Per iniziare, un po’ di chiarezza: cos’è una banca multilaterale di sviluppo? Le Multilateral Development Banks (Mdb) sono istituzioni finanziarie internazionali fondate da due o più paesi con l’obiettivo di incoraggiare lo sviluppo economico nelle nazioni più povere. A differenza delle banche commerciali tradizionali, le Mdb non intendono massimizzare i profitti per i loro azionisti, bensì danno la priorità agli obiettivi di sviluppo, per esempio ridurre la povertà estrema e le disuguaglianze economiche. Spesso, infatti, prestano denaro a basso o nessun interesse, oppure provvedono a sovvenzionare progetti in infrastrutture, istruzione, sostenibilità ambientale. Alcune di queste distinguono tra paesi più fragili dal punto di vista economico a cui concedere i prestiti o le sovvenzioni e paesi più stabili che accordano i finanziamenti ma non ne ricevono. Altre, invece, sono date dall’unione di più governi di paesi a basso reddito che si uniscono per contrarre prestiti collettivamente tramite l’Mdb per ottenere tassi più favorevoli. 

Tra le più note vi sono l’International Bank for Reconstruction and Development e l’International Development Association, entrambe del World Bank Group, la European Investment Bank, la European Bank for Reconstruction and Development, l’Asian Development Bank e la Asian Infrastructure Investment Bank, l’Inter-American Development Bank e la Central American Bank for Economic Integration, l’African Development Bank, l’Islamic Development Bank e infine la New Development Bank. Tutte insieme, sebbene con cifre differenti le une dalle altre, hanno assets per circa 1.725 miliardi di dollari e, in questo momento, sono interessate a investire in progetti legati all’economia circolare, sebbene con qualche distinguo. 

La European Investment Bank, in particolare, ha pubblicato a gennaio 2019 il documento The Eib Circular Economy Guide – Supporting the circular transition con il quale chiarisce che, a seguito della definizione del pacchetto europeo per l’economia circolare, ha iniziato e continua a sostenere la transizione verso questo modello economico non solo in Europa ma anche in altre parti del mondo. Nonostante infatti abbia finanziato in passato e tuttora diversi progetti di gestione e recupero di rifiuti e sottoprodotti, l’obiettivo è quello di ampliare il volume dei prestiti a progetti di economia circolare innovativi destinati a progettare sistematicamente la gestione dei rifiuti, estendere la vita dei beni e chiudere il ciclo dei materiali. Ritiene, infatti, che l’economia circolare sia da considerare un modello economico vantaggioso per gli investimenti proprio perché, alle condizioni a cui siamo giunti, permette di evitare quelli che chiama “rischi lineari”: l’utilizzo di risorse scarse e non rinnovabili; la priorità data alla vendita di materia prima vergine; l’incapacità per le aziende di collaborare, di innovare o di diventare resilienti. Al contrario, l’economia circolare è vista dalla Eib come un’opportunità per ridurre il rischio di incertezza e di volatilità del prezzo nella fornitura di materie prime, per contenere i costi di produzione – con la progettazione per il riuso, lo smontaggio e il riciclaggio al fine di facilitare la rigenerazione e la reintroduzione dei prodotti – o evitarli del tutto e avere nuovi flussi di entrate, infine per ottenere nuove opportunità di business e aprirsi a nuovi mercati. Negli anni 2013-2017 la European Investment Bank ha finanziato progetti di economia circolare per 2,1 miliardi di euro, suddivisi tra industria e servizi che ha convogliato il 33% dei finanziamenti complessivi, il settore della gestione idrica con il 26%, l’agricoltura e la bioeconomia il 17%, la gestione dei rifiuti con il 16% del totale, la mobilità con il 5%, lo sviluppo urbano con il 2% e l’energia con l’1%. Gli strumenti messi a disposizione dall’Eib comprendono, oltre ai più tradizionali prestiti di medio e lungo periodo, altre tipologie di progetti di conversione circolare con profili di rischio medio-alti. Possono essere ospitati nello European Fund for Strategic Investments (Efsi), che consiste in una garanzia di 26 miliardi di euro dal bilancio dell’Ue, completato da una dotazione di 7,5 miliardi di euro del capitale della Eib, in InnovFin, che garantisce anche un supporto e una consulenza ai progetti perché abbiano successo, e in altri strumenti finanziari speciali con un potenziale di assunzione di rischi più elevato. La banca cerca infatti di andare incontro a progettualità inedite create dall’adattamento, dall’innovazione tecnologica o dalla creazione di modelli di business e di trovare quindi strumenti più utili per la rivoluzione economica in corso. 

Se l’Eib ha stilato un piano strategico, altre banche multilaterali di sviluppo stanno comunque investendo in settori che riguardano l’economia circolare – come la gestione dei rifiuti, la salvaguardia delle risorse, l’efficienza energetica – ma senza essersi dotate di un documento di visione complessivo. La Banca Mondiale, per esempio, ha pubblicato a gennaio 2019 il testo Investing in resource efficiency e prima – a settembre 2018 – il report What a Waste 2.0: A Global Snapshot of Solid Waste Management to 2050, ma non sembra riunire le differenti linee di investimento in un’unica missione. 

Parimenti, la Asian Development Bank che pure ha sostenuto progetti di sperimentazione del modello circolare in Cina (nel Chaidamu e nella provincia del Qinghai già dal 2014), non ha ancora fra le proprie tematiche di investimento quella dell’economia circolare, pur finanziando progetti sui cambiamenti climatici, sull’acqua, sullo sviluppo rurale ecc. Anche la Islamic Development Bank, l’Inter-American Development Bank e la New Development Bank (legata ai cosiddetti paesi Brics), pur finanziando progetti legati ai Global Development Goals delle Nazioni Unite e quindi anche legati alla sostenibilità ambientale, non hanno progetti specificamente dedicati all’economia circolare. Forse un po’ a sorpresa, invece, la African Development Bank ha redatto una strategia decennale (2013-2022) che mira a spingere le economie africane verso una crescita sostenibile e inclusiva e aiuta in tal senso diversi paesi a sviluppare strategie di sviluppo che incorporino i principi dell’economia circolare e della blue economy, ospitando inoltre una serie di strumenti finanziari de-risking su misura che guidano le innovazioni nel continente.

Ciò che appare, quindi, è uno scenario finanziario sempre più impegnato nel sostenere progetti di mitigazione e adattamento climatico, così come attento alle risorse, ma privo – se non in pochi casi – di una coerenza e un coordinamento tale da permettere una trasformazione radicale dell’economia mondiale. La forza trainante dell’Europa e dell’Africa sarà sufficiente a fronteggiare lo scenario ambientale e climatico dei prossimi anni?

 

The Eib Circular Economy Guidehttps://www.eib.org/attachments/thematic/circular_economy_guide_en.pdf

Linear Riskswww.circle-economy.com/wp-content/uploads/2018/06/FINAL-linear-risk-20180613.pdf

What a Waste 2.0, https://openknowledge.worldbank.org/handle/10986/30317

Africa’s Blue Economy: a Policy Handbookwww.afdb.org/fileadmin/uploads/afdb/Documents/AEC/2016/ECA_African_blue_Economy_a_policy_hand_book.pdf