “perimetro” gestionale. A regime tuttavia, ritengo che l’introduzione di sistemi DRS possa effettivamente portare, oltre a benefici di carattere ambientale, anche alla riduzione (se pure parziale e non proporzionale ai quantitativi intercettati) dei costi del servizio pubblico di gestione dei rifiuti urbani. Peraltro, nei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani, sono inclusi anche i costi di svuotamento dei cestini nonché i costi di raccolta e smaltimento dei rifiuti abbandonati che, come emerge dall’analisi di numerosi casi studio in cui sono stati implementati sistemi DRS, si riducono in maniera considerevole, in considerazione della minore propensione dei consumatori ad abbandonare rifiuti che presentano un valore economico non trascurabile, se correttamente conferiti.”

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