Cinque giorni di lavori per trovare le azioni e gli impegni comuni per fermare il declino degli oceani, preservandoli dalle minacce e dal grave stato ambientale in cui si trovano. Questo in sintesi il bilancio della prima conferenza di alto livello – la Conferenza sugli Oceani – che l’Onu ha organizzato presso il Palazzo di Vetro a New York dal 5 al 9 giugno – su un Sustainable Development Goals specifico, l’SDG14 (“Conserve and sustainably use the oceans, seas and marine resources for sustainable development”).

Migliaia di partecipanti, centinaia di delegazioni da tutte le parti del mondo, associazioni, agenzie ambientali ed esperti si sono riuniti per individuare le problematiche, definire le urgenze e pianificare le azioni future. E l’approvazione della “Call for action” e delle conclusioni dei 7 partnership dialogues (le conferenze specifiche sui temi prioritari individuati dai lavori preparatori) hanno avuto proprio questo obiettivo.

Un bel banco di prova, dal momento che è la prima volta che si organizza una conferenza di alto livello interamente dedicata a uno degli Sustainable Development Goals del programma delle Nazioni Unite, coinvolgendo tutti i paesi dell’Onu, le agenzie delle Nazioni Unite che operano nei diversi settori e tutti i soggetti che oggi si occupano del mare e degli oceani, della loro tutela e dello sviluppo futuro. E tra queste non poteva mancare di certo Legambiente, da tanti anni impegnata su questi temi.

 

 

Oggi, infatti, gli oceani e i mari subiscono pesantemente gli effetti negativi dell’inquinamento e delle attività dell’uomo, con ripercussioni non solo ambientali ma anche in termini occupazionali e di sviluppo, e soprattutto di cambiamenti climatici che stanno mettendo a serio rischio la stessa esistenza di paesi e popolazioni dipendenti strettamente dall’oceano e dal suo stato di salute. Non a caso la Conferenza è stata aperta da una bellissima cerimonia delle Isole Fiji – co-presidenti con la Svezia dell’appuntamento di questi giorni – uno dei paesi messi più a rischio dagli effetti del cambiamento climatico e dell’inquinamento degli oceani. Più volte, negli anni scorsi, il governo delle Isole Fiji è intervenuto richiamando con forza a un’azione decisiva, efficace e immediata per affrontare concretamente questi problemi, i cui effetti sono già oggi evidenti. E la Conferenza di New York vuole anche essere una risposta a questi appelli.

Fin dalle prime battute della plenaria di apertura sono stati richiamati i temi chiave: intervenire con forza sui cambiamenti climatici facendo seguito agli impegni di Parigi senza tentennamenti o passi indietro; liberare gli oceani e i mari dalla plastica, oggi praticamente ubiquitaria, anche nelle aree più incontaminate del mare e degli oceani con effetti devastanti su fauna, ecosistemi e produttività del mare. E, soprattutto, passare dalle parole all’azione per evitare che i processi diventino irreversibili vanificando ogni sforzo comune. 

 

Il Mar Mediterraneo: il focus di Legambiente

Il Mediterraneo – una delle aree più ricche di biodiversità al mondo – è tra le sei zone di maggior accumulo di rifiuti galleggianti del pianeta, con evidenti rischi per l’ambiente, la salute e l’economia (le altre sono nell’Oceano Pacifico del nord e del sud, nell’Oceano Atlantico, del nord e del sud e nell’Oceano Indiano). 

Il quadro dell’Unep, il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, è confermato anche dai nuovi dati provenienti dai monitoraggi che Legambiente conduce dal 2013 nei mari e sulle coste dell’area del Mediterraneo con la campagna “Clean-up the Med”. La plastica spiaggiata rappresenta l’81% di tutti i rifiuti trovati. Questo quanto emerge dall’ultima indagine di Legambiente sul beach litter condotta su 62 spiagge italiane nel corso della primavera 2017 e in 43 spiagge del Mediterraneo, negli ultimi 4 anni. La percentuale della plastica sale al 96% se consideriamo i rifiuti galleggianti monitorati da Goletta Verde nelle 80 ore di osservazione diretta durante l’estate 2016. La cattiva gestione dei rifiuti urbani – e quindi la mancata prevenzione – è causa del 54% dei rifiuti spiaggiati, in gran parte costituiti da materiali usa e getta. Infatti, il 64% dei rifiuti trovati sulle spiagge del Mediterraneo riguarda oggetti concepiti per essere usati pochi minuti, a fronte di una persistenza nell’ambiente decisamente elevata quando non correttamente smaltiti. La top-ten è guidata dai mozziconi di sigaretta (12%), da tappi (10%), bottiglie e contenitori di plastica, ma anche dalle reti per la coltivazione dei mitili (8%). Le buste di plastica rappresentano il 3,5% dei quasi 60.000 rifiuti rinvenuti su 105 spiagge di 8 paesi. Sembra dunque abbia avuto una certa efficacia il bando italiano dei sacchetti di plastica, visto che mentre in Italia sono state trovate una media di 15 buste ogni 100 metri di spiaggia, nelle altre spiagge del Mediterraneo questa media quasi raddoppia salendo a 25 buste per ogni 100 metri di spiaggia. Se consideriamo, invece, i rifiuti galleggianti, le buste sono in assoluto il primo rifiuto presente nei mari italiani: Goletta Verde di Legambiente ha verificato, infatti, la presenza di una busta ogni 5 minuti di navigazione, pari al 16% dei rifiuti trovati.

 

 

Sono questi i principali risultati dell’indagine, riconosciuta dalla stessa Unep come una delle principali iniziative di volontariato e citizen science a livello internazionale, che Legambiente ha presentato in un appuntamento specifico dal titolo “Multi-stakeholders Governance for tackling marine litter in the Mediterranean Sea”, organizzato dall’associazione in collaborazione con Unep/MAP-Barcelona Convention, Parlamento europeo, Agenzia europea per l’ambiente, UN Sustainable Development Solutions Network (Sdsn-Mediterranean), UfMs (Union for the Mediterranean Secretariat), Università di Siena, European Bioplastics, Novamont e Kyoto Club. Tra i 150 eventi paralleli in programma durante la Conferenza Onu, quello organizzato da Legambiente è stato l’unico a portare contributi ed esperienze sul tema del marine litter in Italia e nel resto del Mediterraneo.

Una riflessione che ha evidenziato come oggi ci siano già alcuni strumenti per fronteggiare l’emergenza e agire a livello di regione mediterranea. Solo per citare la più importante: la convenzione di Barcellona, che riguarda l’Europa e tutti i paesi costieri del Mediterraneo, da cui è scaturito un piano regionale che si pone l’obiettivo di minimizzare gli impatti del marine litter e la sua presenza in mare e sulle coste. Quello che manca, però, è che gli Stati si coordinino tra loro, sotto la spinta dei governi che su questo tema sono più avanti o comunque più coinvolti. Quale migliore occasione per l’Italia, vista anche la sua particolare conformazione e posizione all’interno del mar Mediterraneo, per esercitare il ruolo da protagonista nella tutela del Mare nostrum?

Il Mediterraneo è stato al centro anche dell’intervento di Legambiente in plenaria. Un momento molto importante che ha permesso di portare il lavoro di anni nel pieno del dibattito della Conferenza e proporre all’assemblea i temi su cui è prioritario lavorare. Ecco i punti principali di proposta:

  • riconoscere il ruolo strategico dei cittadini e delle associazioni nel monitoraggio ambientale per diffondere la consapevolezza e promuovere azioni e politiche a livello locale e internazionale;
  • adottare politiche che coinvolgano tutti i paesi costieri del Mediterraneo con azioni forti e concrete dei Governi, su due temi prioritari: 
    a. il Mediterraneo è un hotspot mondiale della biodiversità. Per preservarlo, occorre che almeno il 10% della sua estensione divenga area protetta, sul modello italiano (target ripreso anche dal documento conclusivo della Conferenza, estendendolo a livello globale); 
    b. l’inquinamento proveniente dalla costa – come i rifiuti dispersi in mare e sulle coste o gli scarichi non depurati – è un problema enorme nel Mar Mediterraneo. Abbiamo bisogno di politiche efficaci per prevenirlo volte a realizzare maggiore circolarità, al riciclo o la messa al bando dei manufatti più inquinanti (come i prodotti usa e getta non biodegradabili) e a un efficace trattamento delle acque reflue.
  • Porre maggiore attenzione al rischio derivante dalle attività illegali (come lo smaltimento illegale di rifiuti tossici, gli scarichi abusivi o gli illeciti nella pesca), che rappresentano una minaccia per l’ambiente marino e un problema crescente da affrontare a livello internazionale. È importante adottare una legislazione mondiale, sul modello della direttiva europea approvata nel 2008, per la tutela penale dell’ambiente o della legge italiana sugli ecoreati approvata nel 2015.

Infine, abbiamo posto una questione molto importante che non abbiamo trovato nei documenti preparatori della Conferenza e non compare, inspiegabilmente, nella “Call for action”. Per fermare il cambiamento climatico dobbiamo porre in atto immediatamente una strategia di uscita dai combustibili fossili. Per ridurre i rischi di inquinamento da petrolio a livello globale – oggi nei mari e negli oceani sono presenti oltre 900 piattaforme di estrazione – è molto importante fermare le attività estrattive e esplorative e applicare una legislazione che consenta un controllo molto severo sul trasporto petrolifero. Non vogliamo più catastrofi ambientali come quelle causate dalla Deep water Horizon nel Golfo del Messico, dalla Exxon Valdez in Alaska, dalla Prestige in Spagna o dalla Haven in Italia. Se vogliamo essere veramente parte della storia dell’oceano, dobbiamo fermare l’estrazione petrolifera e la dispersione di petrolio in mare.

 

 

Gli impegni presi dalla Conferenza

Come uscire dall’empasse di governance, e della mancanza di azioni conseguenti a una strategia efficace per rimediare al declino degli oceani e del loro stato ambientale? Fattori che oggi di fatto stanno impedendo l’avvio di una seria politica di tutela del mare e degli oceani, dei suoi ecosistemi, delle popolazioni “di frontiera” e dell’economia.

Dalle prime azioni indicate nella “Call for action” emerge l’attenzione a un’azione sinergica. La parola chiave è dunque cooperazione tra i paesi, le istituzioni, le associazioni non governative, gli enti di ricerca, gli stakeholder economici e produttivi. Occorre agire con la creazione di aree protette, la riqualificazione degli ecosistemi marini, la pianificazione degli usi marittimi (a partire dai trasporti) e la riduzione dell’inquinamento marino, intervenendo sull’immissione di sostanze inquinati, rifiuti, scarichi non depurati, ma anche su temi come le specie aliene o il rumore, che oggi minacciano pesantemente gli ecosistemi.

Particolarmente presente, tanto nel documento quanto in diversi interventi e appuntamenti della Conferenza è anche il tema dei rifiuti marini. In particolare vengono citate la corretta gestione dei rifiuti (riuso, riduzione, riciclo), la prevenzione con uso di materiali innovativi (letteralmente “prodotti biodegradabili a condizioni naturali”). A questo proposito importante sottolineare l’esperienza italiana, oggi seguita anche da altri paesi europei e mediterranei, del bando ai sacchetti di plastica tradizionali con la sostituzione di quelli compostabili. Anche considerando che una delle misure preventive da mettere in campo, sottolineata dall’Unep è sicuramente quella del bando dei prodotti più inquinanti, come i sacchetti di plastica non compostabili e i prodotti usa e getta oggi facilmente sostituibili da materiali più innovativi e meno impattanti.

 

 

Oltre i documenti ufficiali c’è stato un altro asse portante della Conferenza, quello degli impegni volontari (voluntary commitments), 1.328 azioni che da qui ai prossimi anni i tanti proponenti si sono impegnati a mettere in campo. Uno strumento in cui le stesse Nazioni Unite confidano molto per uscire dallo stallo in cui a oggi le politiche internazionali per la tutela del mare e dell’oceano si trovano. Legambiente ne ha proposti due sul Mar Mediterraneo, incentrati sul tema del marine litter. Il primo sulla necessità della messa la bando dei sacchetti di plastica non compostabile in tutti i paesi costieri; un secondo, in partnership con l’Università di Siena e il progetto Plastic Buster, per coniugare ricerca scientifica con la cittadinanza attiva: un impegno già concretizzato in queste settimane, in cui la Goletta Verde ha ripreso il suo viaggio nel Mar Mediterraneo. 

 

 

The Ocean Conference, oceanconference.un.org

Legambiente, “Beach litter 2017”, www.legambiente.it/sites/default/files/docs/beach_litter_2017.pdf

Progetto Plastic Buster, plasticbusters.unisi.it