La bioeconomia in Italia vale 415,3 miliardi di euro e dà lavoro a quasi 2 milioni di persone.
È la fotografia riferita al 2022 emersa del IX Rapporto sulla Bioeconomia in Europa realizzato dalla Direzione Studi di Intesa Sanpaolo in collaborazione con il Cluster italiano della bioeconomia circolare Spring e con Assobiotec, l’Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie.

Il Rapporto, presentato lo scorso 27 giugno a Firenze, consegna numeri in salute per questo metasettore: dopo il rimbalzo del 2021, per cui gli analisti di via Romagnosi, stimano un valore della produzione della bioeconomia pari a 358,2 miliardi di euro, in crescita del 12,1% rispetto al 2020, nel 2022 il trend di sviluppo è proseguito con un incremento dell’output del 15,9%, confermando segnali di crescita in tutti i comparti.

La bioeconomia in Italia

A condizionare la performance del 2022 (cosi come in parte anche quella del 2021) ha contribuito significativamente la dinamica dei prezzi alla produzione – scrivono gli analisti della banca guidata da Carlo Messina – in forte accelerazione nel corso dell’anno per effetto dei rincari delle materie prime, che ha dato una forte spinta ai listini di vendita. Più stabile l’occupazione, su livelli di circa 2 milioni di occupati in tutto il periodo considerato (2019-2022).
L’evoluzione osservata nel 2022 porta la bioeconomia italiana a pesare l’11% sul totale dell’output, in crescita rispetto al triennio precedente. Mentre l’incidenza degli occupati nella bioeconomia sul totale nazionale è pari al 7,8%, un peso in linea con quello degli anni precedenti.

La maggiore crescita a prezzi correnti dimostrata dal metasettore bio-based nel 2022 rispetto al resto dell’economia è confermata anche nell’indagine dell’Istituto Tagliacarne con Unioncamere e il Cluster Spring, di cui il Rapporto contiene alcune anticipazioni. I dati sull’evoluzione attesa del fatturato per il 2022 evidenziano, per le imprese della manifattura e dei servizi afferenti alla bioeconomia, una quota più elevata di imprese che stima una crescita rispetto ai dati relativi al campione di imprese sondato nell’indagine annuale svolta dallo stesso Centro Studi Tagliacarne (55,4% contro il 44%).

Settore in crescita in tutta Europa

Anche negli altri Paesi europei considerati nel Rapporto, la bioeconomia ha registrato nel 2022 una sensibile crescita. Nel complesso di Francia, Germania, Italia e Spagna, l’economia basata sull’impiego delle fonti biologiche rinnovabili ha generato nel 2022 un output di circa 1740 miliardi di euro, occupando oltre 7,6 milioni di persone.
In termini assoluti spicca il valore della bioeconomia tedesca, al primo posto per valore della produzione (583,3 miliardi di euro) e per numero di occupati (2,2 milioni di persone). In termini di output la Francia si posiziona al secondo posto (452 miliardi di euro), seguita da Italia (415,3 miliardi) e Spagna (289,2 miliardi). L’Italia si posiziona al terzo posto per valore della produzione e al secondo posto per occupazione, con circa 2 milioni addetti, seguita da Francia (1,9 milioni) e Spagna (1,6 milioni).

L’analisi della composizione settoriale della bioeconomia consegna un’Italia che emerge per la rilevanza della filiera della moda, con un peso sul totale della bioeconomia superiore all’11%, contro valori di poco superiori al 2% in Spagna e Francia, e sotto il 2% in Germania. Tutti e tre i comparti del sistema moda bio-based (tessile, abbigliamento, concia/pelletteria) hanno una rilevanza maggiore in Italia rispetto agli altri Paesi, il che riflette sia la specializzazione del nostro Paese in questo settore, sia una maggior quota di produzione bio-based sul totale. La quota bio-based del Sistema Moda italiano (che include la filiera del tessile-abbigliamento e della pelle) si posiziona su livelli poco inferiori al 50%. Seguono Francia e Spagna, con un peso bio-based del 40% circa, e infine Germania, dove il coefficiente bio sulla produzione totale è inferiore al 40%.

Il potenziale circolare della bioeconomia

“La bioeconomia – afferma Gregorio De Felice, Chief Economist and Head of Research di Intesa Sanpaolo – rappresenta un’importante risposta per promuovere modelli produttivi che preservino le risorse del pianeta. La ricerca e lo sviluppo di soluzioni bio-based costituisce una leva strategica di successo anche per le imprese dei settori tradizionali del Made in Italy, come il tessile-abbigliamento. Questa filiera, come emerge dalle nostre analisi, mostra infatti una crescente attenzione alle tematiche ambientali, che coinvolgono tutta la catena del valore, dall’utilizzo di input biologici, fino alla valorizzazione e al riuso degli scarti. La filiera del tessile presenta infatti un alto potenziale di circolarità che ad oggi risulta solo in parte sfruttato. È dunque opportuno che le best practices già in parte adottate si diffondano ulteriormente, sia fra le aziende sia fra i consumatori. In prospettiva l’attenzione a questi temi diventerà imprescindibile come leva strategica per il nostro tessuto produttivo.”

“La Bioeconomia circolare – sottolinea Catia Bastioli, Presidente Cluster SPRING - è un aggregato complesso che comprende l’agricoltura, la silvicoltura, il sistema moda, i bio-prodotti, il legno, la carta, fino ai rifiuti organici, alla bio-energia e alla chimica bio-based. La bioeconomia si conferma un meta-settore rilevante per la nostra economia che potrà avere prospettive di rigenerazione ambientale e sociale ben più rilevanti, qualora saremo in grado di riconoscere il suo valore all’interno della legislazione europea sulla transizione ecologica e del PNRR. Fondamentale sarà promuovere l’interconnessione di quelle filiere che hanno già dimostrato di essere in grado di disaccoppiare sviluppo e uso delle risorse, integrando economia ed ecologia in una strategia industriale saggia e sistemica con le radici nei territori, che comprenda spazi anche per l’innovazione partecipata”.

Immagine: Envato Elements