Avete presente la classica “colletta” che si faceva tra compagni di classe per acquistare un regalo? Bene, associatela al potenziale virale delle tecnologie digitali, delle piattaforme internet e dei social, a progetti di solidarietà, di ricerca o imprenditoriali a caccia di finanziamenti. Aggiungete qualche zero finale al numero dei soggetti coinvolgibili sulla rete e avrete il crowdfunding, il fundraising telematico per progetti non profit e for profit. Un canale di finanziamento diffuso ai quattro angoli del pianeta che offre visibilità a un mondo di start-upper, ricercatori, musicisti, designer, video-maker, scrittori, associazioni di volontariato. Arrivando a coinvolgere fino alle amministrazioni locali tramite il neighbor crowdfunding, il cosiddetto crowdfunding civico per il finanziamento collettivo di opere e interventi pubblici.

Per effetto della crisi finanziaria (che ha indotto le imprese a ricercare fonti di finanziamento alternative) e dell’azzeramento dei rendimenti risk free (che ha spinto gli investitori a rivolgersi a nuovi prodotti) si tratta di un mercato mondiale che nel 2014 valeva oltre 16 miliardi di dollari, per il 70% veicolati dal peer2peer lending, e così distribuiti: 9,46 miliardi nel Nord America e Usa, 3,26 in Europa e 3,4 in Asia (fonte: 1° Rapporto italiano sul CrowdInvesting, Politecnico di Milano). Un flusso di risorse che, secondo le stime del Massolution Crowdfunding Industry Report 2015, l’anno scorso ha fatto un ulteriore balzo in avanti toccando 17,25 miliardi di dollari nel Nord America e Usa, 6,40 in Europa e 10, 54 in Asia.

A livello mondiale è l’americana kickstarter.com la piattaforma numero uno del reward-based crowdfunding, quello basato su ricompensa: le offerte in denaro ai progetti pubblicati vengono ricompensate con un regalo a carattere non finanziario, come un gadget, una t-shirt, biglietti per eventi. O con la prevendita a prezzo ridotto del prodotto qualora la raccolta fondi raggiunga l’obiettivo fissato per entrare in produzione.

Qualche gradino sotto, troviamo l’altro colosso a stelle e strisce, indiegogo.com, che di recente si è lanciato anche nell’equity crowdfunding, in cui l’investitore partecipa al capitale di rischio della start-up diventandone socio.

A settembre 2016 kickstarter, ora attiva anche in Italia, contava oltre 15 milioni di donatori. L’hit-parade dei progetti più gettonati vedeva un tale Ben Harkins – dj e sviluppatore di giochi di società e di software – proporre un insolito gioco da tavolo ispirato alla progettazione di artistiche vetrate per la Sagrada Familia, la celebre cattedrale incompiuta dell’architetto catalano Antoni Gaudì. Con oltre 80.000 dollari raccolti Harkins aveva più che triplicato la cifra richiesta. Sugli scudi anche Fathom, azienda specializzata in esplorazioni marine: per un drone subacqueo ad alta definizione, portatile e maneggevole, che promette di far vedere il mondo con occhi diversi, aveva raccolto oltre 194.000 dollari, pari al 124% dell’obiettivo fissato. Tombola anche per Sabina Radeva che, dopo la laurea in biologia molecolare al Max Planck Institute in Germania, ha abbandonato la ricerca per la carriera di graphic designer che le “dà più soddisfazione del lavoro in laboratorio”, come scrive nel suo sintetico profilo su kickstarter: a 46 giorni dalla scadenza della pubblicazione dell’annuncio, il suo libro illustrato per insegnare ai bambini la teoria darwiniana della selezione naturale aveva superato di ben nove volte l’obiettivo. Proposto da Emily Hunt Turner, giovane avvocata di New Orleans, spiccava anche All Square, un progetto non profit con finalità sociali: una rivendita di formaggio alla griglia per dare lavoro a persone con precedenti penali. Obiettivo: 50.000 dollari per le spese di avvio della start-up.

Zoomando sull’Europa, il paese di riferimento è il Regno Unito, primatista europeo nel settore dell’equity crowdfunding. La piattaforma crowdcube.com da sola ha raccolto finora oltre 168 milioni di sterline.

I numeri italiani

In Italia, che pure era partita per prima a livello internazionale con produzionidalbasso.com – autentica pioniera internazionale nata nel 2005, prima ancora di Facebook, per finanziare autoproduzioni artistiche, dalla musica all’editoria, dal teatro al design – le cifre sono più ridotte, benché in netta ascesa. E con elementi di originalità, come vedremo più avanti.

Complessivamente, a fine ottobre 2015 nel nostro paese si contavano 69 piattaforme attive e 13 in fase di lancio, con un aumento del 68% rispetto al 2014, quando le attive erano 41. La foto è stata scattata dal report 2015 Il crowdfunding in Italia, una mappatura delle piattaforme italiane realizzata dall’Università del Sacro Cuore di Milano, con la sponsorizzazione di Tim, il supporto tecnico di starteed.it e sotto il coordinamento della docente Ivana Pais, attenta conoscitrice del fenomeno (vedi intervista).

Se l’incremento dei player conferma la crescente attenzione verso i canali alternativi di finanziamento su internet, è però anche indice di una penalizzante frammentazione. Non a caso il trend incrementale si accompagna a un alto tasso di mortalità delle piattaforme.

Per quanto riguarda le fonti di introiti, prevale la percentuale sul transato, seguita dall’offerta di servizi di consulenza a pagamento, sponsorizzazioni e pubblicità.

Tra le piattaforme censite, Smartika e Prestiamoci, le due realtà leader del social lending peer-to-peer, il settore più dinamico per volume di denaro movimentato.

In tema di crowdfunding reward-based generalista, non riferito a uno specifico settore progettuale – come è invece, per esempio, il caso di musicraiser.com, dedicato a iniziative in campo musicale – la piattaforma numero uno in Italia è eppela.com, con sede a Lucca. Fondata a fine 2011, ha già permesso di finanziare oltre 2.500 progetti e raccolto intorno ai 12 milioni di euro. E con circa 250.000 utenti registrati e più di 80.000 visitatori unici la settimana, per contatti, progetti e raccolta fondi guida la classifica italiana delle piattaforme reward-based e si piazza tra le prime cinque in Europa. I progetti ospitati online spaziano dai settori comics e games, arte e design, cinema e teatro, a tecnologia e innovazione sociale non profit. La selezione pre-lancio è durissima: “Delle 60 proposte che ci arrivano in media ogni giorno, il 90% viene cestinato, a garanzia della solidità di quelle approvate e a tutela dei finanziatori-donatori”, sottolinea Fabio Simonelli, socio e project manager di Eppela. Una scelta che finora ha pagato, visto che il 60% delle campagne raggiunge l’obiettivo. Eppela, inoltre, è la piattaforma di riferimento delle iniziative di crowdfunding di colossi quali Poste Italiane, UnipolSai e Fastweb, con cui ha raccolto 1,5 milioni di euro.

Si parla toscano anche a starsup.it, il portale di casa a Livorno, leader nazionale nel settore dell’equity crowdfunding. “La nostra piattaforma ha come focus l’innovazione scientifica e tecnologica” spiega Matteo Piras, uno dei quattro soci. “I settori in cui operano le start-up che abbiamo ospitato sono green economy, software, ricerca farmaceutica, apparecchiature mediche, moda, smart city, nautica e meccanica” elenca. Partita a gennaio 2014, a fronte dei quattordici progetti chiusi (due sono ancora in corso) Starsup ne ha all’attivo ben sei che si sono chiusi con successo, per un totale di 1.656.000 euro. Tra questi, Cantiere Savona, che ha raccolto 380.000 euro per lo sviluppo di uno yacht a propulsione ibrida termica e solare, ed Enki Stove che ne ha incassati 240.000 per produrre ecologici barbecue che sfruttano il processo di pirolisi aperta. Obiettivi raggiunti anche per le eliopompe NS1 di Nova Somor, un prodotto a energia solare che assorbe le radiazioni producendo direttamente lavoro meccanico utile, così da eliminare le perdite dovute al passaggio da energia solare a elettricità fotovoltaica a lavoro meccanico finale.

Secondo Piras “il profilo della start-up vincente deve presentare un giusto mix di competenza ed esperienza, ovvero un team di giovani e persone più mature. Altro fattore strategico è l’attendibilità del budget-obiettivo: una stima ridotta all’osso insospettisce l’investitore sulla capacità di tenuta del business plan”. E il classico testimonial può essere d’aiuto? “Per ispirare fiducia nel progetto serve semmai l’endorsement da parte di un soggetto autorevole, un leading investor, come un incubatore universitario, un partner industriale, un investitore professionale o un cosiddetto business angel”, risponde Piras. Cosa invidia al mondo anglosassone, gli chiediamo. “Tutto! Negli Usa e nel Regno Unito c’è un humus molto più favorevole per le start-up d’impresa innovative e il mercato dei finanziatori privati. Da noi, invece, si continua a investire in bot, assicurazioni, obbligazioni, immobili”.

A Bologna ha il suo quartier generale un’innovativa piattaforma reward-based, fondata da cinque giovani laureate in management di attività culturali creative. Si chiama Ginger, acronimo che sta per Gestione Idee Nuove e Geniali per l’Emilia-Romagna. Prima in Italia e in Europa ad aver fatto questa scelta strategica, la sua particolarità è di essere legata a un territorio di riferimento. Inoltre, a differenza dei “puristi del digitale”, ai progettisti che ospita suggerisce di svolgere eventi di presentazione anche offline, perché, come ci spiega la cofondatrice Agnese Agrizzi, “gli incontri face2face aiutano a costruire la comunità dei donatori a partire dai cosiddetti family and friend, ossia le persone più vicine sul territorio”.

La notorietà Ginger l’ha raggiunta con “Un passo per San Luca”, una delle prime campagne di crowdfunding civico condotta in collaborazione con il Comune di Bologna per cofinanziare il restauro del portico di San Luca, tre chilometri e mezzo di arcate seicentesche che si arrampicano sulla collina bolognese fino alla basilica omonima, meta di pellegrinaggi votivi e di laiche camminate salutiste. Uno degli atout che ne ha decretato il successo è stato l’originale oggetto di arte contemporanea offerto come ricompensa: una mega rana di plastica disponibile in vari colori. Nel repertorio dei successi non mancano storie di solidarietà, come la campagna “Il mio nome è coraggio”, lanciata dai genitori di una bambina affetta da una rara malattia genetica per coprire le spese volte ad alleviarle il dolore fisico e a sostenerne le funzioni fisiologiche primarie. La risposta degli oltre cinquecento donatori è stata straordinaria: l’obiettivo fissato a 15.000 euro è stato raddoppiato.

Passando alla già citata produzionidalbasso.com, a oggi ha raccolto 3.154.254 di euro per oltre 1.400 progetti. Di recente ha ospitato con successo “Che aria tira? Progetto di autocostruzione di centraline per il rilevamento della qualità dell’aria”, un’iniziativa promossa a Firenze da “Mamme no inceneritore”.

Ci sono poi piattaforme dedicate alle donazioni classiche, come retedeldono.it e iodono.com, che dopo l’alluvione che colpì l’isola, ha ospitato il progetto “È l’ora della solidarietà: emergenza Sardegna”: ha raccolto 138.896 euro.

Gli errori da non fare

Ma quali sono gli errori più diffusi da evitare per non far fallire la raccolta? “Caricare online il progetto senza coinvolgere, prima, durante e dopo la campagna, la community di riferimento dei donatori, illudendosi che i soldi arriveranno magicamente. Altro errore: una scadente presentazione del progetto, non accompagnata da un video, che deve essere breve, fresco, d’effetto, in cui il progettista ci mette la faccia trasmettendo l’entusiasmo per la sua proposta; l’offerta di ricompense banali, non appetibili” elenca Giacomo Cassinese, che ad aprile ha organizzato Crowdfest, il primo festival italiano per fare conoscere il crowdfunding e metterne in rete i protagonisti, “visto che ognuno fa per sé, mentre c’è bisogno di interazione per diffonderne la cultura” lamenta.

Venendo alle prospettive presenti e future del crowdfunding in Italia, la sua debolezza, secondo Agrizzi, è dovuta alla scarsa consapevolezza che cultura, arte, imprese creative e giovanili sono componenti essenziali della società, un’insensibilità che origina scarsa propensione alla donazione in sé, con le aggravanti del digital divide e della diffidenza per gli acquisti e i pagamenti online con carta di credito. Per questo Ginger incoraggia la raccolta di fondi offline nel corso di eventi e ha introdotto la donazione tramite bonifico bancario. Due, viceversa, i segnali positivi in atto: “Si stanno delineando alcune piattaforme leader, un trend che aiuterà a superare la frammentazione. Inoltre, sempre più spesso siamo invitate da università, incubatori, fondazioni, associazioni economiche di categoria a tenere laboratori sul crowdfunding, perché si è finalmente capito che per essere efficaci ci vuole il giusto know-how”.

Anche Simonelli vede positivo: “In Italia c’è una considerevole presenza di smartphone, ragion per cui, se l’analfabetismo digitale da fisso oggi è un fattore frenante, sul mobile il digital divide non esiste. Ed è su questo che bisogna lavorare” chiosa.

1° Rapporto italiano sul CrowdInvesting, tinyurl.com/hjsqlft

Kickstarter, www.kickstarter.com

Indiegogo, www.indiegogo.com

Il crowdfunding in Italia. Report 2015, tinyurl.com/zazp37a

Per un approfondimento sul social lending vedi S. Zamboni, “Quando il prestito è social”, Materia Rinnovabile 11; tinyurl.com/jxavmqf

Eppela, www.eppela.com/it

Starsup, www.starsup.it


\"\"Intervista a Ivana Pais, docente di Sociologia economica presso la facoltà di Economia dell’Università Cattolica

A cura di Silvia Zamboni

Crowdfunding: così si costruisce un progetto vincente

Esperta di social network e comunità professionali digitali, coautrice del volume “Crowdfunding. La via collaborativa all’imprenditorialità” (Egea, 2014), Ivana Pais è professore associato di Sociologia economica presso la facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Ecco il suo parere sul tema.

Cifre alla mano, sono i paesi anglosassoni a guidare le classifiche mondiali del crowdfunding. Come lo spiega?

“Non essendo un’alternativa secca ai canali convenzionali di finanziamenti bensì un canale complementare, nei paesi anglosassoni che si caratterizzano per un tessuto socioeconomico avvezzo a usare gli strumenti digitali, per una sviluppata filiera di venture capital, di investimenti e finanziamenti privati alle imprese, e per un sistema imprenditoriale fortemente orientato all’innovazione, il crowdfunding trova un suo posizionamento, mentre fatica a svilupparsi là dove manca questo tessuto di venture capital.”

Stime recenti segnalano l’emersione dei mercati asiatici.

“In termini numerici gli ultimi rapporti internazionali parlano di una forte crescita del mercato cinese, del quale non abbiamo però ancora messo a fuoco le caratteristiche e la portata del boom, anche se va da sé che il numero di soggetti che frequentano le piattaforme incide sulla performance complessiva. E la popolazione cinese a nove zeri è sicuramente uno straordinario bacino.”

Venendo al mercato italiano, quali sono i punti di forza del crowdfunding italiano?

“Una forte attenzione al sociale. Forse non è un punto di forza in senso proprio, di sicuro è un elemento di forte caratterizzazione rispetto alle piattaforme anglosassoni che hanno un orientamento più imprenditoriale.”

E i punti di debolezza?

“La struttura socioeconomica del paese ancora largamente refrattaria ai pagamenti digitali. C’è inoltre un elemento di debolezza strutturale di natura linguistica: una piattaforma in inglese può accedere a un mercato molto più ampio se paragonata a una in italiano.”

Che caratteristiche hanno i progetti vincenti?

“Dalla nostra analisi dei progetti del terzo settore è risultato che i più finanziati risultano circoscritti, hanno una buona diffusione sui social network, in particolare su twitter, e nella campagna online si descrivono tramite un video, una pratica che all’estero è la regola, ma non in Italia.”

Qual è l’identikit del frequentatore delle piattaforme?

“La differenza di base è tra chi investe (equity crowdfunding), chi pre-acquista un oggetto (reward-based) e chi dona. I tratti comuni sono l’accesso a internet e al pagamento elettronico, e la disponibilità di denaro. Quindi non è un ambiente per ragazzini, ma vi prevalgono gli uomini, specialmente del nord Italia, mentre nelle donazioni hanno spazio anche le donne.”

Vede dei legami tra crowdfunding ed economia circolare?

“Non diretti. Tuttavia molti dei prodotti più finanziati evidenziano, nella presentazione, forte attenzione al riuso dei materiali e agli aspetti di sostenibilità come valori intorno ai quali costruire la community. La logica alla base del crowdfunding e che lo differenzia dal venture capital, è appunto la costruzione di comunità intorno a sensibilità condivise. In questo senso l’economia circolare funziona da valore aggregante.”