L’italiano Giacomo Grassi è tra i 12 nuovi membri dell’Intergovernmental Panel on Climate Change Bureau del Task Force on greenhouse gas inventories (TFI). Le elezioni dell’IPCC si sono svolte presso l’Ufficio delle Nazioni Unite di Nairobi (Kenya) dal 25 al 28 luglio e hanno segnato la fine del sesto ciclo di valutazione dell’IPCC e l’inizio del settimo.

In questa 59ª sessione, che ha visto 600 partecipanti di 170 governi, è stato eletto il nuovo Ufficio di presidenza dell’IPCC, composto da 34 membri, tra cui il nuovo presidente Jim Skea (Regno Unito) e i tre vicepresidenti Ladislaus Chang’a (Repubblica Unita di Tanzania), Diana Ürge-Vorsatz (Ungheria), Ramón Pichs-Madruga (Cuba).

Giacomo Grassi è Scientific officer al Joint Research Centre (JRC) della Commissione europea, ha una vasta esperienza nell’analisi, nella rendicontazione e nella revisione dei gas serra, come testimoniato dalla sua lunga carriera nel settore LULUCF, dalla sua partecipazione in molti rapporti scientifici e metodologici dell’IPCC, e da più di 80 pubblicazioni scientifiche.

Quale è lo scopo della IPCC TFI?

Ogni Paese aderente alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) deve preparare periodicamente un inventario di emissioni e assorbimenti antropogenici di gas a effetto serra che avvengono nel proprio territorio. Il TFI Bureau dell’IPCC coordina lo sviluppo e la diffusione delle metodologie necessarie per effettuare queste stime, con l’aiuto di esperti di tutto il mondo e secondo criteri approvati dalla comunità scientifica internazionale. Questo lavoro è importante perché le stime degli inventari sono poi usate dai Paesi per guidare le politiche climatiche nazionali e rendicontare il raggiungimento o meno degli obiettivi climatici nazionali nell’ambito degli Accordi di Parigi. Come dice un motto inglese: “If we don’t measure, we don’t manage”.

Quali sono i principali ostacoli nelle attuali  stime delle emissioni e assorbimenti di gas a effetto serra che avvengono nel proprio territorio? Ci possono essere miglioramenti ulteriori? Quali sono le complessità di calcolare e aggiornare i sinks nello specifico per il settore LULUCF?

Gli inventari nazionali di gas serra coprono tutti i settori, tra i quali l’energia (inclusi i trasporti), i processi industriali e l’uso dei prodotti, l’agricoltura, l’uso del suolo e le foreste (LULUCF) e i rifiuti. Di solito, si usano statistiche nazionali per fare queste stime: ad esempio, dai dati sui consumi di combustibili fossili si possono ricavare stime abbastanza accurate sulle emissioni a essi associate.

Seguendo le metodologie IPCC, gli inventari nazionali devono puntare a essere accurati, trasparenti, consistenti nel tempo, completi e comparabili tra loro. Il continuo sforzo per migliorare, ad esempio attraverso dati più completi, recenti o accurati, è un ingrediente essenziale per gli inventari nazionali. Inoltre, attraverso un processo di revisione indipendente, coordinato dalle Nazioni Unite, i Paesi ricevono commenti su possibili miglioramenti. Anche la comunità scientifica può contribuire a migliorare gli inventari, ad esempio fornendo stime di confronto indipendenti, oppure dati o modelli che possono essere usati direttamente negli inventari.

Tra tutti i settori di un inventario di gas serra, l’agricoltura e il LULUCF sono di solito quelli dove le incertezze sono maggiori. Inoltre, il settore LULUCF ha delle peculiarità che lo rendono particolarmente complesso. Se tutti gli altri settori stimano solo le emissioni di gas serra, il LULUCF include sia le emissioni di gas serra che gli assorbimenti (sink) di CO2. Gli assorbimenti possono variare enormemente nello spazio e nel tempo e, inoltre, fanno parte di un complesso ciclo naturale dove risulta estremamente difficile distinguere i flussi di origine umana da quelli naturali. La crescita di una foresta, ad esempio, è in parte legata alla gestione forestale e in parte al fatto che il clima sta cambiando: le stagioni si allungano, alcuni disturbi naturali diventano più frequenti, e l’aumento di CO2 in atmosfera causato dall’uomo stimola la crescita. Separare questi fattori è difficilissimo.

Qual è il settore dove gli Stati possonobarare” o errare di più nella rendicontazione delle emissioni?

I cambiamenti climatici sono una sfida globale, e quindi è essenziale sviluppare un’atmosfera di fiducia reciproca sull’affidabilità degli inventari di gas serra. Gli errori sono più frequenti dove le incertezze sono maggiori, cioè nei settori agricoltura e LULUCF. Inoltre, fino a un recente passato, il settore LULUCF era soggetto a regole di rendicontazione molto complesse, ed erano frequenti le critiche per rendicontazioni “favorevoli” ai Paesi. Ora, in gran parte dei casi, queste modalità di rendicontazione sono state semplificate. Ad esempio, per gli obiettivi climatici dell’Unione Europea al 2030 il settore LULUCF è trattato in modo molto simile agli altri settori.

Spesso, più che a errori, siamo di fronte a incompletezze delle stime, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo che hanno meno esperienza e meno risorse per sviluppare i loro inventari. Le incompletezze e gli errori si possono limitare non solo con maggiori investimenti nella raccolta di dati e nella capacità di analizzarli, ma anche grazie alla “sorveglianza” e al supporto da parte della comunità scientifica e della società civile.

Come si lega il ruolo della TFI con i meccanismi di trasparenza sviluppati da UNFCCC?

L’attenzione della politica climatica globale sta passando rapidamente dagli impegni di riduzione delle emissioni alla loro attuazione. Nell’ambito degli Accordi di Parigi, è previsto un importante rafforzamento dei meccanismi di trasparenza sugli inventari a partire dal 2024. Ad esempio, se finora i Paesi più sviluppati hanno riportato inventari più dettagliati e con maggiore frequenza rispetto ai Paesi in via di sviluppo, a breve avverrà un’armonizzazione di questi processi tra i Paesi.

Tutto questo sta aumentando l’attenzione sugli inventari nazionali e, di conseguenza, sul lavoro del TFI. Inoltre, il TFI potrà sviluppare nuove metodologie più specifiche che i Paesi potranno applicare nei loro inventari, ad esempio per stimare l’impatto climatico degli aerosol.

Quest’anno si terrà il global stock take, che sarà basato sulle metodologie TFI. Quanto si possono dire saranno accurati i numeri raccolti sul progresso degli impegni dei singoli Paesi nella mitigazione?

Gli Accordi di Parigi prevedono che ogni 5 anni si faccia il punto della situazione, chiamato “global stocktake”, per vedere come siamo messi a livello globale rispetto agli impegni presi sulla riduzione delle emissioni. Il primo global stocktake terminerà alla COP28, il prossimo dicembre. Le conclusioni del global stocktake sono a livello globale e non per singolo Paese, ma dovrebbero poi stimolare una maggiore ambizione degli impegni che i Paesi dichiareranno due anni dopo, cioè nel 2025.

La valutazione del global stocktake si baserà, da un lato, sugli inventari e gli impegni futuri presi dei Paesi, e dall’altro sulle stime indipendenti dei modelli usati dall’IPCC, comprese le riduzioni di emissioni necessarie per raggiungere gli obiettivi di Parigi. Nella maggior parte dei casi i modelli usati dall’IPCC stimano livelli di emissioni storiche comparabili a quelli dichiarati dai Paesi, con un’importante eccezione: il LULUCF.

Studi recenti hanno dimostrato grandi differenze nelle stime LULUCF tra i modelli globali e gli inventari nazionali. Questa differenza non è necessariamente causata da “errori”, bensì soprattutto da un diverso approccio per misurare la stessa cosa: l’assorbimento antropogenico di CO2 da parte delle foreste. È un po’ come se gli inventari misurassero una distanza in chilometri e i modelli globali in miglia. Per evitare confusioni, è bene armonizzare le misure.

Nell’ambito del mio lavoro con l’IPCC TFI bureau, proporrò di riconciliare i metodi usati dai modelli globali con quelli applicati dagli inventari nazionali. Questo lavoro sarà utile ad aumentare la qualità e la coerenza dei prodotti IPCC, la fiducia nelle stime dei paesi, e la valutazione indipendente di dove siamo rispetto agli obiettivi degli Accordi di Parigi.

Immagine: Marcin Jozwiak, Pexels