Si apre oggi 4 settembre il primo Africa Climate Summit. Convocato dall’Unione Africana e ospitato dalla Repubblica del Kenya nella capitale Nairobi, il vertice punta a far convergere in tre giorni le diplomazie del continente intorno all’urgenza dell’azione per il clima e a trovare accordi multilaterali in materia di finanza climatica.

“Vogliamo iniziare a cambiare il discorso rispetto all'Africa vittima di fame, carestie e inondazioni", ha dichiarato la Ministra keniota dell'Ambiente Soipan Tuya a pochi giorni dal summit. "La nuova narrazione dovrebbe essere quella di un'Africa disposta e pronta ad attrarre capitali in maniera tempestiva, equa e su larga scala per guidare il mondo nell'affrontare il cambiamento climatico". Sono centinaia i milioni di dollari di investimenti, pubblici e privati, attesi dagli organizzatori. Risorse da indirizzare principalmente a soluzioni basate su natura, energia pulita e adattamento al cambiamento climatico.

Finanza quindi sempre più nodo da sciogliere, ma anche fil rouge nelle agende diplomatiche in vista della COP28 di Dubai di fine novembre. ll primo Africa Climate Summit – che vede la partecipazione di oltre 20 capi di Stato e di governo africani, 20 mila delegati e del Segretario Generale del’ONU Antonio Guterres – si tiene infatti a pochi giorni della conclusione dei lavori della 19ª sessione ordinaria della African Ministerial Conference on the Enviroment (AMCEN), ospitata in Etiopia dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP). Vertice che il 18 agosto scorso ha portato 54 Paesi a firmare la Addis Abeba Declaration. Ci sarà continuità di intenti nella dichiarazione finale dell’Africa Climate Summit prevista per il 6 settembre?

Africa Climate Summit 2023, messaggio unificato: finanza per il clima

“L’Africa Climate Summit rappresenta un momento cruciale per il continente e segna la convergenza dei leader africani e degli stakeholder impegnati ad affrontare la crescente crisi climatica”, spiega a Materia Rinnovabile Ali Mohamed, inviato speciale per il Clima del Kenya.

Secondo un report di Climate Policy Initiative pubblicato a settembre 2022, per attuare i propri Contributi nazionali volontari (NDC) e raggiungere i propri obiettivi al 2030, il continente africano avrebbe bisogno di 277 miliardi di dollari l’anno. Flussi annuali che però sono fermi a soli 30 miliardi di dollari. Colpa anche del settore privato, che in Africa ha contribuito solo al 14% (4,2 miliardi di dollari) del totale, investendo soprattutto in progetti di mitigazione (81%).

Gli obiettivi del primo Africa Climate Summit

“L'evento è destinato a rispondere a molteplici aspettative”, continua Mohamed. “In primo luogo, il summit mira a galvanizzare le nazioni africane per formare un fronte unito nell'affrontare il cambiamento climatico, come sarà evidenziato dalla African Leaders Nairobi Declaration on Green Growth and Climate Finance Solutions. Questo impegno consolidato risuonerà con urgenza e determinazione, facendo effettivamente eco alle preoccupazioni e alle aspirazioni dell'Africa sulla scena globale.

Il summit ha inoltre il potenziale per amplificare la voce collettiva del continente, sostanziando così un messaggio unitario che risuona ben oltre i suoi confini. L'accento potrebbe essere posto su un impegno condiviso per obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni, sforzi di adattamento accelerati e meccanismi di finanziamento del clima potenziati. Questo messaggio sottolineerà la disponibilità dell'Africa ad affrontare in modo collaborativo la crisi climatica, insistendo al contempo su un'equa ripartizione degli oneri nello sforzo globale.”

Addis Abeba Declaration

L’Africa Climate Summit sarà incentrato sugli imperativi dello sviluppo sostenibile, dell'equa allocazione delle risorse e della maggiore resilienza al clima. Tre dimensioni di intenti ‒ ambientali, economici e sociali – che emergono anche dalla lettura (per ora disponibile in bozza) della Addis Abeba Declaration.

“La Dichiarazione di Addis Abeba riguarda cinque aspetti in cui l’Africa può trasformare sfide ambientali in opportunità: materie plastiche, cambiamento climatico, sostanze chimiche. Oltre a garantire che il continente sia in grado di sfruttare a proprio vantaggio la questione dei critical raw materials per favorire un percorso di sviluppo a basse emissioni e fare in modo che l’Africa abbia la priorità sul tema dell’adattamento, ottenendo finanziamenti adeguati”, commenta alla nostra rivista Richard Munang, Deputy Regional Director di UNEP Africa Office.

Verso la COP28 di Dubai

Tuttavia i 54 Paesi firmatari non hanno ribadito solo l’impegno nelle negoziazioni per un Trattato globale sulla plastica e nei preparativi per la Conferenza delle parti della Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta contro la desertificazione e per la Conferenza internazionale sulla gestione delle sostanze chimiche. Nel testo si legge infatti un’aspettativa ben chiara: il lancio definitivo del Loss and Damage Fund (il fondo per perdite e danni subiti in conseguenza dei cambiamenti climatici) durante la prossima COP28, “attraverso la previsione di ulteriori risorse finanziarie da parte dei Paesi sviluppati e l'identificazione di nuove fonti”.

Nella Addis Abeba Declaration non manca poi il riferimento al Global biodiversity framework siglato durante l’ultima COP15 e l’impegno a tradurne il mandato a livello nazionale, garantire che il deficit di finanziamenti per la biodiversità (pari a 700 miliardi di dollari all'anno) venga colmato completamente e che i flussi finanziari internazionali ai Paesi in via di sviluppo siano aumentati ad almeno 20 miliardi di dollari all'anno entro il 2025, fino ad arrivare a 100 miliardi di dollari all'anno.

Biodiversità e CO₂

Infine, nel testo i ministri hanno accolto con favore l'iniziativa della Repubblica del Congo di organizzare a Brazzaville il Three Basins Summit. Il vertice riunirà i Paesi dell'Amazzonia, il bacino del Congo e il Sud-Est asiatico che insieme rappresentano l'80% delle foreste tropicali del mondo e due terzi della biodiversità terrestre. Uno dei principali obiettivi dei Paesi africani in vista della COP28 di Dubai – dove si dovrebbe finalizzare anche il Global Stocktake, il processo di revisione volto alla valutazione dell'andamento e dell'attuazione dell'Accordo di Parigi ‒ è infatti ottenere il riconoscimento del bacino forestale del Congo come una regione chiave per l’assorbimento di CO.

“La discussione non verterà solo su come questi diversi bacini in diverse parti del mondo possano essere gestiti meglio per garantire che le foreste siano intatte e per sequestrare il carbonio. Il focus sarà anche dal punto di vista dei finanziamenti per ripristinare e preservare continuamente queste foreste in modo che possano fornire servizi alla comunità globale con continuità”, conclude Munang. “Dal mio punto di vista, durante la prossima COP28 penso che la discussione dovrà spostarsi dalla narrativa dei finanziamenti e della mitigazione, per iniziare a parlare dei servizi che la natura fornisce e che sono strumentali all'adattamento”.

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Immagine: Murad Swaleh, Unsplash