La Brand Equity Foundation stima che entro il 2022 il mercato dell’elettronica indiano raggiungerà i 400 miliardi di dollari. Secondo il gigante delle telecomunicazioni Ericsson, gli smartphone guideranno il boom in India passando dai 90 milioni di utenti nel 2013 a 520 milioni entro il 2020. Entro la stessa data i rifiuti elettronici composti da vecchi cellulari e computer cresceranno rispettivamente di circa il 1.800% e del 500%, secondo lo studio congiunto dell’associazione di settore ASSOCHAM-KPMG. È dunque decisamente allarmante che in India venga riciclato solo l’1,5% dei rifiuti elettronici totali e che oltre il 95% sia gestito dal settore non regolamentato, mentre il resto finisce in discarica. 

 

L’urban mining è sempre più diffuso in India

 

L’India è il principale utilizzatore mondiale di oro, sebbene possegga una sola miniera operativa a Hutti, in Karnataka, uno stato dell’India meridionale, che produce la quantità irrisoria di due tonnellate all’anno. Per ottenere un grammo di oro occorre estrarre dalla miniera circa una tonnellata di minerale aurifero, ma la stessa quantità si ottiene riciclando circa 41 smartphone.

Alla luce di questa opportunità, varie aziende private in India sono entrate nel settore del’urban mining. Prendiamo per esempio Attero, azienda che ricicla 1.000 tonnellate di rifiuti elettronici al mese, estraendo metalli preziosi nel suo mini impianto di riciclo nello stato indiano di Uttarakhand. Grazie alla sua efficienza operativa, modello di business e redditività, ha attirato investimenti per 5 milioni di dollari dall’IFC International Finance Corporation, il braccio della Banca Mondiale che si occupa di investimenti nel settore privato. Attero è la seconda azienda indiana per dimensioni attiva nell’estrazione di oro dai rifiuti elettronici. Gestisce anche programmi di riacquisto di rifiuti elettronici per aziende come Voltas, Infosys e Wipro.

Sono pochi i soggetti in India che posseggono la tecnologia per estrarre metalli rari in maniera redditizia; Attero afferma di aver condotto test di laboratorio riuscendo a ottenere neodimio – materiale che si trova nel 90% dei magneti esistenti – ma tecnologia non è ancora pronta per essere commercializzata. L’attenzione di Attero all’estrazione le ha dato un vantaggio tecnologico: il suo processo brevettato infatti è il più redditizio al mondo. Mentre la maggior parte delle aziende straniere ha un capex (CAPital EXpenditure, investimenti in capitale, ndr) per tonnellata di circuiti stampati (PCB – Printed Circuit Board) equivalente a circa 15.000 dollari, per Attero scende a circa 1.000 dollari. La dimensione degli impianti della maggior parte delle aziende straniere è di 30 ettari, mentre l’impianto di Attero occupa meno di mezzo ettaro.

Ma Attero non rappresenta l’unico esempio: E-Parisaraa è un’altra azienda attiva nel riciclo che ha messo a punto i propri macchinari, semplici e a basso costo, per riciclare rifiuti elettronici, un trituratore di circuiti stampati grazie al quale esporta – con l’autorizzazione del governo indiano – i circuiti triturati alla Umicore Belgium.

Con l’obiettivo di trovare una soluzione sostenibile al problema dei rifiuti elettronici in India, EcoCentric (azienda attiva nell’estrazione urbana di metalli preziosi) ha costruito un impianto di lavorazione all’avanguardia in grado di trattare 2.500 tonnellate l’anno a Khopoli, nel Maharashtra (certificato come impianto di riciclo conforme ISO 9001, 14001, 18001). Analogamente l’azienda del settore infotech Cerebra Integrated Technologies di Bangalore possiede il più grande impianto di riciclo indiano in grado di processare quasi 90.000 tonnellate di rifiuti elettronici. Cerebra ha individuato una grande opportunità di business nelle montagne di rifiuti elettronici prodotte nella città di Bangalore, pari a 200.000 tonnellate all’anno, da cui estrae oro e platino.

In aggiunta ci sono aziende come la Ecoreco che diversifica all’interno della tavola periodica: considerando che ci sono più materiali rari nei telefoni, computer, laptop e tablet buttati via che in tutte le riserve naturali conosciute e solo l’1% di tali elementi viene attualmente riciclato, questo apre le porte a un mondo di opportunità di riciclo.

 

 

L’economia dei rifiuti elettronici

 

L’India è uno dei maggiori produttori al mondo di rifiuti elettronici. Il Global E-waste Monitor 2017, pubblicato dalla United Nations University, attesta che l’India produce circa due milioni di tonnellate di rifiuti elettronici all’anno. In pratica al quinto posto tra i paesi produttori di tali rifiuti, sebbene non esistano dati ufficiali del governo sui rifiuti elettronici prodotti nel paese. Una legge del 2016 affida alle State Pollution Control Board (SPCB) il compito di redigere stime in merito, ma nessuna SPCB l’ha ancora fatto. Secondo la Central Pollution Control Board (CPCB) in India ci sono 214 riciclatori/smontatori autorizzati. Nel 2016-17 hanno trattato solo 36.000 tonnellate su 2 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici generati in India.

In aggiunta ai problemi dell’India c’è quello dei rifiuti elettronici importati illegalmente. Anche in questo caso il governo non è in possesso di cifre ufficiali. Secondo le Hazardous and Other Wastes (Management and Trans-boundary) Rules del 2016, l’importazione di rifiuti elettronici è bandita in India dopo la ratifica della convenzione di Basilea.

Mentre nei paesi sviluppati gli alti margini operativi nel settore dei rifiuti elettronici hanno portato alla creazione di grandi aziende di gestione e smaltimento dei rifiuti, in India l’industria è controllata dai kabaadis (termine indiano che indica i raccoglitori di rifiuti del settore non organizzato).

Un riciclatore organizzato in India ha oneri di inizio attività che vanno dai 10 ai 20 milioni di dollari, secondo fonti industriali. Persino dopo un tale investimento fatica a competere con i kabaadis che possono avviare un’attività con soli 1.000 dollari. Inoltre i venditori restano convinti che sia più conveniente smaltire i rifiuti elettronici con i kabaadis che li raccolgono davanti alla porta di casa e li pagano subito in contanti. Questo ha permesso al settore non organizzato di prosperare, grazie anche alla mancanza di controllo e a scappatoie nel quadro normativo. 

Moradabad nell’Uttar Pradesh è verosimilmente il più grande e fiorente centro di raccolta non ufficiale per i rifiuti elettronici, insieme a Seelampur a Nuova Delhi e Dharavi a Mumbai. Non c’è però un dato ufficiale uniforme sulla quantità e sugli introiti delle transazioni in questi centri.

Nonostante la nascita di settori organizzati nel riciclo e nell’estrazione urbana, i kabaadis non sembra che scompariranno a breve termine. Così come i siti web di e-commerce non causano la chiusura di tutti i negozi fisici.

In India la maggior parte degli operatori del settore organizzato è anche provata dalla scarsità di materie prime, tanto che alcuni riacquistano persino dai kabaadis. Il settore non organizzato ha un vantaggio operativo legato al costo del lavoro dato che non rispetta i salari minimi e si avvale di manodopera semi-specializzata o del tutto non specializzata tra cui un allarmante numero di bambini, stimato nella sconvolgente cifra di 400.000 unità.

I kabaadis generalmente dissaldano i circuiti stampati scaldandoli, e poi li immergono in cianuro e altre sostanze chimiche dannose per estrarre oro e altri metalli: ognuno di questi processi è potenzialmente letale. Al riguardo l’International Labour Organisation ha ricordato che l’India, insieme al Brasile e al Messico, dovrà affrontare enormi danni ambientali e sanitari se il riciclo dei rifiuti elettronici verrà lasciato al settore non organizzato.

 

Scappatoie legali in India

 

Molti dei problemi dell’industria possono essere ricondotti a una legislazione inadeguata, attualmente regolamentata dalle E-waste (Management and Handling) Rules del 2011. Il pezzo forte di questa normativa è il concetto di responsabilità estesa del produttore (EPR), che assegna la responsabilità principale della gestione dei rifiuti elettronici al produttore. Come previsto dalle E-waste Management Rules, aggiornate nell’ottobre del 2016, i produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche devono facilitare la loro raccolta e restituzione a smontatori o riciclatori autorizzati.

Il 22 maggio del 2018, mentre emanava il suo ordine provvisorio, l’Alta Corte di Delhi ha chiesto all’Union Ministry of Environment, Forest and Climate Change (MOEF&CC) “di ideare un sistema adeguato per inventariare i rifiuti elettronici e di pianificare una strategia per l’adeguata gestione dei rifiuti elettronici entro un tempo stabilito”.

 

Il nemico interno

 

Persino i grandi produttori e i riciclatori autorizzati in India danno in appalto, a quanto si dice, i loro rifiuti elettronici al settore informale per risparmiare denaro. I grandi produttori incontrano alcune difficoltà nel raccogliere rifiuti elettronici per raggiungere i loro obiettivi perché i consumatori di massa tendono a mettere all’asta i loro rifiuti elettronici nel settore non organizzato perché rende più denaro.

I produttori in India abitualmente trasgrediscono le regole dell’EPR non avendo sufficienti centri di raccolta e non registrando in maniera trasparente i dati sulla raccolta. C’è chi afferma persino che le aziende che operano nel settore del riciclo siano choosy riguardo ai rifiuti che raccolgono, spesso selezionando smartphone, laptop e tablet che sono redditizi, e ignorando lavatrici e frigoriferi che non risultano altrettanto interessanti. 

 

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