In forma di gas l’idrogeno è una molecola piccola e leggera, caratterizzata da un’elevata capacità di fuga che complica il suo trasporto. Così un team internazionale composto da ricercatori dell’Università di Trieste si è chiesto se fosse possibile produrre una forma di idrogeno rinnovabile, disponibile dove serve, e al contempo facilmente trasportabile. Nata da un progetto bilaterale con la Cina e finanziata in parte dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale italiano, la squadra di scienziati ha rilevato un processo innovativo di trasformazione di biomasse in vettori organici liquidi di idrogeno.

Come si trasformano le biomasse in idrogeno

Gli ingredienti del processo sono biomasse, acqua, luce, e opportuni catalizzatori che, assorbendo la luce, provocano trasformazioni chimiche – ci spiega con parole semplici Paolo Fornasiero, professore ordinario di chimica generale e inorganica dell’Università di Trieste - Dopo aver mescolato tutto con qualche pre-trattamento della biomassa, otteniamo dei liquidi organici (come l’acido formico e l’aldeide formica), che, possono essere facilmente trasportati e al bisogno, per semplice riscaldamento blando o sotto illuminazione si decompongono e rilasciano idrogeno”.
Lo stoccaggio di idrogeno puro in forma liquida è un metodo già utilizzato, ma che presenta molteplici criticità economiche e gestionali, mentre l’utilizzo di liquidi organici come vettori di idrogeno è oggetto di lavori di ricerca in vari importanti centri internazionali. Lo studio per la prima volta prevede di utilizzare esclusivamente un input energetico che viene dalla luce e nel frattempo valorizzare biomasse di scarto. Il tutto con un approccio circolare.

Le biomasse, inclusi i residui agricoli e gli scarti forestali – ha dichiarato Feng Wang, professore al Dalian Institute of Chemical Physics - rappresentano una grande opportunità per la transizione energetica in quanto possono essere trasformate anche in idrogeno, a patto di possedere tecnologie di trasformazione sufficientemente efficaci. Mentre i processi termici sono rapidi ma energivori, quelli biotecnologici possono essere lenti e occupare volumi importanti. I processi fotocatalitici che sfruttano la luce fino ad oggi si sono dimostrati ancora poco efficienti e non risultano sempre sostenibili”.
Il professor Wang per processi fotocatalici fa riferimento a trasformazioni chimiche condotte attraverso l’uso di catalizzatori. “In questo caso sono degli ossidi metallici che assorbono la luce per far avvenire delle trasformazioni chimiche, in particolare per convertire le biomasse in prodotti liquidi organici, facilmente trasportabili e che ci permettono di rilasciare l'idrogeno dove e quando serve”, aggiunge il professor Tiziano Montini, co-firmatario dello studio assieme a Fornasiero.

La ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Joule – Cell Press, può rappresentare un tassello importante per la creazione di comunità energetiche rinnovabili ed integrate all’interno delle nascenti Hydrogen Valley. Dal momento che lo studio è pionieristico, il professor Fornasiero rimane prudente sul quando tali vettori organici liquidi di idrogeno potranno essere messi in commercio. “Tutto dipenderà dai finanziamenti, ma i significativi fondi del PNRR destinati all’idrogeno fanno ben sperare. Credo sia importante continuare a studiare parallelamente diverse opzioni sulla produzione, trasporto e stoccaggio di idrogeno”.

Idrogeno liquido o gassoso

La creazione di infrastrutture per il trasporto specifico di idrogeno gassoso richiede tempi e costi rilevanti. C’è ovviamente la possibilità di utilizzare i metanodotti esistenti per un parziale trasporto dell’idrogeno, almeno in miscele gassose con il metano, ma ci sono da superare i test di sicurezza connessi all’elevata capacità di fuga dell’idrogeno in stato gassoso. Inoltre va valutata la rilevanza economica ed energetica di diluire il contenuto energetico in volume diluendo il metano con l’idrogeno. Ecco perché grande attenzione viene oggi dedicata ai cosiddetti vettori organici liquidi di idrogeno.

Avendo un volume molto più piccolo, l’idrogeno puro in forma liquida potrebbe apparire più conveniente da trasportare, ma presenta anch’esso delle problematiche. “Deve essere tenuto a temperature molto basse (-253°C). Oltre ai costi energetici di raffreddamento e di mantenimento, il freddo rende più fragili i metalli delle tubature e dei container e rendendo necessariamente più costosa e complessa la gestione dei liquidi criogenici. Si può fare ma comporta dei costi”. commenta Fornasiero.

Le nuove regole sull’idrogeno verde della Commissione europea

Del trasporto di idrogeno si è occupata anche la Commissione europea che ha recentemente proposto due atti delegati per stabilire la definizione di idrogeno rinnovabile.
Per il primo atto Bruxelles ha pensato a criteri di correlazione geografica e temporale in cui viene stabilito che l’idrogeno, per essere verde, deve provenire energia elettrica rinnovabile se generata allo stesso momento e nella stessa zona in cui avviene la produzione del carburante.
In sostanza si vuole
garantire che l’idrogeno sia prodotto solo dove e quando è disponibile sufficiente energia rinnovabile, questo per evitare costosi ed inefficienti trasporti. Secondo questo criterio, un produttore spagnolo, ad esempio, non potrà dichiarare che il suo idrogeno è rinnovabile se l’elettricità utilizzata per produrlo proviene dalla Svezia. In linea di principio, la Commissione europea si aspetta che i criteri di correlazione spazio-tempo diventino irrilevanti una volta che il 90% della produzione di elettricità di un determinato Paese provenga da fonti rinnovabili-

Un altro requisito è che, entro il 2028, i produttori di idrogeno dovranno dimostrare che i loro sistemi di elettrolisi sono collegati a impianti per la produzione di energia rinnovabile di recente costruzione e non più vecchi di 36 mesi.
A Bruxelles è stata soprattutto la Francia ad aver ottenuto una vittoria significativa in termini di politica energetica. Dal momento che
sarà idrogeno verde anche quello ricavato da fonti “a zero emissioni” ma non rinnovabili come l’energia nucleare, Parigi non si dovrà preoccupare dei requisiti geografici.
Gli atti delegati proposti fanno parte della
Renewable Energy Directive e per entrare in vigore dovranno passare dal Parlamento e dal consiglio europea, che avranno due mesi per decidere.

Immagine: Envato Elements