Quasi tutti abbiamo in casa vecchi dispositivi elettronici, soprattutto smartphone, abbandonati in un cassetto a prendere polvere. Ma quale valore potrebbero avere se venissero reimmessi nel ciclo produttivo? A rispondere è uno studio di Fraunhofer Austria, presentato alla stampa lo scorso 30 settembre e realizzato per conto di Refurbed, azienda nata con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale legato al consumo tecnologico, promuovendo un modello di economia circolare.

La ricerca ha coinvolto 15 paesi europei, compresa l’Italia, e i dati parlano chiaro: ben 642 milioni di vecchi smartphone risultano inutilizzati e dimenticati in casa. Di questi, 11 milioni sono ancora idonei al ricondizionamento, mentre i restanti 431 milioni sono ormai destinati al riciclo e contengono materie prime dal valore complessivo di circa 1,1 miliardi di euro. Recuperare queste risorse, quindi, significherebbe non solo benefici ambientali ma anche una minore dipendenza dell’Unione Europea dalle importazioni.

L’indagine presentata è stata avviata nel 2023 e si è sviluppata in tre fasi. Il primo step ha visto l’analisi dell’impronta ambientale di cinque tipi di dispositivi elettronici tra smartphone, tablet e PC, per misurare l’impatto evitato grazie al ricondizionato. Successivamente è stato elaborato un modello di calcolo esteso a diecimila prodotti del settore elettronico, disponibile sul sito di Refurbed al momento della selezione di un articolo. L’ultimo step ha coinvolto la cittadinanza di 15 paesi europei e ha stimato il potenziale di recupero dei dispositivi dimenticati nelle abitazioni.

Il caso italiano

Dalla ricerca è emerso che nelle case italiane, in particolare, ci sono quasi 82 milioni di vecchi smartphone inutilizzati. Tra questi 26,3 milioni possono ancora essere ricondizionati, mentre 55,7 milioni possono essere destinati solo al riciclo. Ma il loro recupero potrebbe riportare in circolo materiali preziosi: più di 679 tonnellate di cobalto; 1,1 tonnellate di oro, 55,7 tonnellate di stagno; 5,5 tonnellate di tungsteno; 16,7 tonnellate di magnesio, 0,1 tonnellate di palladio.

Si tratta di un valore economico rilevante, considerando che il mercato italiano dell’elettronica di consumo è stimato in circa 16 miliardi di euro nel 2025. Per fare un esempio più concreto possiamo dire che solo con i 25 chilogrammi di oro presenti nei telefoni dismessi a Milano si potrebbero realizzare circa 4.000 fedi nuziali.

Il settore del ricondizionato, seppur a livello giuridico europeo non ha ancora una definizione univoca, è in forte crescita. Secondo l’osservatorio di Trovaprezzi.it, tra gennaio e agosto 2025 le ricerche di smartphone ricondizionati in Italia sono quasi triplicate rispetto allo stesso periodo del 2024. Dalla ricerca di Fraunhoer, il principale motivo che spinge gli italiani a scegliere il ricondizionato è il prezzo, seguito dalla sostenibilità, a differenza dei paesi nordici in cui la motivazione ambientale prevale sul fattore economico.

Proprio in Italia, Refurbed ha ora all’attivo più di 200.000 consumatori, non solo nel settore della telefonia ma anche in quello degli elettrodomestici per la cucina e delle apparecchiature sportive, e grazie a oltre 600.000 clienti italiani, ha già contribuito a evitare la produzione di 93 tonnellate di rifiuti elettronici.

Un problema globale

Come sottolinea Kilian Kaminski, co-fondatore di Refurbed, il mercato dei prodotti ricondizionati, un tempo limitato a smartphone e notebook, oggi comprende oltre 45.000 articoli diversi. Si va dai tablet agli smartwatch, dagli elettrodomestici come macchine da caffè, aspirapolvere e lavatrici, fino alle attrezzature sportive come e-bike.

Questo sviluppo ha portato Refurbed a stringere partnership con marchi come Dyson ed Electrolux in qualità di reseller ufficiali, segno che anche i grandi produttori non possono più ignorare il fenomeno. Ma il network di Refurbed conta oltre trecento partner in tutta Europa, imprese specializzate nel refurbishment con un massimo di 200 dipendenti, che seguono standard qualitativi definiti dalla piattaforma.

La scelta del ricondizionato porta con sé vantaggi significativi: riduzione dei rifiuti elettronici, delle emissioni di CO₂ e del consumo d’acqua. Ma ha anche un forte impatto sociale nei paesi del Sud globale. Infatti, oltre a limitare l’estrazione di nuove materie prime e terre rare, Refurbed sostiene progetti per migliorare le condizioni di lavoro nelle aree dove spesso il riciclo informale comporta gravi rischi sanitari.

Come racconta Kaminski a Materia Rinnovabile, l’azienda collabora con l’ONG olandese Minimise, che gestisce un impianto di riciclo in Ghana. In contesti come questo, dove la media dell’età dei lavoratori è di circa trent’anni, la combustione incontrollata della plastica per recuperare metalli preziosi rilascia fumi tossici con conseguenze letali. Il progetto sostiene la creazione di impianti adeguati accanto alle discariche, in modo da garantire condizioni di salute migliori. A queste iniziative si aggiungono programmi di rimozione del carbonio e interventi di ripristino del paesaggio.

 

In copertina: foto Refurbed