Come membro dell’EESC, Peter Schmidt si è creato – grazie all’esperienza diretta – un’idea di come il cibo possa assumere un ruolo primario nel raggiungimento degli obiettivi legati alla sostenibilità e di come questo ruolo sia influenzato da normative, politiche e pratiche delle aziende multinazionali. Di fatto l’attuale sistema alimentare ha distorto il valore del cibo permettendo al grande business di fare enormi profitti a spese degli agricoltori europei che fanno affidamento su 60 miliardi di euro l’anno in sussidi pagati dai contribuenti europei. Una politica alimentare onnicomprensiva che regolamenti il sistema alimentare secondo i principi dell’economia circolare ed educhi i consumatori al reale valore del cibo, sarà funzionale alla creazione di un approccio alla produzione e al consumo di cibo più equo e rispettoso dell’ambiente.

 

Quanto sarà importante per l’Europa concentrarsi su una strategia economica circolare riguardo al cibo?

“È fondamentale per l’implementazione dell’Agenda 2030 dato che il cibo è legato ad almeno 12 Obiettivi di sviluppo sostenibile. Se non arriveremo a un approccio onnicomprensivo riguardo alla produzione e al consumo di cibo credo che non raggiungeremo gli obiettivi dell’Agenda 2030. L’Europa deve diventare un’apripista in questo processo. Come abbiamo recentemente sentito dal vicepresidente Timmermans, tutto il mondo ha gli occhi puntati sull’Europa e non solo a causa delle elezioni europee, ma anche per quello che sarà fatto per contrastare i cambiamenti climatici e per come svilupperà il suo modello sociale. Quindi una strategia in tema di economia circolare è fondamentale.”

 

Attualmente all’Europa manca una strategia generale riguardo al cibo. È necessaria?

“Stiamo cominciando a svilupparne una proprio ora. Come rappresentanza dello European Economic and Social Committee, abbiamo chiesto una politica alimentare onnicomprensiva che non sia completamente racchiusa nella Politica agricola comune. Sebbene le due siano collegate, a Bruxelles i decisori politici sono molto concentrati sulla Politica agricola comune. Ciò è comprensibile poiché riguarda circa 60 miliardi di euro distribuiti sul territorio europeo per alleggerire l’attuale situazione in cui si trovano gli agricoltori. Però ora politici, istituzioni e organizzazioni si stanno rendendo conto che la politica agricola è direttamente collegata a una politica a più ampio raggio, ovvero una politica alimentare onnicomprensiva. È una parte di essa. Per esempio, nel documento Verso un’Europa sostenibile entro il 2030 pubblicato il 13 gennaio, vediamo che per la prima volta la Commissione parla di una politica alimentare onnicomprensiva. Quindi, per poter implementare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile, i membri della commissione si sono resi conto che abbiamo bisogno di una politica onnicomprensiva, o quantomeno di una politica alimentare.”

 

Questo comporterà l’implementazione di un’economia circolare riguardo al cibo?

“Si, naturalmente, altrimenti non si può pensare in termini di approccio onnicomprensivo. Dobbiamo rendere la produzione circolare a tutti i livelli. Dalle fattorie, alla lavorazione, al trasporto e vendita al dettaglio; tutto deve basarsi su una logica circolare. Per esempio un caseificio che produce 300.000 litri di latte al giorno ha una produzione di acque grigie paragonabile a quella di una città con 60/70.000 abitanti. Mettere insieme tutto questo porterà a un accorciamento della catena di rifornimento. Negli ultimi decenni abbiamo sviluppato una catena di rifornimento sempre più globale che deve essere accorciata. Adesso la logica è questa. Se non lo facciamo non possiamo diventare circolari. Il sistema alimentare ha un enorme impatto nella lotta contro i cambiamenti climatici e possiede anche il potenziale per creare occupazione locale, che in futuro dovrà essere retribuita meglio e garantire condizioni di lavoro migliori.”

 

Attualmente l’Unione europea sta dando miliardi di euro agli agricoltori perché i prodotti alimentari hanno prezzi molto bassi. È possibile che una produzione di cibo specializzata contribuisca a stabilizzare la loro situazione finanziaria?

“Sì, è dimostrato che più gli agricoltori coltivano con l’agricoltura biologica e più sono alti i ritorni sugli investimenti. Però c’è anche un cambiamento nella mentalità dei consumatori. Guardando agli ultimi 10/15 anni vediamo uno sviluppo enorme: 10/15 anni fa i prodotti da agricoltura biologica erano di nicchia mentre oggi lo sono sempre meno. La produzione biologica è conseguenza logica del pensiero circolare ma dobbiamo vedere quali sono le decisioni politiche dietro questo processo, dal momento che solo i prodotti di nicchia da agricoltura biologica vengono pagati adeguatamente.”

 

Pensa che ci sia uno squilibrio nelle strutture di potere che regolano la produzione di cibo?

“Credo che i 60 miliardi di euro in sussidi erogati agli agricoltori rivelano un processo ridicolo a cui stiamo partecipando. Non è un attacco agli agricoltori; gli agricoltori hanno bisogno di questi aiuti finanziari dato che sono schiacciati dalle grandi multinazionali da un lato e dai settori della vendita al dettaglio e della lavorazione dall’altro. Ciò che è ridicolo è che nessuno metta in discussione i margini di profitto delle multinazionali. Hanno dei profitti del 20% (da quanto sappiamo) e vogliono guadagnare ancora di più. Eppure allo stesso tempo diamo 60 miliardi di euro agli agricoltori per alleggerire la loro situazione. Questo è ridicolo. Significa che i contribuenti pagano i guadagni delle multinazionali. Bisogna discuterne a livello politico. I contribuenti devono ribellarsi a questo sistema e considerare responsabili i decisori politici.”

 

Come possiamo migliorare questa situazione?

“Uno dei primi passi intrapresi dall’EESC, e seguito dalla CE, è stato di chiedere una catena di rifornimento più equa nel settore alimentare. Le pratiche commerciali ingiuste nella catena di rifornimento devono essere fermate. Così abbiamo creato un elenco e ora la commissione agisce in base a questo elenco. Questo comprende la regolamentazione della catena di rifornimento alimentare, che – sebbene insufficiente – rappresenta il primo passo verso la regolamentazione dei mercati, e l’abbandono dell’ossessione per un approccio deregolamentato libero ai mercati. La commissione si è resa conto che ci serve una normativa per ottenere l’equità nella catena di rifornimento e quindi prezzi più equi per gli agricoltori.”

 

Il settore agricolo genera una grande quantità di scarti e sottoprodotti. Però questi non sono stati resi redditizi in modo sistematico. L’utilizzo degli scarti e dei sottoprodotti agricoli potrebbe contribuire a creare ulteriori introiti per gli agricoltori?

“Non mi sembra un ragionamento del tutto logico. E, cosa più importante, la maggior parte degli scarti non è prodotta dagli agricoltori. La maggior parte degli sprechi si verifica sul lato dei consumatori, e non nei settori della produzione e della lavorazione che sono ben organizzati. Sebbene bisogna distinguere di che tipo di scarti ci riferiamo, n generale, secondo le stime, circa il 30% della produzione totale di cibo viene sprecato. Credo che sia illogico pensare di creare prodotti innovativi ricavati dai rifiuti alimentari. Il primo passo logico sarebbe quello di ridurre la produzione totale di cibo. Nello stesso tempo dobbiamo tenere presente che negli anni a venire la popolazione mondiale sarà di circa 9/10 miliardi di persone. Quindi la domanda giusta da porsi è come produrre cibo in maniera onnicomprensiva e circolare, in modo da contrastare anche i cambiamenti climatici. Se usiamo semplicemente questi rifiuti per creare e organizzare altri materiali, non facciamo niente per combattere i cambiamenti climatici; stiamo semplicemente utilizzando più suolo e distruggendo ulteriormente l’ambiente. Di fatto, per proteggere l’ambiente dobbiamo ridurre la produzione per ettaro. Questa è la logica. Avere un approccio onnicomprensivo porterebbe esattamente a questa conclusione invece di cercare sistemi per fare guadagnare di più agli agricoltori. Quello di cui abbiamo davvero bisogno è che gli agricoltori vengano pagati adeguatamente per ciò che producono.”

 

Pensa che il modo in cui stabiliamo il prezzo dei prodotti alimentari possa contribuire a creare un sistema alimentare circolare?

“Paragoniamo il prezzo di un litro di latte a quello di un litro di Coca-Cola. In molti casi la bibita è molto più costosa del latte che compriamo al supermercato. Possiamo immaginare che produrre latte sia parecchio più complesso rispetto a produrre Coca-Cola: arrivare dalla fattoria e venderlo a fine giornata al supermercato non è cosa semplice. C’è illogicità nello stabilire i prezzi. E la seconda cosa è che tutti i costi aggiuntivi non sono compresi nel prezzo, ma ricadono semplicemente sugli agricoltori. Ecco perché dobbiamo trovare un modo per comunicare quello che è chiaro per noi dell’EESC: il cibo costa troppo poco e il valore del cibo non viene considerato nella maniera giusta. Il valore del cibo non può essere paragonato a quello di uno pneumatico per automobile o di uno smartphone perché rappresenta un processo continuo. In Germania abbiamo un’espressione che rende bene l’idea, diciamo Lebensmittel, che significa ‘beni vitali’. Nessuno può sopravvivere senza cibo e senza un regime alimentare, ed è per questo che dobbiamo rendere le persone consapevoli del valore del cibo al fine di creare politiche alimentari onnicomprensive che rappresentano una parte essenziale del processo.”

 

L’acqua è un altro fattore importante. Cibo e acqua sono strettamente legati. Cosa si può fare per rendere più circolare l’uso dell’acqua?

“Questo non è un problema che riguarda solo il settore agricolo, ma anche le aree urbane. Abbiamo perso la capacità di pensare a lungo termine quando costruiamo infrastrutture. Le politiche degli ultimi decenni hanno creato una situazione in cui le municipalità hanno smesso di investire nelle loro infrastrutture, e una parte cruciale delle infrastrutture è rappresentata dal sistema idrico. Ci servono infrastrutture solide e molto durature. Abbiamo rinunciato alla pianificazione a lungo termine e ciò causa grandi perdite di acqua. E questo mi riporta al problema della circolarità. Dobbiamo pensare in maniera circolare in tutti i settori, cosa che richiede enormi investimenti e normative, come pure decisioni coraggiose da parte dei politici. Questo implica anche che si parli della distribuzione della ricchezza nella nostra società: è necessario un dibattito che coinvolga tutta la società su come viene distribuita la ricchezza che produciamo, soprattutto perché viviamo nella società più ricca mai esistita.” 

 

European Economic and Social Committee, www.eesc.europa.eu

Verso un’Europa sostenibile entro il 2030https://ec.europa.eu/commission/publications/reflection-paper-towards-sustainable-europe-2030_it

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