Il dato è ricchezza, così recita il mantra del mondo dell’information technology. Oggi però il dato è anche salvezza. Con il complessificarsi della crisi climatica, capire e conoscere le trasformazioni del clima, in termini di temperature, precipitazioni, aree esposte a rischio, innevamento, evapotraspirazione e via dicendo, diventa fondamentale. Non solo per conoscere l’evoluzione dei fenomeni, ma anche per adattarsi e prepararsi agli impatti più rilevanti.

In Italia da anni la Fondazione CMCC - Centro EuroMediterraneo sui Cambiamenti Climatici rende disponibili i dati prodotti e utilizzati dalle proprie attività di ricerca attraverso il Data Delivery System (dds.cmcc.it) e quindi ne facilita la diffusione e l'utilizzo da parte dei diversi utenti interessati. Ora però c’è una novità che è un vero game changer: un nuovo set di dati climatici con una precisione di 8 km prodotti al pixel generati dal CMCC su tutto il territorio italiano.

30 anni di clima italiano in un dataset

Il set è stato realizzato attraverso simulazioni con il modello climatico regionale COSMO-CLM sviluppato dalla divisione REMHI – Modelli Regionali e Impatti Geo-Idrologici, utilizzando un’area di 8 chilometri per lato.

I dati disponibili includono dati climatici storici (1979/2005) e futuri (2006/2100) negli scenari RCP4.5 e RCP8.5 che saranno di grande utilità per decisori pubblici, aziende private e ricercatori”, spiega Paola Mercogliano, direttore della divisione REMHI del CMCC. “Abbiamo anche reso disponibile, sulla stessa piattaforma, una nuova analisi con risoluzione ancora più fina, 2,2 km x 2,2 km per fornire un dataset molto dettagliato e completo di dati climatologici degli ultimi 30 anni”. Questo secondo dataset è il risultato di uno studio precedentemente pubblicato condotto nell'ambito del progetto Highlander – Calcolo ad alte prestazioni a supporto dei servizi smart land. Tutti questi dati saranno disponibili sul sito web del progetto.

Conoscere i rischi e lavorare sull’adattamento

Fino a pochi anni fa era impossibile avere informazioni a scala locale, oggi invece per la prima volta amministratori pubblici, policy maker ma anche aziende private possono fare analisi sul presente e sul futuro, con una granatura dell’informazione molto fina.
Sono dati che
abilitano effettivamente le politiche di adattamento, specie ora che il governo è in dirittura di arrivo nell’approvazione del piano di adattamento ai cambiamenti climatici avendo dato appena avvio alle attività di consultazione. “Questa tipologia di dati serve a fare pianificazione a livello locale per studiare come raffrescare le aree urbane, quali sono le zone più esposte a siccità, eccetera”, spiega Marta Ellena, della divisione REMHI del CMCC. “I dati della simulazione di 8 km possono ora essere scaricati gratuitamente dal CMCC Data Delivery System e speriamo che vengano ampiamente utilizzati dalla comunità per molti diversi tipi di studi sull'Italia", aggiunge Ellena.

Gli impieghi possono essere molteplici, ad esempio per il settore real estate. In futuro potremo fare valutazioni sui valori immobiliari reali capendo quali sono le aree meno esposte al cambiamento climatico. Nelle zone di bassa pianura si rischiano siccità e temperature estreme? Meglio investire in valli minori a media quota. Per le assicurazioni questo tipo di informazione permette di capire come evolverà il rischio climatico e adattare le proprie polizze e i premi in base alle informazioni inferite, in base all’esposizione alle ondate di calore, alle precipitazioni intense, alla siccità, a venti intensi.

Abbiamo già sviluppato un prodotto con Leithà del gruppo Unipol che si chiama E3CI – spiega ancora Marta Ellena – che va a valutare il pericolo climatico in varie zone d’Italia e su questo determina i premi assicurativi, che vanno ad accrescersi proprio in base alla probabilità e occorrenza di rischio”. Un tema molto importante per grandi gestori di infrastrutture come Terna o RFI che sapendo dell’esposizione di rischio decidono di avere assicurazioni più consistenti su quelle proprietà più vulnerabili.
Il tema in fondo è questo:
conoscere i rischi e lavorare sull’adattamento può essere vantaggioso. E lo Stato deve essere il primo soggetto a mettere a terra questa filosofia. Soprattutto oggi che ci sono dati di grande qualità e precisione.

Immagine: Matt Plamer (Unsplash)