Adottare un modello di gestione circolare in azienda. Definire una strategia di simbiosi industriale in un cluster produttivo. Rendicontare strategie di riuso, riparazione, riciclo nei report di sostenibilità. Definire KPI di sostenibilità per migliorare il posizionamento nei ranking ESG. Le mansioni per traghettare un’azienda verso un futuro a impatto ridotto oggi sono sempre più complesse e stratificate, coinvolgono tutto il management e il personale, richieste tanto dai consumatori quanto dalle imprese. Per governare la transizione ecologica le industrie devono oggi contare su una nuova figura: il Circular Economy Manager. Un ruolo chiave, in grado di guidare i processi innovativi e di trasformazione green, coinvolgendo dirigenti e personale, capendo (e carpendo) le opportunità economiche offerte dall’economia circolare e definendo una vision unica e iconoclasta, necessaria per andare oltre gli schemi della Old Economy.

Materia Rinnovabile, per fare il punto su questa nuova figura professionale, ha incontrato gli autori del nuovo libro Circular Economy Manager (Hoepli, 2023): Nicola Tagliafierro, Circular Economy Manager e Global Sustainability Director di Enel, opinionista per media nazionali ed internazionali sui temi della sostenibilità (scrive anche su queste pagine) e Andrea Geremicca, direttore generale dello European Institute of Innovation for Sustainability (EIIS) docente presso LUISS e LUMSA e autore per Harvard Business Review Italia.

Partiamo subito inquadrando la figura del Circular Economy Manager: come possiamo definirla?

Nicola Tagliafierro: il Circular Economy Manager è un innovatore/innovatrice sostenibile che è in grado di creare con efficacia un momento di disruption all'interno dell'azienda in cui opera. Sa entrare all'interno dei processi, dell'organizzazione, delle scelte aziendali e portare quella che chiamiamo “innovazione circolare”. Un’innovazione orientata a ridurre l'impatto dell'azienda sull'ambiente e rendere i processi più efficienti, anche aprendosi e coinvolgendo i clienti e i fornitori. È una figura che attraverso l'innovazione, la creatività, la determinazione, l'audacia è in grado di realizzare questa famosa transizione ecologica e circolare all’interno dell’azienda.

Sembra una figura rinascimentale o uno scienziato del Settecento, dove tecnica e cultura umanistica si fondono per creare una figura empatica, competente, intellettualmente sovversiva. Nel libro avete delineato una lista di dieci abilità che deve avere il Circular Economy Manager…

Nicola Tagliafierro: Possedere tutte le skill tecniche non è sempre fondamentale sin dall’inizio, lo precisiamo spesso nel libro, anche perché si possono acquisire e spesso sono per forza di cose acquisite all'interno della realtà specifica dove si va a lavorare. Di estrema importanza sono le soft skill come la capacità di innovare, la creatività, il pensiero non lineare per generare nuove idee; ma anche la coerenza, dato che all'interno dell'organizzazione bisogna coinvolgere tutti, e il coraggio, dato che spesso ci si sente da soli, di fronte ad un’azienda che non reagisce alle proposte. Servono skill per contrastare gli ostacoli e chi è restio al cambiamento, siano giovani o senior, dato che spesso non è l’età a fare la differenza. Per questo servono competenze come l’abilità di negoziazione e comunicazione.

Andrea Geremicca: Il CEM, se vogliamo chiamarlo con un acronimo, è un negoziatore instancabile, che non cede, che è pronto al compromesso, attento ad ascoltare, che riesce a portare a casa dei risultati che sono composti da piccoli successi incrementali, mantenendo una visione concreta dell’obiettivo. Aggiungo un’ulteriore caratteristica: la lungimiranza. Dobbiamo immaginare il futuro di un’azienda e del mondo in generale più lontano di quanto solitamente siamo abituati a fare. A differenza della transizione digitale, dove i risultati sono immediatamente osservabili, nella transizione da un'economia lineare a dei modelli di business circolari, gli effetti si vedono nel lungo periodo. Per questo serve capire come immaginare scenari futuri e sintetizzarli in maniera efficacie per far capire all'amministratore delegato che quella è un'opportunità di business che si verificherà inevitabilmente, stimando possibilmente quando. In questo modo da un costo la transizione diventa un investimento, un’opportunità di business per l’azienda e gli investitori, una strategia di resilienza.

Non è sempre facile però, molte aziende sono concentrate sui risultati trimestrali, al più annuali.

Nicola Tagliafierro: Sta cambiando questa visione. Ecco però che ritornano utili le competenze di negoziazione e comunicazione per far capire che la resilienza di un’impresa è fondamentale. Questa volta non applicate alla vendita di un prodotto o servizio ma alla ricerca di un nuovo equilibrio e compromesso all’interno dell’organizzazione. Il cambiamento richiede tempo e bisogna investire le giuste risorse in modo opportuno per generarlo.

Come mai avete deciso ora di fare un libro su questo tema?

Nicola Tagliafierro: ci siamo trovati a discutere insieme sull’importanza di questo ruolo, con due visioni complementari. Ci siamo accorti che avremmo potuto realizzare una narrazione innovativa, che mettesse a terra le esperienze reciproche, tutte le note raccolte negli anni e metterle a sistema. Abbiamo creato un impianto teorico ma siamo anche andati a trovare tante storie di successo per mostrare chi davvero svolge il ruolo di Circular Economy Manager e vedere come le competenze di queste figure combaciavano con la lista di competenze necessarie

Avete pubblicato con un grande editore, Hoepli, che è noto per i suoi testi per professionisti.

Andrea Geremicca: Non volevamo scrivere un testo troppo accademico. Pensavamo a un libro che, sì avesse una tesi e un’ipotesi di ricerca che si confrontasse con la realtà, ma fosse anche spunto e stimolo per chi vuole cambiare lavoro o cambiare il modo con cui lavora. Per questo abbiamo intervistato 8 CEM, che lavorano in alcune delle società più importanti al mondo, incrociando le nostre tesi, con i loro percorsi.

Quali sono le interviste che più hanno lasciato il segno per voi e che i lettori ritroveranno nel libro?

Nicola Tagliafierro: Ci sono CEM di aziende come BMW, Bosch, Cisco, Tetra Pak, Enel. Storie in cui mi sono ritrovato come quella di Janine Thies, CEM di BWM, dove ho rivissuto tutte le sfide che ho affrontato personalmente dentro Enel quando persino il termine circolare era sconosciuto.

Andrea Geremicca: mi ha appassionato molto la storia di Silvia Ruta di Enel X, poiché non è facile operare in una organizzazione così complessa e che una ragazza giovane entri in tutti i processi, faccia collante tra dipartimenti e metta veramente a frutto tutte soft skill di cui parliamo nel libro. Una storia vicina e molto interessante.

Il CEM è facilmente immaginabile in una grande azienda, dove c’è un organigramma complesso. Ma come possono fare le PMI a permettersi questa figura professionale?

Nicola Tagliafierro: nelle piccole aziende così come nelle startup, il CEM è un ruolo che inizialmente può essere preso ad interim anche da chi ricopre formalmente un ruolo diverso. Inoltre le PMI hanno una velocità di cambiamento che le grandi aziende non hanno, dato che modificare processi e prodotti può richiedere molto tempo. In questo modo quando il mercato di colpo inizierà a chiedere determinate cose, le PMI saranno pronte a offrirle ancora prima delle grandi aziende. Quindi potremmo non vedere una figura con il titolo di CEM, ma sarà una funzione del CEO o del COO. Nel libro infatti abbiamo creato una matrice per le varie tipologie di realtà aziendali, per guidarle ad avviare processi di circular: grandi aziende, PMI e startup. Allo stesso tempo ci sono tre tipologie di figure che si inseriscono in questi tre cluster: le persone appena laureate in cerca di lavoro, coloro che già lavorano ma vogliono cambiare lavoro in un’altra azienda, e persone che vorrebbero cambiare lavoro ma all’interno della stessa azienda.
Abbiamo così creato una tabella che a seconda della posizione e della tipologia di azienda (startup, PMI o Corporate) analizza le criticità, i vantaggi, le strategie e soluzioni. Consigli pratici e semplici che possono tornare comodi a qualunque tipologia di lettrice o lettore.

Quanti potenziali CEM ci sono oggi sul mercato del lavoro?

Andrea Geremicca: C'è un gap pazzesco tra la domanda di queste professioni e l'offerta. E se si vuol fare questa transizione adesso e non tra vent'anni quando verranno fuori dalle università CEM certificati, biosgna attingere a quei soggetti che hanno le soft skills che descriviamo nel libro.

Il vostro consiglio per chi vorrebbe diventare un CEM?

Nicola Tagliafierro: Non abbiate paura nel buttarvi e proporvi come Circular Economy Manager, perché se siete innovativi, creativi, determinati, siete bravi nella negoziazione e lungimiranti, lo potete fare!

Immagine: Envato Elements