Se l’economia tradizionale stenta ad andare avanti e qualche volta si ferma, il vetro continua a girare e con esso l’economia circolare. Non si tratta di un facile gioco di parole, ma della rappresentazione esatta dell’industria degli imballaggi in vetro in Italia e in Europa.

Basta qualche cifra per capire che si tratta di un settore in salute. Secondo il recente rapporto Il riciclo del vetro e i nuovi obiettivi europei per la circular economy, realizzato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile per conto di Assovetro, un settore portante dell’economia italiana: 20.200 gli occupati, 1,4 miliardi di Pil e con il 70% degli investimenti green

Se poi guardiamo oltre i confini nazionali, produzione e riciclo del vetro in Europa hanno generato 125.000 posti di lavoro – pari a 9,5 miliardi di euro del Pil europeo – e hanno ridotto del 48% l’utilizzo di materie prime. In parole povere, un ottimo esempio di economia circolare.

 

“Da un chilo di rottame di vetro – si legge nel rapporto – si produce un chilo di vetro, se invece si utilizzano materie prime vergini (sabbia, soda, calcare, dolomite e feldspato) è necessario un input di circa 1,17 chili. Il riciclo del vetro permette di contenere il consumo di risorse naturali, di diminuire gli effetti dannosi derivanti dall’attività estrattiva e di ridurre i consumi di energia e quindi le emissioni di gas serra del processo produttivo. Tutto il rottame di vetro che le vetrerie hanno utilizzato nel solo 2014 (comprendente le materie prime seconde da gestione convenzionata e indipendente, gli scarti dell’industria del vetro piano e il rottame dovuto a scarti della produzione) ha permesso di ridurre l’uso di materie prime tradizionali per 3.020.000 tonnellate”.

In Italia cresce la raccolta differenziata del vetro – ormai arrivata al 77% – e con questa anche le quantità riciclate, in barba – si potrebbe dire – alla crisi economica che certo non ha favorito l’aumento dei quantitativi di bottiglie e vasetti immessi sul mercato italiano. Negli ultimi cinque anni presi in esame nella ricerca – dal 2010 al 2015 – il riciclo è passato dal 68,3% al 70,3%. Si tratta di due punti percentuali che però hanno significato una maggiore disponibilità della materia rinnovabile per la produzione di nuovi contenitori in vetro.

Dal punto di vista energetico, poi, le 3.020.000 tonnellate di materia prima non utilizzata hanno significato un risparmio di qualcosa come 316 milioni di metri cubi di metano e minori emissioni per circa 1,9 milioni di tonnellate di CO2.

 

“Il vetro – spiega Marco Ravasi, presidente della Sezione vetro cavo di Assovetro, – è un materiale che realizza alla perfezione il concetto di economia circolare che si basa su produci-consuma-riproduci e permette di avere sempre contenitori che hanno caratteristiche identiche a quelli originali. Ora di fronte ai nuovi obiettivi europei sarà necessario aumentare e migliorare le raccolte differenziate e rafforzare l’innovazione nel settore per ottenere rottami di qualità che alimentino un ciclo virtuoso”.

Visti i target di riciclo previsti nel recente pacchetto Ue sull’economia circolare che prevedono una percentuale del 75% al 2025 e dell’85% al 2030, il monito che arriva da Assovetro è quello di fare di più. Ancora oggi si stima che più di 512.800 tonnellate di vetro finiscano nei rifiuti indifferenziati, per non dire delle perdite che si registrano negli impianti di selezione e trattamento dei rottami di vetro. Qui almeno 150.000 tonnellate di scarti, per un 90% vetro, vanno a finire in discarica per colpa della scarsa qualità dei processi di raccolta. Occorre fare di più. In che termini, però? 

Per rispettare gli obiettivi di riciclo degli imballaggi in vetro rispetto ai rifiuti di vetro prodotti, il riciclo nazionale degli imballaggi in vetro, a parità di immesso al consumo, dovrà arrivare rispettivamente a 1.725.000 tonnellate nel 2025 e 1.953.000 tonnellate nel 2030. Il che significa, in termini di riciclo pro capite, 28,4 kg/abitante alla prima scadenza e 32,2 kg/ abitante alla seconda. E ipotizzando che la quantità totale di vetro nei rifiuti rimanga costante. 

 

“Lo sforzo per il raggiungimento di questi obiettivi – spiega il rapporto – sarà diverso per le diverse aree del paese. Il contributo maggiore sarà richiesto al Sud che, per raggiungere l’obiettivo del 2025, dovrà recuperare i ritardi rispetto al resto del paese incrementando di 6,1 kg/abitante il riciclo pro capite realizzato nel 2014 e di 3,1 kg/abitante per raggiungere l’obiettivo al 2030. Il Centro dovrà incrementare il riciclo pro capite di 4,2 kg/abitante per centrare l’obiettivo al 2025 e di 3,9 kg/abitante per quello al 2030. Meglio il Nord al quale è richiesto un incremento del riciclo di solo 1 kg/abitante per il 2025 e di 4,8 kg/abitante per il 2030. In termini percentuali nelle regioni meridionali il tasso di riciclo per raggiungere l’obiettivo del 2025 dovrà crescere del 20%, dell’11% al Centro. Più virtuoso il Nord che dovrà migliorare di soli 2 punti percentuali”.

 

Per Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile che ha curato lo studio, il vetro rappresenta dunque il modello ideale per il futuro economico europeo.

“Dalla ricerca emerge – spiega Ronchi – che il vetro, che può essere riciclato più volte e reimpiegato per rifare lo stesso tipo di prodotti, è un modello di riferimento per l’economia circolare che punta a ridurre il prelievo di materie prime dall’ambiente, quindi a minimizzare la produzione di rifiuti, a valorizzare la durata dei prodotti e il loro riutilizzo, a rimettere in circolo i materiali massimizzando il riciclo dei rifiuti e azzerando lo smaltimento di rifiuti in discarica”.

 

 

Info

www.assovetro.it