La modernizzazione subita e squilibrante da un lato, la rivendicazione di una violenza arcaica e sistematica dall’altro. Per il mondo islamico tra questi due estremi si profila una terza via, un percorso che tiene assieme la cura ambientale insegnata dal Corano e la possibilità di una rinascita culturale ed economica trainata dall’attenzione al recupero delle risorse, alla battaglia contro lo spreco, all’efficienza, alla stabilità sociale. La propone Yahya Sergio Pallavicini, vicepresidente della Coreis (Comunità religiosa islamica italiana) e presidente del Consiglio Isesco per l’educazione e la cultura in Occidente.

 

Lei parla di due estremi, ma l’espansione brutale dell’Is mostra una sintesi nascosta, una doppia verità ben raccontata in Nascita di un format, il documentario di Riccardo Mazzon, Antonio Albanese, Graziella Giangiulio realizzato esaminando due anni di filmati messi in rete delle milizie dalla bandiera nera. C’è un Califfato che vuole riportare l’orologio della storia a 1.400 anni fa cancellando il salto di sensibilità e di cultura compiuto dall’umanità in questi 14 secoli e ostentando il disprezzo per il mondo contemporaneo. E c’è un Califfato che utilizza tecniche di propaganda copiate dagli Stati Uniti e impiega più di un centinaio di esperti occidentali di comunicazione: l’essenza della modernità che lo Stato islamico dice di voler sopprimere.

“In ogni caso dal punto di vista teologico il Califfato non ha alcuna legittimità giuridica né spirituale”, risponde Pallavicini. “La parola ha la stessa radice di khilafa che vuol dire vicario, o custode. L’uomo è stato mandato sulla Terra per amministrare una proprietà che non è sua ma di Dio: è il vicario di Dio e il custode o l’amministratore della Terra. Questo è importante perché esclude la possibilità che l’uomo possa compiere azioni che danneggino un bene che non gli appartiene: se lo facesse verrebbe meno al suo compito”.

 

È un concetto molto simile a quello della Chiesa cattolica che pensa all’uomo come a un custode del creato.

“È vero. E direi di più: sulla questione ambientale si può registrare una convergenza di varie fedi e del mondo laico. Lo abbiamo fatto anche l’estate scorsa con la marcia organizzata a Roma per sollecitare la firma di un buon accordo alla conferenza Onu di Parigi di dicembre che discuterà del futuro climatico del nostro pianeta.”

 

Lei diceva che il Califfato non ha legittimità, ma i suoi vertici si richiamano alla tradizione.

“Questa tradizione va dai tempi del Profeta fino all’inizio del 20° secolo, fino alla Prima guerra mondiale. Con la dissoluzione dell’impero turco la coesistenza del potere spirituale e del potere temporale, per usare un termine che anche il mondo cattolico adopera, è venuta meno. E i saggi mussulmani hanno dichiarato definitivamente concluso il periodo del Califfato.”

 

C’è poi l’altro corno del problema: una parte importante del mondo islamico si sente oppressa da una modernizzazione che è piovuta dall’esterno e che in molti casi, invece di accelerare la formazione di una classe media, ha esasperato le differenze sociali. Inoltre questa modernizzazione forzata, in tutta l’area mediorientale, ha un protagonista indiscusso: il petrolio. Il suo uso, o meglio il suo abuso in termini di quantità, è conciliabile con la dottrina del Corano?

“Il mondo islamico tradizionale si è trovato impreparato di fronte alle conseguenze della modernizzazione accelerata a cui lei accennava. Il processo ha aperto contraddizioni che non si possono ignorare: ci sono generazioni nate con il rancore. Il potere del denaro ha prevalso sulla fede e ha creato un ambiente naturale assai poco vicino alle condizioni originarie della natura. Questo tipo di rivoluzione industriale ha avuto un’arroganza che occorre frenare sia per gli effetti sull’ambiente sia per quelli sulla società. Dobbiamo tornare all’insegnamento dell’uomo custode della Terra frenando il consumo delle risorse e tornando a vivere in maniera meno artificiale.”

 

Secondo lei i paesi arabi sono pronti a ridurre i consumi di petrolio? Qualche segnale in questa direzione c’è. Per esempio gli investimenti sul solare, risorsa abbondante a quelle latitudini, ed esperimenti pilota come la città di Masdar, un gioiello tecnologico green in costruzione a 17 chilometri da Abu Dhabi. Ma le trivelle non rallentano la presa.

“È vero, stiamo subendo i danni prodotti da un inaridimento delle coscienze e dall’aver dimenticato la nostra missione nel mondo. Tuttavia nella parte non araba del mondo musulmano, in cui vive la larga maggioranza dei fedeli, si può registrare una maggiore sensibilità e vicinanza alla natura. E d’altra parte anche in molti paesi cristiani l’ambiente ha subito colpi pesanti. Per questo è arrivato il momento di una grande alleanza delle fedi – le tre religioni monoteiste, l’induismo, il taoismo, il buddismo – a difesa del pianeta: un modello ecumenico a cui tutti possono aderire.”

 

Moschea di Abu Dhabi

 

 

Che ruolo può giocare l’Islam in questo dialogo?

“Un ruolo spero importante, con una spinta significativa che potrebbe venire dai mussulmani europei per delineare uno scenario in cui la modernità svolga un ruolo positivo. E in questo scenario la questione ambientale ha una funzione centrale.”

 

La questione ambientale è un’espressione che oggi ha bisogno di essere declinata. Alle dichiarazioni di principio devono accompagnarsi scelte concrete: sul tappeto ci sono scelte che non possono essere ulteriormente rimandate perché l’accelerazione del cambiamento climatico è incalzante. Si parla spesso di fonti rinnovabili e risparmio energetico, ed è un asse centrale della rivoluzione tecnologica e culturale che si sta avviando, ma occorre insistere anche sul recupero della materia, sulla necessità di porre un argine alle miniere che devastano metà pianeta riempendo l’altra metà di rifiuti ingombranti e spesso tossici. Nel Corano ci sono punti di riferimento per questa scommessa?

“Quando si parla di mondo islamico tutti hanno in mente le immagini verdeggianti del paradiso coranico, con l’abbondanza delle fonti che soddisfano la sete dei beati. L’acqua come elemento sacrale. Giusto. Ma pochi hanno presente che l’abluzione rituale che il buon mussulmano compie cinque volte al giorno, subito prima della preghiera, viene prescritta con una grande attenzione a evitare lo spreco anche di una sola goccia: una cura che risale direttamente all’insegnamento del Profeta. Le stesse regole valgono per il cibo: si deve mangiare non secondo la capacità, ma secondo il bisogno, riempendo lo spazio disponibile nello stomaco per un terzo di alimenti e per un terzo di acqua. Il terzo restante va lasciato vuoto. Sono insegnamenti mirati a evitare gli eccessi, a dare il senso della misura.”

 

Nell’epoca di formazione della fede islamica c’era il concetto di spreco, non quello di riciclo come problema: era una pratica ovvia. Oggi non è più così.

“Per i beduini non esisteva neanche lo spreco. Ogni cosa veniva riciclata. I minerali venivano usati e riusati per costruire armi, utensili, attrezzi per la pastorizia. Ogni fibra vegetale trovava una destinazione che mutava nel tempo fino all’usura completa degli oggetti. E il ciclo di vita delle piante, per esempio il sistema ulivo-olive-olio, aveva, e ha, un alto valore simbolico.”

 

La cultura che limita lo spreco è un cultura che conosce il senso del limite.

“‘Io posso’ non necessariamente deve diventare ‘io devo’: non è saggio tradurre in pratica tutte le opzioni possibili.”

 

Concludiamo questa conversazione con uno scambio. Io le ricordo un racconto popolare arabo che descrive la nascita della desertificazione, lei me ne offre uno che dia speranza. Ecco il mio. “All’inizio tutto il mondo era un giardino fiorito. Allah creando l’uomo gli disse: ‘Ogni volta che compirai una cattiva azione io farò cadere sulla terra un granellino di sabbia’. Ma gli uomini che erano malvagi non ci fecero caso. Che cosa avrebbero significato uno, cento, mille granellini di sabbia in un immenso giardino fiorito? Passarono gli anni e i peccati degli uomini aumentarono: torrenti di sabbia inondarono il mondo. Nacquero così i deserti, che di giorno in giorno diventarono sempre più grandi. Ancora oggi Allah ammonisce gli uomini dicendo loro ‘Non riducete il mio mondo fiorito in un immenso deserto’”.

“Bene. Ecco il mio: ‘Figli di Adamo! Indossate vesti splendenti in ogni luogo e occasione di preghiera: mangiate e bevete. Ma senza eccessi, perché Allah non ama chi spreca’. Buona giornata!”

 

 

Stato Islamico: nascita di un format, documentario di Riccardo Mazzon, Antonio Albanese, Graziella Giangiulio (Todos Contentos Y Yo Tambien e Magnolia)