Sabato mattina alle 9.15 alla COP26 di Glasgow è stata pubblicata la nuova bozza di accordo, che sarà discussa nella sessione plenaria del pomeriggio a partire dalle ore 13, ora italiana.
La prima reazione positiva è che preserva l'
intenzione di spingere sempre di più verso l'obiettivo di mantenere l'aumento delle temperature medie globali a fine secolo entro 1,5°C e per fare ciò richiede di presentare nuovi piani di medio periodo (2030) già nel 2022, entro la prossima COP, la ventisettesima, che si terrà a Sharm-el-Sheik, in Egitto.

Una menzione per l’uscita dal carbone

Soddisfazione delle associazioni, come Italian Climate Network e Greenpeace per la menzione sull'uscita da carbone (esclusi i paesi con meccanismi di riduzione e CCS) e dai sussidi alle fossili, anche se ci si limita a quelli "inefficienti" (“un annacquamento del testo”, commenta Luca Bergamaschi, del think tank Ecco in un messaggio). Molto importante la menzione di meccanismi di giusta transizione legata all'eliminazione dei sussidi, un tema su cui l'Italia ha insistito, come ribadito dal Ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani in un'intervista con l'autore.

Finanza e clima

Cautamente buone notizie per il raddoppio della finanza per l’adattamento al 2025, che è un buon risultato per Aosis e G77, due gruppi che rappresentano paesi vulnerabili e in via di sviluppo.
Piccoli passi, ma ancora molto insufficienti sul loss & damage o L&D, l'assicurazione sulle perdite e danni, che per molte nazioni è un tema "non negoziabile", una linea rossa. Si parla intanto di organizzare quattro dialoghi fino al 2023 per cercare strumenti finanziari per sostenere questo meccanismo assicurativo. Niente date e men che meno cifre – il tema spaventa tantissimo Europa, Giappone e Usa, i grandi emettitori storici, che hanno così condannato tante nazioni vulnerabili che si troverebbero potenzialmente esposti a richieste di risarcimento enormi. Per questo i paesi industrializzati puntano i piedi, evitando di confermare un processo continuativo, nè dare dei goal economici da raggiungere. Potrebbe essere invece intelligente dare obiettivi concreti per portare tutti al tavolo e chiudere l'accordo. Secondo Mohamed Adow, direttore di Power Shift Africa, “serve trovare un accordo su una facility per i paesi vulnerabili, non possiamo continuare a fare incontri infiniti per discuterne senza mettere a terra qualcosa”.
Ma ci sono comunque risvolti interessanti dato che – come previsto – si stanno aprendo nuovi scenari per le fonti per la finanza climatica.
Sempre l'informatissimo Luca Bergamaschi rileva che è necessario che si riconoscano come fonte di finanza i Diritti speciali di prelievo (SDRs). Gli SDR non sono una valuta vera e propria, ma piuttosto un diritto di acquisire una o più delle ‘valute liberamente utilizzabili’ (freely usable currencies, nella terminologia del FMI) detenute nelle riserve ufficiali dei Paesi membri. Tali valute sono il dollaro statunitense, l’euro, lo yen giapponese e la sterlina. Il valore dei SDR viene definito sulla base di questo paniere di valute, la cui composizione è rivista ogni 5 anni dal Comitato esecutivo (Executive Board) del FMI, al fine di riflettere l’importanza relativa nel sistema monetario e finanziario internazionale delle valute dei singoli Paesi in un dato momento storico. Un tema voluto da Draghi e già introdotto al G20 di Roma e su cui l'Italia può spendere capitale politico.

Le ultime 24 ore di COP26

Di fatto le ultime 24 ore della COP26 si giocheranno tutte sull'accesso ai fondi e sul debito dei paesi più colpiti dagli impatti. Nel nuovo testo gli esperti sostengono ci sia una maggiore enfasi e che potrebbe essere l’inizio di una riforma di come le istituzioni finanziarie valutano le situazioni dei paesi per dare accesso, o meno, ai fondi. “Perché al momento ci sono metriche e condizioni, sopratutto nel FMI, che impedirebbero l’accesso a chi ne ha più bisogno. Questo va cambiato nel 2022”, spiega Bergamaschi. Il testo non riconosce le riforme necessarie per portare le Banche multilaterali di sviluppo a mobilitare i trilioni necessari alla trasformazione, come auspicato dal Presidente Draghi. “Senza un processo politico esterno ai negoziati e che includa i massimi livelli, come ad esempio un Summit dei leader nel 2022 con questi obiettivi, ovvero prendere decisioni politiche per trasformare l’architettura finanziaria globale supportata da una Taskforce, che Draghi si era augurato potesse partire alla COP26, sarà impossibile in pratica mobilitare i trilioni necessari alla transizione, alla resilienza e per le perdite e i danni e indirizzarli per i paesi più bisognosi”.