L’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale ha presentato venerdì 11 giugno il nuovo Rapporto Rifiuti Speciali. I dati ISPRA, relativi all’anno 2019, mostrano come in questo settore l’Italia recuperi materia dal 69% dei rifiuti avviati a gestione, smaltendone in discarica solo il 7,3%.
I dati contenuti nel rapporto dicono tuttavia molto altro. Ospitiamo in proposito l’analisi di Chicco Testa, Presidente di FISE Assoambiente, l’Associazione delle imprese di igiene urbana, riciclo, recupero e smaltimento di rifiuti urbani e speciali ed attività di bonifica.

Rifiuti speciali in aumento

Sono molti i numeri che come ogni anno ISPRA pubblica nel Rapporto sui rifiuti speciali in Italia, vediamone alcuni.
Primo: in barba ad ogni ipotesi di disaccoppiamento fra crescita economica e produzione di rifiuti,
nel 2019 i rifiuti speciali aumentano del 7,3% rispetto al 2018, pari ad oltre 10 milioni di tonnellate (un terzo del totale dei rifiuti urbani per avere un’idea). Il PIL era cresciuto solo di qualche decimale. Un aumento importante che viene dopo una crescita registrata anche fra il 2017 e 2018, e che è prevalentemente generato dai rifiuti da costruzione e demolizione (+14%). Crescono i rifiuti non pericolosi, da 133 a 144 milioni di tonnellate, i pericolosi sono sostanzialmente stabili intorno ai 10 milioni.

I rifiuti da rifiuti

Secondo: oltre un quarto dei rifiuti speciali sono “rifiuti da rifiuti”, per oltre 38,6 milioni, cioè scarti prodotti dalle attività di recupero e smaltimento e dalle attività di bonifica e risanamento ambientale. A questi vanno aggiunti i rifiuti del trattamento delle acque. Dopo quelli da costruzione e demolizione, i “rifiuti da rifiuti” sono il principale flusso di rifiuti nazionale. Dato su cui riflettere per impostare la nostra strategia di economia circolare.

Export e localizzazione regionale

Terzo: rimaniamo un polo industriale europeo del riciclo con oltre due terzi dei rifiuti speciali che vanno ad operazioni di recupero. Ottima notizia, ma ci sono segnali di fragilità del sistema. L’export registra un aumento del 13,4% rispetto al 2018 e circa il 25% è diretto verso recupero energetico e discariche. Aumenta, anche se di poco, la discarica e gli stoccaggi assorbono l’11% del totale dei rifiuti. Un valore che segnala la difficoltà del sistema dei trattamenti finali nell’assorbire il flusso.
Quarto: la produzione e gestione di rifiuti speciali si concentra nel Nord Italia dove si genera il 57,6% del totale dei rifiuti delle attività economiche. Circa 6.000 gli impianti di recupero di materia, 81 gli inceneritori e circa 300 le discariche (di cui 142 per soli rifiuti inerti), 173 gli impianti di compostaggio e digestione anaerobica. Nella sola Lombardia viene smaltito il 26% del totale rifiuti speciali italiani. Uno squilibrio territoriale nord-sud ancora molto forte.
Quinto: praticamente non si incenerisce niente, vanno ad incenerimento 1,2 milioni di tonnellate e a coincenerimento 2 milioni di tonnellate. Ma esportiamo verso inceneritori europei.

La questione dei fanghi di depurazione

Sesto, la produzione di fanghi da depurazione civile aumenta di circa 280.000 tonnellate rispetto al 2018: segno che i processi di depurazione si stanno diffondendo ancora. Ma la maggior parte dei fanghi viene ancora oggi avviato a smaltimento e non a recupero. Bassissima la quota di rifiuti contenenti amianto trattati e gestiti.
Vedremo l’anno prossimo gli effetti della Pandemia sulla produzione dei rifiuti e come il sistema italiano ha affrontato la crisi economica conseguente. Restiamo un distretto del riciclo importante a livello globale, ma per affrontare le sfide del prossimo decennio occorrerà prestare attenzione ai segnali di criticità che il Rapporto indica con chiarezza.