“Tutti diventeremo ‘circolari’ perché è la cosa giusta da fare, ma non credo ci sia bisogno che ogni persona sappia nei dettagli cos’è l’economia circolare: è sufficiente che i prodotti o i servizi siano realizzati e forniti loro in questo modo. Invece, per chi lavora nel settore dell’educazione è assolutamente necessario conoscere tutto il processo: perché è il futuro, è un diverso modo di pensare.” 

La voce pacata e gli occhi chiari e profondi di Ellen MacArthur sono il segno della determinazione che nel 2005 l’ha portata a stabilire il record di circumnavigazione del mondo a vela, in solitaria e senza scalo: impresa che le è valsa la nomina a Dama dell’impero britannico. Ed è con un tono semplice e convincente che MacArthur spiega l’importanza del sistema universitario per accelerare la transizione dalla “classica” economia lineare a un modello circolare, fondato sulla sostenibilità, l’energia rinnovabile, il riuso e la rigenerazione dei materiali: un cambio di paradigma che guida tutta l’attività della fondazione che porta il suo nome. 

Dal 2010 la Ellen MacArthur Foundation (EMF) coinvolge nelle sue campagne istituzioni internazionali amministrazioni pubbliche, colossi industriali e finanziari. Non ultima l’italiana Intesa Sanpaolo, che pochi mesi fa insieme alla Fondazione Cariplo ha creato a Milano il primo laboratorio per l’economia circolare in Italia, il Circular Economy Lab. Ed è a margine dell’inaugurazione di fine settembre, negli spazi della Cariplo Factory dell’ex fabbrica Ansaldo, che Materia Rinnovabile ha chiesto a MacArthur di raccontare i rapporti tra la sua fondazione e le istituzioni accademiche di tutto il mondo.

 

Qual è l’atteggiamento del mondo accademico verso l’economia circolare? In che modo la Fondazione ha iniziato a collaborare con le università e gli enti di ricerca?

“Quando noi abbiamo cominciato, l’economia circolare era un tema nuovo. All’inizio abbiamo stretto accordi con un piccolo numero di università specializzate in economia e design di prodotto, per capire in che modo insegnarla e come gli studenti potessero portarla avanti, ma anche per farla penetrare all’interno dell’accademia. Queste sono le istituzioni che chiamiamo ‘Pioneer Universities’. I partecipanti al nostro programma di borse di studio dovevano frequentare una summer school di una settimana con un professore di questi atenei e lavorare con lui a un progetto di innovazione della durata di un anno. Questo ci ha aiutato a far entrare l’economia circolare nel mondo accademico.”

 

Quali sono attualmente le principali partnership tra la Ellen MacArthur Foundation e le istituzioni universitarie?

“Collaboriamo attivamente con un gruppo di istituti – le ‘Network Universities’ – che all’interno delle loro discipline di riferimento propongono programmi di insegnamento e/o di ricerca sull’economia circolare. E poi abbiamo delle ‘Partner Universities’ che partecipano al nostro programma di borse di studio che l’anno prossimo verrà allargato ancora. Tra queste ci sono il Politecnico di Milano, il MIT di Boston, Yale, Berkeley, la Crownfield Imperial University, la London Business School, l’Indian Institute of Design e l’Università di Tongij in Cina.”

 

L’impegno nella formazione e istruzione 

Quello della formazione e dell’istruzione superiore è uno dei campi d’attività più importanti della Ellen MacArthur Foundation. Secondo una stima dell’organizzazione, i progetti di apprendimento organizzati in questi otto anni hanno raggiunto un pubblico di 7,68 milioni di persone in tutto il mondo. 

Si tratta di programmi che spaziano dal Business Learning – che ha lo scopo di sostenere l’applicazione pratica del quadro dell’economia circolare all’interno delle imprese – alle collaborazioni con istituti superiori e scuole di tutto il mondo per sviluppare e integrare il modello dell’economia circolare nei loro percorsi di studio. In particolare, dal 2016 la EMF ha stretto degli accordi con UWC (United World Colleges, una rete internazionale di istruzione superiore di cui fanno parte 17 scuole in 4 continenti) e con International Baccalaureate, organizzazione a cui aderiscono 5.000 istituti di 150 paesi. 

Fin dalla sua nascita, la fondazione ha avviato una stretta partnership con otto università – le cosiddette “Pioneer Universities” – che hanno istituito specifici insegnamenti e progetti di ricerca sui princìpi e le applicazioni dell’economia circolare, diventando “i fari che hanno contribuito in modo più significativo alla diffusione dell’economia circolare in tutto il mondo”: è il caso, per esempio, del Center for Circular Economy dell’università britannica di Exeter. 

Inoltre la Ellen MacArthur Foundation collabora con le “Network Universities” (tra cui figurano anche l’università di Pavia e la Bocconi di Milano): un gruppo di atenei che hanno avviato programmi di ricerca sull’economia circolare all’interno di alcuni specifici corsi. Altre università, infine, come il MIT di Boston, l’ateneo di Tongij in Cina o il Politecnico di Milano, sono partner di progetti specifici della fondazione a cui partecipano con tutor e studenti, come il programma di borse di studio post-laurea Schmidt MacArthur, che mira a creare una piattaforma globale di innovazione per ricercatori e accademici negli ambiti del design, dell’ingegneria e del business, per ridisegnare l’economia in direzione del modello circolare. 

 

Le otto ‘Pioneer Universities’ partecipano anche al vostro progetto CE100 (Circular Economy 100). Come funziona? 

“È un programma di accelerazione: l’idea è favorire la condivisione delle riflessioni più attuali sull’economia circolare e sviluppare dei progetti su queste basi, stimolando la collaborazione tra organizzazioni – istituti di ricerca, aziende, comuni e regioni – tutti impegnati ad allargare la diffusione di questi progetti e a scalare l’idea di economia circolare. Tutto quello che facciamo come Fondazione punta a rendere scalabile il modello dell’economia circolare.”

 

Quali sono i temi su cui c’è più urgenza di fare ricerca – sia in ambito accademico sia nel privato – per sviluppare l’economia circolare? 

“Sono moltissimi, perché parliamo di un intero modello economico. C’è bisogno di ricerca a tutto campo: modelli di business diversi, materiali innovativi o diversi, nuovi design dei prodotti pensati apposta per un percorso circolare, per essere smontati e ricomposti. E poi il marketing: capire come collocare sul mercato l’economia circolare, perché probabilmente non si venderanno prodotti ma li si fornirà come servizi.”

 

È possibile misurare la circolarità di un’impresa? C’è qualcuno che si sta muovendo in questa direzione? 

“C’è un grande dibattito su come misurare la circolarità: alcune aziende con cui abbiamo lavorato hanno messo in campo degli strumenti per calcolarla, ma la questione è molto complessa. Un tipo di misurazione possibile è guardare al modo in cui una risorsa viene utilizzata, a quante materie prime entrano in un prodotto quando viene realizzato. Ma questo non è sufficiente: occorre fare attenzione anche a come quel prodotto si inserisce nell’economia, se si trova nei cicli economici prima di essere dismesso o fabbricato di nuovo, e al dispendio di energia. Come si misurano questi aspetti?”

 

Quali sono i paesi in cui l’economia circolare sta facendo più progressi? L’Italia che ruolo può giocare?

“I mercati emergenti hanno un’enorme possibilità di scavalcare il modello lineare: abbiamo diffuso da poco i risultati di uno studio che delinea i grandi benefici economici che l’economia circolare potrà dare alla Cina. Lo stesso vale per l’India e per altri paesi in via di sviluppo. Quanto all’Italia ha opportunità enormi: basta pensare agli esempi di raccolta degli scarti alimentari a Milano o in altre città. Ma anche a tutte le aziende che guardano al futuro, alle startup che lavorano alla creazione di fibre diverse per il mondo della moda. E poi l’Italia è all’avanguardia per il design, tutto il mondo la apprezza per questo. L’economia circolare è design intelligente, design per il futuro. Un prodotto deve essere bello ma anche inserirsi in un sistema: chi se non l’Italia può trovare il design migliore per riuscire a farlo?” 

 

 

Ellen MacArthur Foundation, www.ellenmacarthur foundation.org

CE100, www.ellenmacarthur foundation.org/ce100