Siamo ancora in tempo. Raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e limitare il riscaldamento globale a 1,5°C a fine secolo è possibile. A patto, però, di agire subito, mobilitare ogni settore e impegnarsi tutti. È ciò che emerge, in estrema sintesi, dalle quasi 3000 pagine del terzo volume del VI rapporto pubblicato il 4 aprile dal Panel Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici, .
Se i report IPCC ci
avevano abituati negli ultimi anni a quadri foschi e previsioni catastrofiche, questo ultimo capitolo dedicato alla mitigazione climatica si può dire invece improntato a un cauto ottimismo.
L’azione climatica funziona, insomma, ce la possiamo fare. Ma attenzione, questo non vuol dire che siamo già sulla strada giusta: c’è ancora tanto da lavorare e tanto da migliorare. E anzi, il messaggio da far passare è quello dell’
urgenza. Come ha sottolineato il co-presidente del gruppo di lavoro III dell'IPCC, Jim Skea: “Ora o mai più”.

Accelerare l’azione climatica

Se è vero che non siamo oggi sulla strada giusta per limitare l’aumento di temperatura a 1,5°C, la buona notizia (come avevamo già anticipato su queste pagine) è che si tratta di una strada ancora percorribile.
Nonostante le emissioni globali nel periodo 2010-2019 abbiano raggiunto i livelli più alti della storia dell’umanità, il loro tasso di crescita è infatti rallentato. E questo significa che
l’azione climatica sta portando dei risultati. “La possibilità di avere degli scenari ad altissime temperature è oggi più bassa rispetto a qualche anno fa”, ha spiegato Massimo Tavoni del Politecnico di Milano durante la presentazione italiana del report IPCC. Questo però deve valere come un incoraggiamento a fare di più, e non certo come una scusa per abbassare la guardia. Anzi, il tempismo è tutto, visto che la nostra possibilità di rimanere entro gli 1,5°C si gioca in questo decennio.
Per raggiungere gli obiettivi di Parigi,
infatti, le emissioni globali di gas serra dovranno raggiungere il picco al più tardi nel 2025, per poi ridursi del 43% entro il 2030 e raggiungere lo zero netto nel 2050. Anche per stare sotto l’aumento di 2°C le emissioni dovranno smettere di aumentare nel 2025, per poi ridursi di un quarto nel 2030 e arrivare allo zero netto nel 2070.
“Il raggiungimento dello zero netto di emissioni è un traguardo fondamentale perché
solo in quel momento la temperatura smetterà di aumentare. – precisa Tavoni – Non è comunque necessario azzerare le emissioni di tutti i gas climalteranti, per alcuni sarà sufficiente una riduzione. Come per il metano, che dovrà essere ridotto di circa un terzo”.
Secondo il report IPCC, tuttavia, anche riuscendo a ridurre per tempo le emissioni sarà quasi inevitabile superare temporaneamente il limite degli 1,5°C (il cosiddetto
overshoot), ma la temperatura dovrebbe poi tornare ad abbassarsi entro fine secolo.
È importante in ogni caso agire subito, rafforzare le politiche di mitigazione, gli investimenti e la decarbonizzazione di tutti i settori, altrimenti, avverte l’IPCC, se si continua con il
business as usual si prevede che le emissioni di gas serra continuino ad aumentare anche dopo il 2025, portando a un riscaldamento globale medio che raggiungerebbe 3,2°C entro il 2100”.

Tutte le soluzioni per dimezzare le emissioni al 2030

L’altra buona notizia del report IPCC è che le soluzioni e le tecnologie per riuscire a dimezzare (almeno) le emissioni entro il 2030 le abbiamo già tutte a disposizione. L’IPCC naturalmente non parteggia per l’una o per l’altra soluzione, ma si limita ad offrire un quadro completo di tutte le opzioni disponibili, delineando tra l’altro 5 diversi scenari di raggiungimento di neutralità climatica o Net Zero Carbon. “Questo – spiega Tavoni – apre a una varietà di approcci da adottare a seconda delle diverse aree geografiche e dei diversi livelli di sviluppo delle regioni”.
Le soluzioni tecnologiche e logistiche riguardano un po’ tutti i settori dell’economia e della società:
l’energia prima di tutto, ma anche l’industria, i trasporti, l’utilizzo del suolo, gli edifici, le città, fino ai comportamenti e agli stili di vita.
La
transizione energetica è naturalmente il cuore della decarbonizzazione. “Il settore energetico è responsabile di un terzo delle emissioni - ha precisato Elena Verdolini dell’Università di Brescia – Ma ci sono stati evidenti passi avanti rispetto all’ultimo rapporto uscito sette anni fa”. Il più importante è certo la riduzione significativa dei costi delle rinnovabili: - 85% per l’energia solare e – 55% per l’eolico rispetto al 2010. “Le energie rinnovabili sono ormai competitive rispetto ai combustibili fossili. E anche il prezzo delle batterie è sceso. - aggiunge Verdolini - Cresce inoltre l’interesse per altre fonti alternative come l’idrogeno e i biocombustibili prodotti in modo sostenibile”.
Direttamente legato al settore energetico è poi quello dei trasporti, dove si punta all’elettrificazione, ma anche alla riduzione della domanda tout court.
Interessante il discorso sull’industria che tira in ballo l’economia circolare. Tutto il settore industriale rappresenta, secondo l’IPCC, un quarto delle emissioni globali. Per ridurle serveun uso più efficiente dei materiali, il riutilizzo e il riciclo dei prodotti e la riduzione al minimo dei rifiuti”: tutti approcci che il report – come del resto qualsiasi studio sull’economia circolare – definisce ad oggisottoutilizzati”.
Passando al suolo, agricoltura e silvicoltura possono consentire non solo la riduzione delle emissioni, ma anche la rimozione dall’atmosfera e lo stoccaggio della CO2 su larga scala. Cosa che comunque sarà necessario fare, almeno in parte, anche con tecnologie di Carbon Capture.
Sulle
città, e in particolare sugli edifici, si gioca poi un’importante partita. Si parla di ridisegnare la mobilità urbana, ridurre in generale i consumi di risorse degli ecosistemi cittadini e implementare soluzioni nature based per stoccare carbonio (ad esempio verde urbano). Soprattutto gli edifici di nuova costruzione dovranno tutti essere a zero emissioni, ma bisognerà anche trovare il modo di ridurre e ottimizzare gli spazi per limitare il consumo di suolo in un pianeta sempre più popolato. “L’efficienza non basta più – puntualizza Paolo Bertoldi, senior expert per la Commissione Europea e uno degli autori IPCC – Si introduce ora il concetto di Sufficienza energetica, che significa limitare la domanda (di spazi, di risorse, di energia) a ciò che può consentire il benessere di tutti”.
Infine, gli scienziati IPCC riconoscono
un potenziale altissimo nella mitigazione climatica anche ai comportamenti individuali. "Avere le giuste politiche, le infrastrutture e le tecnologie per consentire cambiamenti nei nostri stili di vita e nei nostri comportamenti - ha detto il co-presidente del gruppo di lavoro III dell'IPCC, Priyadarshi Shukla - può portare a una riduzione del 40-70% delle emissioni di gas serra entro il 2050".

Colmare il gap di investimenti

Il tempo è sufficiente e le tecnologie le abbiamo. Quello che manca a questo punto sono i soldi per accelerare l’azione climatica. La transizione, questo è chiaro, ha ed avrà un costo. Ma quello che è altrettanto chiaro è che “i benefici, anche economici, di un’azione globale finalizzata alla riduzione di emissioni sono maggiori dei costi che quest’azione comporta”. E se anche il Pil mondiale, come è previsto dallo scenario degli 1,5°C, rallenterà la sua crescita dello 0,1% all’anno, continuerà comunque a crescere.
Il rapporto dell’IPCC insiste particolarmente sul tema della
mancanza di investimenti per la decarbonizzazione perché, anche in questo caso, si tratta di una questione risolvibile e non di un’utopia: i capitali ci sono. “Anche se i flussi finanziari sono da tre a sei volte inferiori ai livelli di cui abbiamo bisogno entro il 2030 per limitare il riscaldamento sotto i 2°C , ci sono sufficienti capitale globale e liquidità per colmare le carenze di investimenti”, si legge nel sommario. “Tuttavia, da parte dei governi e della comunità internazionale occorre un segnale chiaro, che includa un più forte allineamento della finanza e della politica del settore pubblico”.
Servono inoltre leve come pacchetti di politiche, strumenti fiscali, standard tecnologici”, aggiunge Elena Verdolini. “Abbiamo di fronte delle sfide erculee: dobbiamo mettere in atto tutte le opzioni, farlo subito e lavorare tutti. Non possiamo parlare proprio di ottimismo del report, ma non dobbiamo neanche pensare di non avere possibilità. Abbiamo tutte le opzioni. Se falliamo, sarà solo per colpa nostra”.

Immagine: Mika Baumeister (Unsplash)