A Tehuacán si contano più di un centinaio di lavanderie industriali, tra legali e clandestine. Da più di trent’anni, la città nello stato di Puebla è un polo dell’industria tessile. E il Messico, in questo settore, è secondo solo alla Cina. Famosa un tempo per la purezza delle acque, oggi la sua notorietà Tehuacán la deve al colore delle stesse. Azzurro. O meglio blue-jeans. “Agua azules”, le chiamano. Ruscelli e canali d’irrigazione a una certa ora del giorno si tingono di blu. È l’ora in cui le lavatrici finiscono il loro ciclo e scaricano i residui del processo di sandblasting (sabbiatura) nei canali di scolo, perché è così che oggi i jeans vanno di moda, “slavati”.

A causa delle acque contaminate, ai contadini di interi paesi è stato proibito di coltivare le verdure, di tenere un proprio orto. L’unica coltura che si può piantare è il mais. Il rischio è una multa salata, specialmente se poi queste persone, per campare, vanno a vendere i loro prodotti ai mercati cittadini. Alcune, addirittura, hanno confessato di essere state minacciate di finire in carcere.

Nonostante nel 2011 Greenpeace abbia lanciato la campagna “Detox my fashion”, per sensibilizzare il mondo della moda sulle tematiche ambientali e, nel 2012, abbia pubblicato il report “Hilos Toxicos”, proprio sulla contaminazione dei fiumi da parte delle industrie tessili in Messico, a Tehuacán in questi anni nulla è cambiato. Le lavanderie, collegate ai grandi marchi, Levi’s in primis, continuano a scaricare le acque residue della lavorazione nei canali e ancora non è stato costruito un depuratore.

Oltre all’ambiente, a soffrire sono anche le operaie e gli operai. Prima di essere lavati, i pantaloni vengono, infatti, trattati con agenti chimici. Lucia Ortega Rodriguéz, che lavora da 35 anni per un’impresa che vanta anche un certificato di “responsabilità sociale”, è malata. Nel 2015 le hanno diagnosticato la pneumopatia interstiziale, malattia polmonare cronica. Per questo l’impresa dovrebbe dotarla di mascherina apposita, “ma – rivela – le norme di sicurezza vengono applicate solo quei due o tre giorni all’anno in cui ci sono i controlli, per tutto il resto del tempo lavoriamo senza mascherina e senza guanti”.

Lo scorso 9 gennaio, 70.000 persone hanno chiesto, tra gli altri, ad Armani e Primark di rendere trasparente il proprio processo di produzione. La loro voce si è fatta sentire grazie alla “Clean Clothes Campaing” (in Italia “Campagna Abiti puliti”), la più grande alleanza di sindacati e organizzazioni non governative che mira al miglioramento delle condizioni lavorative nel settore dell’abbigliamento. Tra le varie campagne lanciate dall’associazione, c’è proprio anche quella contro la sabbiatura dei jeans, che però sembra essere rimasta ferma al 2013, mentre la qualità della vita delle persone coinvolte continua ad esserne inficiata, proprio come sta succedendo a Tehuacán.  

 

“Detox my fashion”, www.greenpeace.org/archive-international/en/campaigns/detox/fashion

“Campagna Abiti puliti”, www.abitipuliti.org

Foto di Diana Bagnoli

 

Scarico d’acqua di una delle lavanderie di San Lorenzo Teotipilco nello stato di Puebla, Messico.

 

Negozio di jeans a Tehuacán.

 

Dettaglio della terra adiacente alla lavanderia Lavasport, una delle grandi imprese che confezionano jeans per conto di terzi e forniscono alcuni grandi marchi.

 

Lavatrice di jeans in una delle maggiori lavanderie di San Lorenzo Teotipilco, stato di Puebla, Messico.

 

Pila di jeans in una delle imprese a Tehuacán.

 

Figlia di contadini a San Diego Chalma prova a catturare un tacchino nel suo cortile dopo scuola. Gli animali sono diventati la loro unica forma di sostentamento perchè le coltivazioni sono considerate tossiche.

 

 

Canale di scolo in San Diego Chalma, stato di Puebla. A una certa ora del giorno il fiume diventa una schiuma bianca e poi blu. È l’ora in cui le lavatrici finiscono il loro ciclo e scaricano i residui, senza filtri, nelle acque del fiume Valsequillo.

 

Una delle imprese clandestine di jeans a Tehuacán.

 

Martin Barrios, attivista ambientale, guarda il canale di scolo blu chimico della lavanderia Lavasport, una delle grandi imprese che contaminano le acque di Tehuacán e dintorni.

 

Fiume blu a San Diego Chalma, il paese più compromesso che conta oltre 3.000 abitanti.

 

Mani tinte di blu di una lavoratrice dopo il suo turno di lavoro.

 

Lucia lavora da 35 anni per una grande impresa di jeans a Tehuacán. Da due anni ha problemi respiratori e le hanno diagnosticato una malattia cronica ai polmoni.

 

A San Lorenzo Teotipilco, paese confinante con Tehuacán, si concentra il maggior numero di lavanderie industriali.

 

Dettaglio della terra adiacente alla lavanderia Lavasport.