Quanto è breve la vita di un giocattolo? Dal Soldatino di piombo a Toy Story, fior di narratori hanno cantato l’esistenza effimera, per quanto scintillante, di bambole, trenini e astronavi. Da re della cameretta a reietti della spazzatura: destino ineluttabile, a cui consumismo e marketing, uniti all’attenzione sempre più ondivaga dei nativi digitali, hanno dato un’accelerata.
Ma se l’
obsolescenza è in questo caso fisiologica (i bambini crescono, semplicemente), qualcosa si può fare – e si sta cominciando a fare - per rendere la sempre più imponente industria dei giocattoli un po’ più circolare.

Tutti i giocattoli del mondo

Stimare le dimensioni dell’industria del giocattolo è impresa ardua almeno quanto contare tutti i giochi nella camera dei vostri figli.
Secondo
Statista.com, il fatturato globale del mercato dei giocattoli si aggirava intorno ai 95 miliardi di dollari nel 2020. Cifra che sale addirittura a 129 miliardi di dollari secondo Fortune, che stima inoltre una crescita fino a 141 miliardi nel 2021, con un +22% di fatturato nell’anno della pandemia.
Certo è che, se già le dimensioni erano importanti, il
Covid-19, con i vari lockdown e la didattica a distanza, ha dato una bella spinta al mercato. Lo conferma anche Christian Ulrich, portavoce della Spielwarenmesse di Norimberga, la più grande fiera mondiale di giocattoli che ha chiuso il 6 febbraio l’edizione 2022. “Durante la pandemia le famiglie cercavano un modo per tenere i bambini occupati. - racconta Ulrich a Materia Rinnovabile - Giocattoli da esterno e mattoncini da costruzione sono stati una garanzia di vendita. Così come i giochi da tavola e i puzzle, oggetto di una vera riscoperta, hanno stimolato un’enorme crescita del settore”.
Settore in cui, manco a dirlo, la Cina è campione assoluto dell’export, per un valore che nel 2020 ha superato i 70 miliardi di dollari (Statista), mentre gli Stati Uniti si aggiudicano il podio come maggiori importatori, con oltre 36 miliardi di dollari di giocattoli stranieri che entrano ogni anno nelle camerette dei bambini americani.

...e tutti quelli che finiscono in discarica

Quando tuttavia si tratta di capire quanto, di questa enorme produzione, finisca in discarica ogni anno, i numeri scompaiono. Qualcuno ha provato a fare delle stime sulla base di sondaggi fra le famiglie. Ad esempio una charity britannica ha scoperto che il 28% dei genitori butta via giocattoli ancora in perfette condizioni, mentre addirittura il 47% ammette che i propri figli si stancano di un gioco nuovo dopo appena una settimana. Per la Francia, la società di stampanti 3D Dagoma, che ha ideato il progetto Toy Rescue, ha fatto una stima più precisa: le famiglie francesi gettano ogni anno nella spazzatura circa 40 milioni di giocattoli.
Avere dei dati consistenti è però quasi impossibile soprattutto perché i giocattoli dismessi non seguono un proprio
flusso separato, ma vanno a finire con i rifiuti indifferenziati. Il perché è principalmente una questione di convenienza economica, come ci spiega l’ufficio stampa di TerraCycle, società americana che si è posta l’obiettivo di implementare sistemi per riciclare tutto il non riciclabile, come appunto i giocattoli. “Quando l’oggetto è un mix di materiali complessi, come nel caso della stragrande maggioranza dei giocattoli, le operazioni di raccolta, cernita e riciclo costano di più del valore del materiale riciclato risultante: non c’è quindi convenienza economica. Questo è il motivo per cui i sistemi di riciclaggio tradizionali in Europa e nel mondo non riciclano i giocattoli”.
Quel che è peggio, l’industria del gioco è indubbiamente
il regno della plastica. Secondo una stima molto citata riportata una decina di anni fa dalla rivista Plastics-the mag, circa il 90% dei giocattoli sono fatti di un qualche tipo di plastica, il più delle volte non riciclabile. Per l’Unep, quello dei giocattoli è il settore a più alta intensità di plastica del mondo (Valuing Plastic, 2014). Aggiungiamoci anche il packaging, che spesso è parte essenziale dell’“esperienza gioco” così come ideata dal marketing (basti pensare ai vari ovetti Kinder, LOL surprise! e simili), e l’impatto ambientale è servito.

giocattoli toys vanessa bucceri unsplash 1

Toys Go Green

La plastica è senza dubbio il materiale dei desideri: malleabile, proteiforme ed economica, ha democratizzato il giocattolo, lo ha reso accessibile a tutti e in quantità sempre maggiori. Difficile dire basta. Eppure qualcosa si sta muovendo, dal punto di vista della sensibilità green, anche al momento di acquistare un giocattolo. L’attenzione alla sostenibilità e agli impatti ambientali è oramai un tema con cui il marketing deve fare i conti; quello che tuttavia sorprende per quanto riguarda il settore giocattoli è che a preoccuparsene non sono soltanto gli adulti che aprono il portafogli, ma sono gli stessi bambini. Non è raro leggere notizie di petizioni lanciate da dieci-dodicenni (soprattutto bambine, va detto) per bandire giocattoli di plastica o chiedere alle catene di fast-food di sostituire i propri gadget con qualcosa di più ecologico.
Il trend è diventato fisiologico, come ci conferma
Christian Ulrich: “Cresce la domanda di giocattoli realizzati con materiali ecologici o che promuovono un comportamento rispettoso dell'ambiente”. E la Spielwarenmesse si è anche attrezzata a riguardo: “Con il nostro megatrend Toys go Green, ci concentriamo su questo tipo di prodotti e approcci al gioco. Inoltre, ogni anno premiamo i giocattoli migliori con il ToyAward, che è stato ampliato nel 2022 per includere una nuova categoria Sostenibilità”.
Quali sono, dunque, le strategie per rendere i giocattoli più sostenibili e circolari?

Materie prime sostenibili o riciclate

Si può partire innanzitutto dai materiali utilizzati per la produzione. “Sempre più aziende stanno sviluppando e commercializzando prodotti realizzati a partire da materie prime circolari o bio-based – spiega Ulrich – Si cercano poi soluzioni innovative per continuare a utilizzare le plastiche, ad esempio producendole a partire da zucchero, amido o cellulosa. E inoltre il riciclo si sta facendo strada anche nel mondo dei giocattoli, ad esempio con l’utilizzo di plastiche o altre componenti riciclate”.
Un esempio recente arriva dal colosso per eccellenza dell’industria del gioco:
Lego. L’azienda danese ha lanciato, nell’estate 2021, il primo prototipo di mattoncino fatto di plastica riciclata, nella fattispecie il PET delle bottiglie, e inoltre da diversi anni sta lavorando per creare parti dei suoi set di costruzione in bioplastica.
C’è poi chi, senza essere un colosso, si è da anni ritagliato una nicchia green nell’industria del gioco. È il caso dell’azienda californiana
Green Toys, che ha uno sconfinato catalogo di giocattoli tutti realizzati al 100% in plastica riciclata dalle bottiglie di latte, tanto comuni negli States.
L’Italia, dal canto suo, batte strade inesplorate. Lo scorso novembre lo storico brand
Clementoni, grazie alla collaborazione di Pampers e Fater, ha annunciato una novità nella sua linea di giochi per la prima infanzia in plastica riciclata: un Baby Garden fatto con il 15% di materiali derivanti dal riciclo dei pannolini.

Uno scatolone per salvarli dall’inceneritore

Una bocca di fuoco dantesca si spalanca per inghiottire il cowboy Woody, Barbie, Mr Potato e gli altri eroi di Toy Story 3, finiti in un girone infernale per giocattoli. La terrificante scena dell’inceneritore è ormai parte dell’immaginario comune, ma non deve essere per forza questo il destino di bambole, macchinine e pupazzi dismessi.
Se è vero che non esiste una filiera dedicata al
riciclo dei giocattoli, diversi brand si stanno però organizzando con i loro mezzi o appoggiandosi a chi ha fatto del “recupero del non riciclabile” la propria missione. Tra questi ci sono veri e propri leader del mercato come Hasbro, LOL Surprise!, Mattel e Zuru che hanno annunciato partnership con la società americana Terra Cycle, fondata da Tom Szaky con il preciso intento di “eliminare l’idea di rifiuto”. “Collaboriamo con diversi marchi di giocattoli leader a livello globale per offrire programmi di riciclaggio gratuiti a cui i cittadini possono iscriversi e raccogliere rifiuti per conto delle loro comunità”, ci dicono da TerraCycle. E quando non ci sono programmi gratuiti sponsorizzati dalle aziende, TerraCycle si rivolge direttamente alla buona volontà dei cittadini, offrendo diverse soluzioni di riciclo attraverso la piattaforma Zero Waste Box.
“Il funzionamento è semplice. - ci spiegano – Ad esempio per la Toys Zero Waste Box, il costo per il consumatore include la consegna dell’imballaggio, il costo per la spedizione di ritorno a TerraCycle e il costo di riciclaggio del contenuto della scatola. Basta scegliere la dimensione della scatola richiesta (piccola, media o grande); una volta ricevuta, la si riempie con gli oggetti non riciclabili attraverso i servizi comunali, come giocattoli di plastica non elettronici, mattoncini di plastica, servizi da tè in plastica e set da cucina, bambole, peluche, action figure, carte, dadi, tabelloni da gioco, pezzi di giocattoli, imballaggi da giochi da tavolo, set da costruzione, tessere di puzzle, eccetera. Una volta piena, si porta la scatola in qualsiasi punto UPS o si prenota un ritiro per la spedizione a TerraCycle utilizzando l'etichetta di spedizione UPS prepagata già apposta sulla scatola. Quando riceviamo la scatola, ricicliamo tutti i materiali raccolti, salvandoli così dalla discarica o dall’incenerimento”.
Il processo di riciclaggio è piuttosto complesso, vista – come si diceva – la quantità di materiali diversi di cui è in genere composto un giocattolo. “Innanzitutto vengono separati meccanicamente o manualmente i tessuti, i metalli, le fibre e la plastica. Gli scarti di tessuto vengono poi riutilizzati (upcycling) o riciclati a seconda dei casi. I metalli vengono fusi per essere riciclati. Le fibre, come carta o prodotti a base di legno, vengono riciclate o compostate. Le materie plastiche, infine, subiscono l'estrusione e la pellettizzazione per essere modellate in nuovi prodotti”. Non è detto che i materiali così recuperati rientrino nel ciclo di produzione dei giocattoli: TerraCycle si preoccupa fondamentalmente di fornire materia prima riciclata per l’industria, che poi potrà trasformarla in qualsiasi altra cosa, da un poltrona da giardino a un cestino per i rifiuti.

Un gioco è bello se dura… tanto

Tra tutte le nostre soluzioni, la Toy Zero Waste Box non è sicuramente la più popolare”, ammettono da TerraCycle. Il motivo tuttavia non depone a sfavore dei consumatori, anzi: la maggior parte delle persone preferisce infatti donare i propri giocattoli usati, invece che riciclarne i materiali.
Del resto
il riuso e l’allungamento della vita degli oggetti – è sempre bene ribadirlo – costituiscono il primo e più importante anello dell’economia circolare, perché conservano l’intero valore del prodotto, non solo le materie prime ma anche l’energia investita per fabbricarlo. E, nel caso di un giocattolo, il suo valore emotivo.
Le prime opzioni quando si tratta di disfarsi di giocattoli usati sono in genere quelle di “
lasciarli in eredità” a figli, nipoti, cuginetti e figli di amici o donarli a scuole e asili infantili. C’è anche l’opzione delle biblioteche di giocattoli, che negli ultimi anni si vanno affermando sempre più soprattutto nel mondo anglosassone. A differenza delle ludoteche, che sono spazi dove i bambini vanno a trascorrere le ore extra-scolastiche, generalmente in presenza di educatori, le biblioteche di giocattoli danno in prestito bambole, costruzioni e giochi da tavola per brevi periodi di tempo, esattamente come si fa per i libri. Il modello è simile a quello delle biblioteche di oggetti o tool libraries: un servizio alla comunità in linea con i principi della sharing economy. Le biblioteche possono essere completamente gratuite o richiedere un abbonamento, ma il beneficio è impagabile. I bambini si trovano davanti a un’enorme scelta che soddisfa la loro voglia di novità e non gli lascia il tempo di farsi venire a noia nessun giocattolo; le famiglie non si ritrovano sommerse di pupazzi e astronavi di cui non sanno come disfarsi e risparmiano soldi, così che anche chi non ha grandi possibilità economiche può permettersi di far giocare i propri figli con quello che vogliono. In più è un buon antidoto alla smania di possesso e un modo divertente per insegnare il valore della condivisione sin da piccoli.

Il pronto soccorso dei giocattoli

Perché i giocattoli possano essere usati e riusati a lungo, è tuttavia necessario che siano progettati per durare. E non è sempre così. Uno dei problemi più comuni è l’impossibilità di ripararli quando si rompono, principalmente perché non c’è modo di procurarsi delle parti di ricambio. Braccia, gambe, teste (fa un po’ orrore, è vero..), ruote, porticine, ali, pistole, corna, elmetti e alabarde spaziali si staccano, si spezzano o si perdono. E il compagno di giochi diventa così materiale da spazzatura.
La giovane società francese
Dagoma, il cui core business sono le stampanti 3D, ha dunque deciso di porre rimedio a questa ecatombe inventandosi il progetto Toy Rescue. L’idea, partita nel gennaio 2020, è di mettere online gratuitamente i progetti per stampare in 3D varie parti di giocattoli che solitamente si rompono, così che ognuno possa ripararli in autonomia.
La prima domanda a questo punto è: come scegliere fra i milioni di giocattoli prodotti e commercializzati? “
Abbiamo cominciato scegliendo i best seller degli ultimi 40 anni”, racconta a Materia Rinnovabile Matt Regnier, Ceo di Dagoma. Un giro sul sito di Toy Rescue può in effetti trasformarsi in un viaggio nella memoria: c’è Barbie naturalmente, ma anche Big Jim e le Bratz, ci sono i Mini Pony, i personaggi di Guerre Stellari e i super-eroi Marvel, He-man, le Tartarughe Ninja, il Furby, Mr Potato, le Hot Wheels e centinaia di altri. “E per chi avesse bisogno di un pezzo che non è fra quelli che abbiamo disegnato – aggiunge Regnier - può sempre inviarci una richiesta via mail e noi provvederemo ad aggiungerlo al catalogo”. Il tutto incredibilmente gratis L’iniziativa (che, inutile dirlo, ha subito avuto un grande successo) poggia infatti sulla naturale vocazione alla cooperazione e condivisione della comunità dei makers, ovvero gli utilizzatori delle stampanti 3D. “Se hai una stampante a disposizione, allora puoi fare da solo. In caso contrario, attraverso la nostra piattaforma è possibile trovare il proprietario di una stampante Dagoma più vicino a casa tua e metterti in contatto direttamente con lui o lei. Non sappiamo in realtà se poi le persone si accordino tra loro per un pagamento, ma dai feedback che riceviamo – dice Regnier - avviene sempre tutto gratuitamente, per il piacere di contribuire a un mondo più sostenibile”.
La rete di Dagoma è principalmente francese, ma il loro pronto soccorso per giocattoli sta diventando famoso un po’ in tutto il mondo e conta connessioni da vari Paesi europei (Italia compresa), da Stati Uniti, Brasile e persino da Taiwan e dalla Cina. “I tempi sono maturi per questo tipo di iniziative – conclude Regnier – Noi facciamo la nostra piccola parte, ma ce ne vorrebbero a centinaia”.
Intanto, però, un po’ di soluzioni
per riparare, riusare e riciclare i giocattoli già esistono, basta avere la buona volontà di cercarle. Tanto più che a nessun ex-bambino piace l’idea di spedire i vecchi compagni di gioco dritti nella bocca di fuoco di un inceneritore.

Immagini: Chris Hardy, Vannessa Bucceri (Unsplash)