L’industria multimiliardaria delle pietre preziose colorate è attiva in quasi 50 paesi e contribuisce al sostentamento di milioni di persone in tutto il mondo. Sebbene sia difficile determinare il numero esatto di miniere di gemme colorate si ritiene che siano complessivamente tra le 200 e le 300, con circa l’80% del materiale estratto in modo artigianale e su piccola scala (Artisanal and Small-scale Mining, ASM). 

Tra i paesi più importanti nell’estrazione di pietre preziose – dove è possibile trovare molte varietà di gemme – India, Myanmar e Sri Lanka, che sono storicamente i centri di questa industria e hanno creato network per la loro lavorazione e commercializzazione. Più recentemente però sono emerse anche altre regioni come attori fondamentali in questo settore, tra cui Kenya, Zambia, Tanzania, Mozambico e Madagascar.

Il commercio delle pietre preziose colorate ha un ruolo cruciale nelle economie di molti paesi in via di sviluppo. Però le catene di rifornimento di queste gemme sono estremamente complesse, spesso hanno origine in paesi con governi deboli e coinvolgono molti attori differenti prima di arrivare al consumatore finale. Questa complessità può occultare i problemi ambientali, sociali e di governance che si verificano lungo la catena di rifornimento; quando tali problemi sono evidenti attirano l’attenzione dei media e vengono analizzati con attenzione dai gruppi per la difesa dei diritti umani, da investitori e consumatori.

 

Il caso Myanmar

Il Myanmar produce alcune delle migliori qualità al mondo di rubini, zaffiri e giada. Però l’industria estrattiva alimenta il controverso apparato militare del paese, sollevando preoccupazioni di carattere etico. Recentemente è stata avviata una campagna contro il commercio di pietre preziose provenienti da Myanmar.

Le incertezze riguardanti la riforma della Myanmar Gemstone Law (2017) si sono rivelate particolarmente dannose per il paese. L’attuale quadro è ben lungi dall’essere perfetto: mancanza di trasparenza, fallimento nella considerazione delle comunità locali, numero eccesivo di permessi spesso ottenuti con modalità oscure. Inoltre lo scorso luglio il nuovo governo civile ha sospeso i permessi fino al completamento della riforma, cosa che a sua volta ha creato instabilità per i commercianti locali e ha spinto molti di loro verso il mercato nero.

Le aziende private straniere hanno un solo modo per intraprendere il commercio etico: contribuire agli sforzi per l’attuazione della riforma in Myanmar. In parte a causa della crisi riguardante i Rohingya, il mondo ha perso di vista l’impulso riformatore che stava crescendo nel settore delle pietre preziose. Di fatto l’amministrazione civile ha utilizzato l’adesione alla Extractive Industries Transparency Initiative (EITI) per chiedere una maggiore trasparenza nei rapporti. Il passaggio ai rapporti EITI sulla proprietà effettiva potrebbe cambiare le regole del gioco. Sebbene la nuova Gemstone Law lasci molto a desiderare rappresenta un passo nella direzione giusta. Le aziende devono essere consapevoli del fatto che le iniziative private singole e non coordinate da parte di istituzioni non ufficiali, anziché contribuire a risolvere i potenziali problemi, spesso si rivelano controproducenti, creando altri problemi come il commercio illegale e l’aumento della povertà. Gli investimenti responsabili sono un requisito fondamentale in questo processo e sono propulsori di un effettivo sviluppo sostenibile.

 

L’industria manifatturiera dei gioielli

Quando una pietra preziosa viene acquistata nelle aste certificate, proviene da una precisa catena di rifornimento in cui ci sono varie pratiche e potenziali rischi sociali e ambientali, alcuni dei quali riguardano corruzione, conflitti armati, perdita di biodiversità e minacce agli ecosistemi.

Questi rischi sono difficili da monitorare perché gli acquirenti finali di pietre preziose non hanno accesso alle informazioni sulla catena di rifornimento. Eppure tutti gli attori nella catena – dal rivenditore a chi estrae la gemma – vogliono ottenere prodotti che non abbiano danneggiato alcun bambino, finanziato alcuna guerra, contaminato alcun fiume o abbattuto alcun albero. Inoltre vogliono che l’acquisto dei gioielli serva ad assicurare il loro sostentamento, a sviluppare scambi economici e culturali e a educare le persone a prendersi cura delle loro comunità, dei fiumi e degli alberi. Questa è la spina dorsale del concetto di responsabilità estesa dei produttori.

Per arrivare a ciò i produttori di gioielli devono lavorare nella stessa direzione dei loro partner per una maggiore trasparenza e tracciabilità; verso l’eccellenza etica, sociale e ambientale; verso un incremento della collaborazione (invece dell’esclusione). E, ultima ma non meno importante, verso la promozione di iniziative che uniscano marchi di lusso, aziende estrattive su larga scala e produttori su piccola scala con un comune interesse nel rendersi catalizzatori di un cambiamento positivo nell’approvvigionamento responsabile di pietre preziose colorate. Questa collaborazione ha portato alla creazione di strumenti di valutazione mediante i quali verificare e monitorare il rispetto degli standard comuni da parte dei diversi attori nella catena di rifornimento.

 

Il Responsible Jewellery Council (RJC)

Questa associazione internazionale ad alto livello comprende 1.100 aziende ed è un’organizzazione riconosciuta in tema di standard e certificazione della catena di rifornimento dei gioielli. Colloqui positivi con l’industria dei diamanti hanno portato all’introduzione di requisiti di verifica e approfondimento dei dati (Due Diligence) nel codice delle pratiche (COP) dei membri dell’RJC, e una piccola commissione di esperti ha lavorato a stretto contatto con l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico nella stesura della guida alla Due Diligence per le catene di rifornimento responsabili di minerali provenienti da aree teatro di conflitti e ad alto rischio. L’RJC si è recentemente spostata verso il settore delle pietre preziose colorate, iniziando con smeraldi, zaffiri e rubini e con l’intenzione di allargarsi a tutte le gemme entro due anni.

 

La catena di rifornimento 

Le pietre preziose sono minerali formati da processi geologici che si sono verificati in profondità nella crosta e nel mantello terrestre. Sono questi processi a regolare la modalità di formazione delle gemme, determinando le loro caratteristiche individuali come colore, struttura e durevolezza. Queste caratteristiche variano ampiamente, dando luogo a oltre 130 diverse varietà di pietre preziose che possono essere raggruppate in diverse categorie. Una prima distinzione basilare avviene tra le gemme considerate “preziose” e quelle “semi-preziose”. Diamanti, rubini, zaffiri e smeraldi sono considerati pietre preziose, mentre le altre pietre sono giudicate semi-preziose: tra queste si trovano anche gemme che non sono assolutamente “pietre” ma sono costituite da materiali organici, come il corallo o le perle.

Nel corso di milioni di anni le pietre preziose formatesi all’interno della crosta terrestre si sono spostate gradualmente verso la superficie: è la loro distanza dalla superficie a determinare il metodo di estrazione. Di fatto le pietre preziose si trovano in giacimenti sia “primari” sia “secondari”. La definizione “giacimento primario” indica che le pietre preziose sono ancora situate all’interno della roccia ospite in cui si sono formate. L’estrazione di queste pietre preziose è un processo dispendioso in termini di energia, manodopera e capitali. Queste miniere si trovano sia nel sottosuolo sia in pozzi superficiali e spesso richiedono l’utilizzo di esplosivi per la rimozione di grandi volumi di roccia.

La definizione “giacimento secondario” indica invece che le pietre preziose sono già state estratte dalla roccia ospite mediante processi naturali di erosione compiuti da acqua o vento e in seguito si sono depositate, per esempio in cumuli di ghiaia, nel letto di fiumi o in rocce sedimentarie friabili. A differenza di quanto succede per i giacimenti primari, questi giacimenti sono facilmente raggiungibili con una tecnologia semplice e piccoli investimenti.

Le comunità locali possono beneficiare di queste risorse minerarie utilizzando attrezzature e processi semplici, come martelli e picconi, per estrarre le pietre preziose.

Gli smeraldi dello Zambia provengono da un esempio di “giacimenti primari”, mentre i rubini del Mozambico vengono da “giacimenti secondari”.

 

Da pietra preziosa grezza a gioiello

Una tipica catena di rifornimento delle pietre preziose è la seguente: produzione (estrazione)-taglio e lucidatura-commercio-manifattura dei gioielli-vendita al dettaglio.

Una volta che una pietra preziosa colorata lascia la miniera viene venduta e sottoposta a molteplici processi. Il primo è il taglio, il procedimento che da pietra grezza la trasforma in una gemma scintillante; poi c’è la lucidatura eseguita da lavoratori specializzati addestrati a curare aspetti molto specifici dei processi di taglio e lucidatura, impiegando tecnologie di manifattura avanzate; commercio, che coinvolge attori commerciali che svolgono un ruolo intermedio immettendo sul mercato pietre preziose grezze e tagliate (spesso direttamente da miniere e industrie della lavorazione situate in zone remote); produzione manifatturiera dei gioielli, eseguita da grandi catene di vendita al dettaglio che possiedono impianti di lavorazione con una produzione in stile “catena di montaggio” che utilizzano strumenti e attrezzature high-tech che facilitano la produzione di gioielli su larga scala. L’ultimo passaggio è rappresentato dalla vendita al dettaglio mediante la quale le pietre preziose arrivano all’acquirente finale che richiede sempre maggiore tracciabilità lungo l’intera catena di rifornimento.

 

La natura particolarmente complessa della supply chain nel settore delle pietre preziose colorate si rispecchia in una carenza di dati pubblicamente disponibili, verificabili e confrontabili sulla loro produzione, lavorazione e commercio globale. I fattori che contribuiscono a questa complessità comprendono – per esempio – una debole vigilanza normativa dell’industria e una scarsa comunicazione tra le componenti a monte e a valle della catena di rifornimento, che a sua volta limita la visibilità e la comprensione delle sfide e delle necessità operative.

Una pietra preziosa può passare di mano fino a 50 volte dopo essere uscita dalla miniera, transitando per commercianti, selezionatori, esaminatori, tagliatori, lucidatori, altri processi di valorizzazione, broker, produttori di manufatti e rivenditori al dettaglio prima di arrivare all’acquirente finale. A volte è persino difficile certificare il paese di origine di una pietra preziosa. Questa natura tipicamente decentralizzata e informale dell’industria ASM delle pietre preziose, tradizionalmente basata su rapporti di fiducia personali più che su sistemi trasparenti, di fatto occulta molti degli aspetti collaterali negativi delle pietre preziose.

 

Una panoramica su alcuni paesi estrattori

 

Sri Lanka

La regione Ratnapura dello Sri Lanka: qui le attività estrattive avvengono in terreni ex agricoli e vicino a piantagioni per la produzione di gomma. 

All’inizio del 2014 il Conservation International (CI) e il Responsible Ecosystems Sourcing Platform (RESP) hanno avviato consultazioni informali sulla potenziale collaborazione nell’ambito del Programma Gestionale di CI, e in particolare sullo sviluppo e l’implementazione degli accordi per la salvaguardia.

Inoltre le immagini pubblicate in questo focus danno un’idea del processo che sta alla base dell’estrazione di terra dal suolo e di come questa venga poi rimessa al suo posto nell’ambito dell’iniziativa di chiusura delle miniere e ripristino delle zone escavate.

Migliorando le pratiche di ripristino si prevede che la produttività del suolo possa essere rigenerata e quindi che queste aree possano prestarsi a usi sostenibili e a opportunità socioeconomiche a lungo termine per le comunità locali.

 

Zambia

La spettacolare miniera di smeraldi di Kagem fornisce oltre il 25% della produzione globale di smeraldi. È una miniera piena di crateri visto che in cinque anni sono stati scavati enormi bacini usando esplosivi.

Il modello di business rappresenta una soluzione win-win sia per gli investitori privati stranieri sia per il governo locale. Di fatto l’investitore si assume tutti i rischi legati all’attività trattenendo il 75% dei profitti, mentre il restante 25% va al governo locale. L’investitore ottiene una concessione della durata di 25 anni per un’area di 41 chilometri quadrati con 890 lavoratori, l’80% dei quali sono residenti locali. Inoltre l’azienda si impegna in una strategia a lungo termine di responsabilità sociale d’impresa (Rsi) con un’attenzione particolare a istruzione, salute, agricoltura e attività ricreative.

 

Mozambico

La miniera di rubini di Montepuez è una delle più grandi al mondo e fornisce due terzi della produzione mondiale di queste pietre preziose. Situata a 200 chilometri da Pemba, è possibile trovarvi oltre 500 tipi di rubini. Il modello di business utilizzato a Montepuez è lo stesso delle miniere dello Zambia, in cui un investitore privato si assume tutti i rischi relativi all’investimento e trattiene il 75% dei profitti, mentre il restante 25% rimane al governo locale. Qui l’investitore straniero ottiene una concessione per 25 anni per un’area di 336 chilometri quadrati con 1.000 lavoratori, l’80% dei quali sono residenti locali.

L’azienda cerca di migliorare i programmi di Rsi locali e spende fino a 1,7 milioni di dollari nella costruzione di ospedali e cliniche ginecologiche, fornendo veicoli che fungono da unità ospedaliere mobili per i villaggi e costruendo scuole riconosciute dal governo. 

 

 

Extractive Industries Transparency Initiative, https://eiti.org

Responsible Jewellery Council, www.responsiblejewellery.com

Ocse, Due Diligence Guidance for the Responsible Supply Chains of Minerals from Conflict-Affected and High-Risk Areaswww.oecd.org/daf/inv/mne/OECD-Due-Diligence-Guidance-Minerals-Edition3.pdf