L’economia circolare fa tendenza e scala le vette dell’alta moda. Gucci ne è un esempio, brand impegnato a investire in design circolare e agricoltura rigenerativa. I must have di una nuova stagione lunga quanto la crisi ambientale. Ma andiamo con ordine.
Quella della moda è una delle industrie più impattanti del Pianeta, e questa non è una novità. Da sempre il settore del fashion segue un modello economico lineare, che inizia con l’impiego di materiali vergini, procede con lavorazioni e trattamenti inquinanti e termina immettendo nel mercato un capo d’abbigliamento che, a fine vita, verrà buttato.
Una produzione mastodontica che da sola è responsabile almeno del 4% delle emissioni globali annuali di carbonio in tutto il mondo, del 35% di microplastiche presenti nell’oceano e del 20% dell’inquinamento idrico industriale (come evidenzia una ricerca del 2020 su Nature reviews Earth and environment).
In un modo dai limiti bio-geofisici sempre più evidenti, questo sistema non è più ammissibile. Ma in che modo è possibile invertire la rotta di milioni di aziende? Come fare per curvare un modello economico così radicato fino a raggiungere una circolarità funzionante?
Trattandosi di moda, si potrebbe dire che sono proprio le grandi maison a giocare un ruolo importante, capaci di dare l’esempio e genere tendenza – così come succede con i capi di punta di ogni nuova collezione - con effetti a cascata su tutte le case minori e concorrenti. Se negli ultimi anni abbiamo assistito a numerose iniziative dal basso (fra valorizzazione del second hand, vintage e noleggio di abiti), per scuotere il sistema serve una risposta anche dai piani alti. In questo caso, dall’alta moda.

Una House of Gucci circolare

Consapevole di dover ripensare il proprio modello di produzione e consumo, da qualche anno Gucci ha aggiustato il tiro grazie a una strategia di sostenibilità ambientale fortemente orientata alla circolarità.
In occasione della pubblicazione del suo secondo report di sostenibilità, il Gucci Equilibrium Impact Report 2021, la maison nostrana ha infatti annunciato una partnership strategica con la Ellen MacArthur Foundation, ente benefico di riferimento del settore. Gucci è così il primo grande marchio di lusso a diventare partner della fondazione, con l’obiettivo specifico di ampliare il proprio sguardo in materia di economia circolare e costruire una strategia efficace monitorata passo per passo.
Unendo gli sforzi, spiega Andrew Morlet, CEO della Ellen MacArthur Foundation, è possibile “sviluppare soluzioni innovative capaci di guidare il settore verso una moda progettata per essere usata più a lungo, fatta per essere rigenerata e realizzata con materiali sicuri, riciclati o rinnovabili. La transizione verso un'economia circolare e rigenerativa nella moda può contribuire ad affrontare le cause alla base di sfide globali quali l'inquinamento, il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità".
Ma come si costruisce una strategia efficace? Secondo Gucci l’errore da evitare è pensare che la circolarità riguardi solo il fine vita di un prodotto, ovvero il modo in cui viene smaltito, riciclato o rigenerato. L’anello che tiene unita la catena circolare è la fase iniziale di produzione e, di conseguenza, l’approvvigionamento delle materie. E, nel caso dell’industria tessile, tutto questo ha a che fare con la rigenerazione ancor prima che con il design del prodotto, il riuso o il successivo riciclo.

Rigenerare anziché consumare

Non solo qualità dell’aria e consumo d’acqua. L’industria del fashion impatta enormemente anche sulla salute del suolo, impoverendolo. Coltivazioni intensive di piante tessili, infatti, portano a una degradazione progressiva dei terreni. La monocoltura del cotone, per esempio, occupa il 2,5% dei terreni arabili in tutto il mondo, ed è una delle coltivazioni più impattati per l’uso aggressivo delle sostanze chimiche e gli alti consumi idrici.
Allora ecco perché l’agricoltura rigenerativa dovrebbe diventare prassi per chi attinge alle materie prime date dal suolo. Si tratta di un metodo di coltivazione che rallenta i ritmi innaturali delle monocolture intensive e dà priorità alle rotazioni e alla diversità delle piante, in grado di rigenerare e ricostituire il terreno e preservare la biodiversità. Un modo per prendersi cura delle risorse naturali, preservandone la salute e la continuità nel tempo. Dare anziché esaurire.
Già dal 2020 Gucci ha intrapreso un percorso di sperimentazione nell’ambito della rigenerazione delle risorse naturali, dai terreni agli animali. Emblematica è la collezione “Off The Grid”, fatta di capi e accessori realizzati con materiali riciclati, biologici e organici. Fra questi anche un nylon speciale ricavato da reti da pesca e altri materiali di scarto e un nuovo tipo di pelle animal-free realizzata con polpa di legno e poliuretano a base biologica. A queste iniziative si affianca anche un programma di rigenerazione della lana in Patagonia e del cotone in Uruguay.
L’agricoltura rigenerativa è uno dei due pilastri della strategia di sostenibilità avviata da Gucci. Il secondo è il design circolare, ovvero disegnare il prodotto facendo sì che tutti i tessuti (ed eventuali applicazioni e dettagli) possano essere un giorno riutilizzati, anziché inceneriti. Un punto che riguarda l’intero settore e su cui Gucci e colleghi stanno riflettendo.
Per il momento, per assicurare la circolarità di un capo, è bene puntare sul riuso anziché sul riciclo. Cercando di garantire una seconda (e perché no, anche una terza e una quarta) vita a queste creazioni, che siano di alta moda, sartoria o fast fashion.

Immagine: Riki Ramdani (Unsplash)