È dello scorso novembre l’annuncio del ministero dell’Ambiente e dello Sviluppo sostenibile del governo colombiano del lancio della prima Strategia nazionale per l’economia circolare. Un’iniziativa volta alla trasformazione del sistema economico e produttivo del paese centroamericano, che lo vede come pioniere per l’America Latina e i Caraibi nella transizione verso l’economia circolare. 

Riutilizzo dei materiali, efficienza dei flussi e delle risorse e un aumento significativo del tasso di riciclo e di riutilizzo dei rifiuti che oggi si attesta all’8,7%, in modo raggiungere almeno il 17,9% entro il 2030. Per il 2022 invece è prevista una crescita del corretto trattamento dei rifiuti solidi urbani che dovrebbe passare dall’attuale 17% al 30%. 

Ma non c’è solo la gestione dei rifiuti, sebbene sia anche quella più ovvia e urgente visti anche i numeri. Nel documento rilasciato dal governo colombiano sono quattro gli indicatori presi in considerazione e sui quali si dovrà agire: primo tra tutti è la produttività dell’acqua, ferma a 18 $/metri cubi contro i 114 $/metri cubi dell’area Ocse, la produttività del suolo, l’intensità dell’uso dei materiali e l’intensità energetica. Il settore del cemento e del calcestruzzo è sicuramente quello che più dovrà migliorare le proprie performance. Oggi il recupero o riciclo è fermo al 2%, mentre il potenziale potrebbe raggiungere il 50% secondo l’agenzia colombiana. “Questo patto che accompagna la Strategia nazionale per l’economia circolare fa parte del piano di sviluppo lanciato dal Presidente della Repubblica, il patto per la Colombia”, ha detto la vicepresidente Marta Lucía Ramírez, in una nota ufficiale. “Con questo patto diciamo ai colombiani che stiamo andando oltre le norme, che produrremo con meno, mantenendo la produzione.” 

Il tema della gestione dei rifiuti rimane comunque preponderante se non quasi esclusivo considerando che, secondo i dati del dipartimento di Pianificazione nazionale, la vita utile delle discariche in 321 comuni della Colombia terminerà tra cinque anni. Sarà dunque fondamentale promuovere l’imprenditorialità, generare un valore aggiunto delle materie prime seconde e attirare gli investimenti per rilanciare una nuova gestione e riciclo dei rifiuti. “Ciò che stiamo cercando di fare è di incoraggiare le aziende, i consumatori e altri attori della catena del valore a sviluppare e implementare nuovi modelli di business, trasformando i sistemi di produzione e consumo esistenti, nell’ambito della gestione dei rifiuti, della gestione efficiente dei materiali e nel cambiamento degli stili di vita dei cittadini verso la sostenibilità”, ha affermato Ricardo Lozano Picón, ministro dell’Ambiente e dello sviluppo sostenibile, in occasione della presentazione ufficiale.

Per attuare l’economia circolare, il ministero dell’Ambiente lavorerà in coordinamento con i ministeri del Commercio, dell’Edilizia abitativa, dell’Istruzione, dei Trasporti, delle Miniere e dell’Agricoltura, con l’unione dei sindacati del settore produttivo, oltre 50 imprenditori e il settore accademico. “Il governo sta agendo insieme su questo problema. La sinergia si verifica perché siamo consapevoli di tutte le opportunità che l’economia circolare può offrire al paese”, ha detto il ministro Lozano in una nota ufficiale.

 

Le aziende colombiane investono nell’economia circolare

Non c’è solo la politica a voler cambiare paradigma economico e allinearsi a soluzioni che, per esempio in Europa, sono ormai già affermate. In un momento storico dove i cambiamenti climatici e la scarsità delle risorse minaccia il benessere della società, il business as usual è qualcosa che non può avere futuro e che sarà relegato ai libri di storia. Un concetto che pare essere stato assorbito anche dall’Asociación Nacional de Empresarios de Colombia (Andi) che ha da poco attuato un piano per lanciare l’economia circolare nel paese. Denominato Vision 30/30 prevede che le aziende partecipanti attuino processi per la riduzione di rifiuti, riutilizzandone una parte e migliorando il trattamento di alcune risorse come l’acqua. Il primo obiettivo è di arrivare a riciclare almeno il 30% dei rifiuti nei prossimi 10 anni, in particolare nel settore degli imballaggi immessi sul mercato.

La Colombia non manca di aziende che già operano nel settore dell’economia circolare, in particolare nel settore dell’edilizia. La Greco (Granulados reciclado de Colombia) da dieci anni tratta e gestisce i materiali da costruzione e demolizione in un impianto dove sono lavorati per essere riutilizzati come aggregati riciclati certificati per il settore edilizio. Mentre la Pintuco produce resine a partire dal polistirolo espanso riciclato dal settore delle costruzioni. La Terniùm, multinazionale siderurgica, invece ricicla gli scarti nel processo di produzione dell’acciaio con tassi di riutilizzo del 100%. E, infine, la Totto, una delle aziende di moda nazionale che attualmente ha la sua collezione “Eco” composta da zaini, portafogli, box multiuso in Prat, un tessuto in plastica riciclata dalle bottiglie in Pet. 

 

Una consapevolezza ancora da creare

Certo la strada pare ancora lunga, soprattutto se si guardano le abitudini dei consumatori colombiani. Secondo i dati forniti da Kantar, tra i leader internazionali nelle ricerche di mercato ad hoc e nella consulenza di marketing, in Colombia solo l’8% delle famiglie è “ecoattiva”, ovvero si impegna per la sostenibilità quando effettua i propri acquisti. 

Ma ciò che colpisce è quel 68% di “ecodismisser”, ovvero coloro che non sono interessati ai problemi ambientali né intraprendono alcuna azione. Un dato che potrebbe mettere in guardia anche le multinazionali che già operano nel settore dell’economia circolare e che potrebbero non avere una risposta adeguata dal mercato. Segno che è necessario creare una consapevolezza e un cambiamento culturale anche nel consumatore, perché anch’esso è parte di quel ciclo che si vuole e si dovrà chiudere.