Nel 2017 l’immesso al consumo di imballaggi in acciaio è stata pari a 480.000 tonnellate e a parte alcune oscillazioni di carattere congiunturale, come quelle legate alla crisi economica del 2008, il trend dell’immesso al consumo è abbastanza costante. Nel corso degli anni la tipologia degli imballaggi in acciaio prodotti è andata cambiando e il calo dell’immesso al consumo ha interessato soprattutto gli imballaggi appartenenti alla categoria General line – le latte, i secchielli e i fustini destinati all’industria per vernici, pitture, smalti e oli – Open top e i tappi a corona, mentre le capsule e i fusti e gabbie per cisternette sono cresciuti.

Nonostante gli imballaggi siano solo il 4% di tutto l’acciaio circolante, grazie a Ricrea il mercato di riciclo è riuscito a svilupparsi tramite il coinvolgimento di tutti gli attori della filiera: dai Comuni ai loro delegati, alle piattaforme di selezione, gli operatori del rottame e infine ai riciclatori finali, acciaierie e fonderie.

Il passaggio da un modello lineare a uno circolare è quindi un percorso in parte consolidato nella filiera, e anche i nuovi target posti dalle direttive europee sono accessibili (l’80% al 2030) se non già ampiamente raggiunti (il 70% al 2025).

Ricordiamo solo che dal 2000 al 2017 sono stati avviati a riciclo quasi 6 milioni di tonnellate di imballaggi in acciaio, passando da 153.000 a 361.000 tonnellate, ovvero dal 25,5% nel 2000 al 75,3% del 2017.

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Il CAC (Contributo Ambientale Conai), uno degli strumenti di finanziamento del Consorzio oltre ai ricavi da cessione del materiale, riveste un’importanza strategica nonché competitiva nella scelta del materiale per il confezionamento di un bene.

Nel 2017, grazie soprattutto all’incremento significativo dei ricavi da cessione materiale, sono aumentati i ricavi del Consorzio e questo trend positivo ha consentito di ridurre il CAC, che dal 1° gennaio 2018 ha raggiunto quota 8 euro/ton, il valore più basso dalla costituzione di Ricrea: il trend in diminuzione è ormai una costante, passando da 31 euro/ton del 2010, 26 euro/ton nel 2012, 21 euro/ton da aprile 2015, 13 euro/ton da ottobre 2015 fino agli attuali 8 euro/ton.

Il 2017 è anche il primo anno in cui i ricavi generati dalla vendita di materiale hanno superato le entrate dovute al contributo ambientale.

La sfida è ovviamente quella di continuare a far fronte alle minori entrate dovute alla riduzione del CAC assicurando al tempo stesso un maggior impegno nei confronti dei Comuni cui vanno riconosciuti i corrispettivi per la raccolta degli imballaggi per migliorare ulteriormente i risultati già ottenuti.

La definizione del nuovo punto di riciclo in entrata al processo di riciclo finale, così come stabilito dalle nuove direttive, conduce alla necessità di una gestione completa dei flussi a valle della raccolta, che deve essere opportunamente analizzata.

Nell’attuale modello di gestione dei rifiuti di imballaggio in acciaio, Ricrea svolge un ruolo di coordinamento: la lavorazione (valorizzazione) del materiale è in capo alle imprese di recupero dei metalli che ritirano il materiale messo a disposizione presso le piattaforme di stoccaggio/selezione e, dopo la lavorazione, lo avviano al riciclo finale in acciaieria o fonderia.

Dal 2014 Ricrea ha attivato un nuovo canale di vendita, cedendo una parte del materiale gestito non agli operatori ma direttamente alle acciaierie (stipulando contratti diretti): una parte dei materiali raccolti da superficie pubblica viene sottoposto a lavorazione direttamente presso alcune piattaforme dotate di particolari impianti (piccoli mulini di frantumazione) che producono un materiale idoneo all’utilizzo in acciaieria, saltando quindi il passaggio presso gli operatori del recupero.

Le prime applicazioni di questo modello sono state attivate in Sardegna e in Sicilia nel 2015, dove parte del materiale viene consegnato direttamente dalla piattaforma di selezione, dotata di mulino di frantumazione, all’acciaieria.

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Questo modello comporta una serie di effetti positivi in termini economici, ambientali e di qualità dei materiali trattati:

  • ottimizzazione della logistica del materiale, con positive ricadute ambientali ed economiche soprattutto dove vi è un alto costo di trasporto (come dalle due isole maggiori). Lavorare il rifiuto in loco e avviarlo a riciclo direttamente in acciaieria, saltando di fatto un passaggio, significa superare la frammentazione della filiera con un maggior controllo sui benefici, miminizzando gli impatti ambientali negativi e razionalizzando i costi;
  • maggiore margine sui ricavi da cessione del materiale rispetto alla vendita tradizionale. Ciò permette di ridurre il CAC e di rendere ancora più competitivi gli imballaggi in acciaio sul mercato di consumo;
  • ricavi per il contributo alla valorizzazione riconosciuti direttamente ai Comuni/convenzionati aumentando di fatto l’attenzione alla quantità e qualità del materiale conferito.

Il Consorzio ha stretto in questi anni diverse partnership con università o enti di ricerca per essere sempre aggiornato sugli avanzamenti del settore dell’acciaio e degli imballaggi. Gli ultimi due progetti attivati, i cui risultati saranno sviluppati e presentati nel corso del 2018, sono:

“Proprietà e prestazioni degli imballi metallici: ciclo di vita, recupero e reimpiego”, affidato al Politecnico di Milano – Dipartimento di Meccanica.

“Sostenibilità ambientale dell’acciaio utilizzato come food-packaging con annessa una attività sperimentale volta a confrontare l’efficacia protettiva di diversi materiali di confezionamento nella preservazione delle caratteristiche sensoriali di diverse tipologie di oli vegetali”, affidato all’Università delle Scienze Gastronomiche di Bra (Cn).

Le criticità maggiori che intravediamo, per ottenere una piena e completa applicazione della circular economy, sono legate, da un lato, alla natura stessa del mercato dell’acciaio, dall’altro, alla specificità delle tipologie delle raccolte differenziate in italia:

  • Allo stato tecnologico attuale non tutta la gamma di prodotti siderurgici è ottenuta con acciaio riciclato, tranne rare eccezioni i laminati piani sono prodotti solo da ciclo integrale (dove la principale fonte di alimentazione è il minerale di ferro e carbone per utilizzo in altoforno). La sfida mondiale del futuro è quella di ridurre drasticamente la produzione siderurgica da altoforno (energivora e ambientalmente impattante) in favore di quella da fonte rinnovabile.
  • Gli imballaggi in acciaio vengono raccolti quasi sempre con altri materiali come plastica e vetro, la cui successiva separazione rappresenta in certi casi un fattore di criticità a causa della presenza di frazioni estranee nel rottame estratto. La scarsa qualità del materiale genera un duplice ordine di questioni:
    - problemi di accettazione del materiale presso l’operatore finale;
    - stante il continuo aumento dei costi di smaltimento, la redditività della filiera rischia di essere compromessa.

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I benefici ambientali e socio-economici della gestione consortile

Nel 2017, delle 361.000 tonnellate di rifiuti di imballaggio in acciaio avviati a riciclo e rigenerazione, i quantitativi gestiti da Ricrea ammontano a 193.000 tonnellate, pari al 54% del riciclo nazionale.

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I quantitativi avviati a riciclo e rigenerazione dal Consorzio tra il 2005 e il 2017 mostrano un andamento altalenante, con un picco di 227.000 registrato nel 2009 e un minimo di poco inferiore alle 200.000 fatto segnare proprio nell’anno appena trascorso.

Questo andamento è riconducibile a diversi fattori, tra cui le dinamiche macro-economiche e l’influenza sull’immesso al consumo. In particolare, nell’ultimo triennio 2015-2017, si osserva un nuovo trend in riduzione, questa volta guidato in larga parte dell’aumento delle impurità e della Frazione Merceologica Similare (FMS) presenti nella raccolta. Le quantità di rifiuti da imballaggio che Ricrea avvia a riciclo sono determinate detraendo dai volumi raccolti la quota delle impurità e FMS determinate attraverso lo svolgimento di apposite analisi merceologiche. Questo è riconducibile a un mix di cause, non tutte necessariamente negative, come la crescita della copertura territoriale che ha portato a includere anche zone in cui la qualità della raccolta differenziata è ancora di basso livello; la stipula di convenzioni per la selezione dei rifiuti indifferenziati (con percentuali di impurità notevoli, proprie della tipologia di rifiuto); le scelte impiantistiche compiute da alcuni operatori che hanno visto il miglioramento delle performance di selezione di alcuni materiali a scapito di altri.

Secondo i risultati del Tool LCC sviluppato da Conai, tra il 2005 e il 2017 l’attività di riciclo dei rifiuti di imballaggio in acciaio provenienti da raccolta differenziata e indifferenziata da superficie pubblica e la rigenerazione di fusti e cisternette da superficie privata svolta da Ricrea ha consentito complessivamente di evitare il consumo, come sistema Paese, di oltre 3 milioni di tonnellate di materia prima, equivalenti in peso a oltre 8.000 treni Frecciarossa ETR 1000.

Il trend della materia prima risparmiata è coerente con l’andamento dei quantitativi avviati a riciclo e rigenerazione, mostrando un andamento altrettanto altalenante.

Nel solo 2017, grazie al riciclo degli imballaggi in acciaio, il Consorzio Ricrea ha permesso di evitare il consumo di 241.000 tonnellate di materia prima.

Complessivamente, tra il 2005 e il 2017 l’attività svolta dal Consorzio ha consentito al nostro Paese di evitare il consumo di circa 20 TWh di energia primaria, equivalenti al consumo di energia primaria di 12 centrali termoelettriche. L’andamento nel tempo dell’energia risparmiata, analogamente ai quantitativi avviati a riciclo, presenta un andamento irregolare negli anni. Il trend di riduzione è dovuto anche ai miglioramenti dell’efficienza energetica del processo di produzione degli imballaggi realizzati con materia prima vergine.

Nel solo 2017, il risparmio energetico derivante dal riciclo degli imballaggi in acciaio gestiti da Ricrea è stato pari a 1,2 TWh di energia primaria equivalente.

Tra il 2005 e il 2017, in primo luogo grazie ai minori consumi energetici derivanti dall’impiego di materia prima seconda e dal riutilizzo, è stata evitata complessivamente l’emissione di 4 milioni di tonnellate di CO2eq, equivalenti alle emissioni generate in un anno da oltre un milioni di autovetture con una percorrenza media di 20.000 chilometri. Diversamente dagli altri indicatori ambientali, pur mostrando sempre una certa variabilità nel corso degli anni, il trend del risparmio di CO2 è complessivamente positivo (22% dal 2005 al 2017). L’evitata produzione di gas serra per unità di fusti e cisternette nuovi aumenta, mentre per gli altri imballaggi il fattore d’emissione ha un andamento tendenzialmente costante nel tempo.

L’avvio a riciclo dei rifiuti di imballaggio in acciaio da parte del Consorzio ha consentito nel solo 2017 di evitare l’emissione in atmosfera di 371.000 tonnellate di CO2eq, l’8% in più rispetto al 2016.

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A partire dai benefici ambientali appena illustrati, è possibile stimare anche i relativi benefici economici per il sistema Paese, sia diretti sia indiretti. Il beneficio economico complessivo per il 2017 è pari a 44 milioni di euro (+42% rispetto al 2005). Nel complesso, dal 2005 al 2017 la filiera consortile del recupero dei rifiuti di imballaggio ha generato un valore economico pari a 513 milioni di euro, così composti:

  • 383 milioni di euro di benefici diretti generati dalla filiera consortile del riciclo degli imballaggi in acciaio, rappresentati dal valore economico della materia prima risparmiata; nel solo 2017 tali benefici sono stati pari a 33 milioni di euro (+50% rispetto al 2005);
  • 130 milioni euro di benefici indiretti che fanno riferimento alla CO2eq evitata grazie alle attività di riciclo poste in essere dalla gestione consortile; ammontano nel 2017 a 11 milioni di euro (+22% rispetto al dato stimato per il 2005).

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Immagine in alto – blickpixel@pixabay_CC0