Economia circolare, innovazione, rigenerazione dei territori. La ricetta di Novamont resta la stessa, ma il raggio d’azione si allarga. Dal Mater-Bi, la madre di tutte le bioplastiche, l’azienda di Novara oggi arriva al Celus-Bi e sbarca nei bio-cosmetici. Il salto sembra enorme, ma lo spirito non cambia. Alla base di questo passo c’è sempre l’ambizione di trovare una soluzione industriale e pulita ai grandi problemi del nostro tempo. 

In questo caso si tratta di mettere un argine alla “polvere” di polietilene di origine fossile che ormai dilaga in tutti i prodotti cosmetici e per la cura del corpo, finendo direttamente in mare dagli scarichi domestici, senza che i depuratori riescano a intercettarla. Si stima che fino a 24 tonnellate di microplastiche derivate dall’uso di cosmetici siano sversate ogni giorno nei mari europei, per un totale di 8.600 tonnellate l’anno. 

E il Mediterraneo è uno dei mari con la più alta concentrazione al mondo di microplastiche. Molti studi confermano che una volta in mare questi microframmenti non biodegradabili vengono ingeriti dalla fauna, assieme alle sostanze tossiche accumulate, entrando così nella catena alimentare che arriva fino alle nostre tavole. Chi mangia regolarmente prodotti ittici ingerisce fino a 11.000 frammenti di plastica all’anno, secondo i risultati di una ricerca dell’università di Gand, tanto che l’Autorità europea per la sicurezza alimentare ha richiamato l’attenzione degli scienziati sulla necessità di studiare gli effetti delle microplastiche sul nostro organismo, “dato il potenziale di inquinamento da microplastiche nei pesci commerciali”. La stessa Commissione europea si sta preoccupando dell’inquinamento da microplastiche originato dall’industria cosmetica e nei primi mesi del 2018 ha avviato una serie di consultazioni con gli stakeholder per raccogliere informazioni ai fini di una proposta di restrizione all’utilizzo delle microplastiche aggiunte nei cosmetici e in altri settori entro gennaio 2019. 

In previsione di questi sviluppi, Novamont ha speso anni studiando le possibili alternative e ora è pronta per entrare in questo mercato sempre più inquinato e inquinante, offrendo una serie di soluzioni biodegradabili all’industria cosmetica. 

Nasce così la linea Celus-Bi che utilizza in prevalenza materie prime vegetali rinnovabili provenienti dall’agricoltura tradizionale. Frutto della ricerca Novamont in partnership con Roelmi Hpc, azienda italiana che opera nel mercato dei prodotti per la cura della salute e della persona, la linea Celus-Bi fornisce una gamma di ingredienti ad alte prestazioni e basso impatto ambientale adatti per applicazioni in creme idratanti, shampoo, fondotinta, rossetti e altro. Celus-Bi Sphera è una linea di sfere biodegradabili utilizzabili come agenti esfolianti che se realizzati con microplastiche non biodegradabili (generalmente di diametro tra i 100 micron e 1 millimetro) causano l’accumulo nei fanghi dei depuratori e quindi il loro inquinamento, con la conseguente dispersione nel suolo o in mare. 

Celus-Bi Feel è un agente texturizzante a base di un polisaccaride modificato per via fisica, per la realizzazione di prodotti applicati e non lavabili in breve tempo come il trucco o le creme idratanti. Le microplastiche attualmente utilizzate come additivi per questi prodotti non sono biodegradabili, motivo per cui gli impianti di depurazione non sono in grado di trattenerle. Il valore aggiunto del Celus-BI Feel è di poter biodegradare completamente all’interno dell’impianto di depurazione, così da non raggiungere né il suolo né il mare. 

 

La sfida bioeconomica

Questo nuova linea di produzione di Novamont dimostra come la filiera delle bioplastiche e della chimica possa rappresentare un cambio di paradigma complesso e lungo, ma possibile, e di come possa avere delle ricadute tangibili. Ne sono segnale evidente gli innumerevoli salvataggi di impianti chimici in crisi messi a segno da Novamont negli scorsi anni. Come lo stabilimento Mater-Biopolymer di Patrica, in provincia di Frosinone, che rischiava la dismissione e invece ora sta raddoppiando la produzione, dopo essere stato traghettato dal Pet ai biopoliesteri grazie all’intervento di Bastioli. Il successo di Patrica, passato da 50 a 100.000 tonnellate di biopoliesteri dopo un lungo lavoro di riconversione, è stato festeggiato a metà ottobre 2018 con l’inaugurazione ufficiale della seconda linea. Ora la vera sfida è accelerare la simbiosi in quei settori fino a oggi non erano collegati tra di loro, ma che, proprio attraverso la piattaforma e le infrastrutture create da Novamont, potrebbero connettersi facendo crescere esponenzialmente le opportunità di nuovi prodotti come Celus-Bi. Senza questa accelerazione, lo sforzo di rendere il paese competitivo nei biomateriali finirà per essere poco utile, se non vano. 

Per Catia Bastioli, Ad di Novamont, gli ingredienti per questa rivoluzione si riassumono in una grande sfida condivisa a livello europeo e nazionale e declinata a livello regionale. La missione dovrebbe essere rivitalizzare i territori da un punto di vista economico, sociale, occupazionale e ambientale, partendo da elementi critici del territorio stesso e trasformandoli in opportunità. Si potrebbe iniziare dalla promozione di dimostratori in agricoltura in aree meno sviluppate del sud Italia, moltiplicabili nel Mediterraneo per massimizzare lo sviluppo della ricerca nel settore agricolo e agroindustriale e le sue ricadute. Un programma di censimento dei siti industriali non più competitivi e lo sviluppo di progetti di rivitalizzazione con nuove tecnologie fortemente innovative potrebbe invece portare a una continua integrazione dei processi a monte e a valle, minimizzando gli impatti ambientali. 

L’idea è trovare un intreccio produttivo fra agricoltura e industria, puntando sempre a chiudere il cerchio nei singoli territori, risanando le aree inquinate e nel contempo creando innovazione e sviluppo, senza buttar via nulla. È il sogno dell’economia circolare perfetta, a cui Bastioli lavora fin dai tempi della Montedison di Raul Gardini e del centro di ricerca Fertec, che ha contribuito a fondare. Oggi siamo in un altro secolo, ma la sfida della chimica verde resta un’opportunità ancora tutta da sfruttare. 

 

 

Celus-Bi, www.novamont.com/celus-bi

Immagine in alto: Credit: Novamont