Oceano Pacifico, circa 14.500 chilometri dall’Italia: Kiribati, dall’inglese Gilbert Islands, è una repubblica dal 1979 e fa parte, geograficamente, della Micronesia. Composta da 33 atolli corallini a filo d’acqua, si estende su una superficie totale di 717 chilometri quadrati dove vivono circa 100.000 persone, ad altissima densità abitativa e con elevato tasso di disoccupazione. È un popolo di pescatori, marinai e agricoltori, la metà dei quali vive a Tarawa, l’atollo in cui si trova la capitale. Contrariamente a quanto farebbero supporre le mappe dei paradisi “mordi e fuggi”, Kiribati non vive di turismo. Ne ricordiamo la storia più recente: è stato protettorato britannico, un colonialismo che ha coinciso con uno sfruttamento eccessivo delle risorse e anche con un trasferimento coatto di parte della popolazione a Nauru, 700 chilometri da Tarawa, per l’estrazione dei fosfati. Poi arriva il Giappone, che nel 1942 occupa queste isole ma le perde poco dopo in una terribile battaglia con gli Stati Uniti; infine i test nucleari anni ’60 quando in quest’area vengono sganciate più di 30 bombe a idrogeno. Una storia non proprio semplice, per un paradiso. 

E oggi Kiribati è di fronte a un nuovo, inquietante problema. Queste isole nel Pacifico hanno dovuto affrontare il problema delle mutazioni del clima: l’innalzamento del livello del mare causato dal riscaldamento globale e le forti tempeste hanno messo in pericolo il loro fragile ecosistema e ne hanno eroso le coste facendo penetrare acqua salata all’interno degli atolli, contaminando l’acqua potabile e distruggendo le coltivazioni. Così Kiribati sta lentamente scomparendo. In parte già sommersa, in 20 anni sarà inabitabile e in 50/100 anni scomparirà definitivamente dalle mappe. Questo almeno ci raccontano le informazioni facilmente reperibili in rete. Il nome Kiribati è diventato famoso nel mondo ambientalista, discusso nelle grandi assemblee internazionali, un esempio efficace e un argomento a supporto. Questo oggi è il suo fardello. È diventato un caso, oltre che controverso, di difficile soluzione. Qualche anno fa l’ex Presidente Anote Tong acquistò un terreno libero di 5.000 acri a Vanua Levu nelle isole Fiji (3.000 km a sud), con l’obiettivo di trasferirvi la popolazione, in una migrazione graduale ma ad altissimi costi, soprattutto umani, quella dei migranti ambientali, altro argomento ben conosciuto. 

Attratti da queste e altre storie così lontane, due giovani progettisti italiani, Alice Piciocchi e Andrea Angeli, lasciato il loro lavoro, decidono di scavalcare il mondo e raggiungere Kiribati. “Siamo partiti dall’Italia con l’idea di trovare una nazione in stato d’emergenza, famiglie spaventate con le valigie pronte e una strategia di evacuazione consolidata e condivisa a livello nazionale. Quello che ci siamo trovati davanti è stato uno scenario molto diverso”, scrivono nella prefazione al volume che oggi è la testimonianza del loro viaggio. 

Kiribati. Cronache illustrate da una terra (s)perduta è un libro nato al ritorno dalla loro lunga visita, che non è stata certo turistica. A Kiribati i due stranieri, tra i pochi presenti, hanno frequentato famiglie e cerimonie, raccolto appunti, video, fotografie, registrazioni, e intessuto relazioni e amicizie. L’impegno era sì di farsi accogliere, ma anche di essere sensibili, mettendosi in ascolto per capire e documentare. Solo al ritorno gli autori decidono di rivedere il tutto e trasformarlo in libro. Ne è valsa la pena, perché Kiribati non merita solo di essere un caso ambientale da manuale. Gli autori scoprono, per esempio, che gli abitanti non vivono l’ansia dell’emergenza e che nessuno ha un’idea precisa del futuro. Vivono una vita al contempo semplice e difficile, tra piante e pesci meravigliosi e problemi d’alimentazione, inquinamento delle falde acquifere, obesità dovuta ai prodotti d’importazione, antiche tradizioni e impatto con il presente, scarse comunicazioni. L’ispirazione al libro l’hanno data le memorie di viaggio di tradizione ottocentesca, illustrate, narrative e ricche di leggende: Kiribati è un volume di etnografia leggera e gentile, assolutamente contemporaneo ma senza una fotografia, disegnato con raffinate cromie e scritto con la semplicità di un diario personale; le tavole illustrate raccontano la gente, i sogni, le architetture, i riti, gli animali e i frutti, l’acqua e il cielo. E vi sono pure belle infografiche che lo rendono ancor più attuale. Volete conoscere Kiribati e la sua gente? Questo volume vi aspetta. Le illustrazioni di questo articolo provengono da lì. 

 

Alice Piciocchi e Andrea Angeli, Kiribati. Cronache illustrate da una terra (s)perduta, 24 ORE Cultura, 2016

Tutte le immagini ©24 ORE Cultura, 2016