Grandi volumi di produzione ottenuti grazie a una spesa crescente in tecnologie avanzate e mezzi tecnici capaci di aumentare la produttività (i concimi) e ridurre i rischi (i fitofarmaci) causati da patogeni sempre più resistenti e aggressivi. Per l’agricoltura moderna, “industrializzata”, questo è un ritratto forse parziale ma certamente fedele. 

Oggi però il volto dell’agricoltura sta mutando, sotto la spinta di cambiamenti che avvengono in ambiti diversi e convergono a indicare direzioni di sviluppo nuove rispetto a quelle consolidatesi a partire dalla metà del secolo scorso.

Un primo driver fondamentale va osservato in prospettiva ed è legato alla previsione di un consistente calo nel fattori produttivi (cioè acqua e terra coltivabile) in presenza di una popolazione che al 2050 supererà i 9 miliardi di persone. Aumentare la disponibilità di cibo in un simile contesto evidenzia il tema dello spreco. La riduzione degli sprechi è un obiettivo che riguarda tutta la filiera: dalle aziende agricole alla distribuzione, fino alla vendita al dettaglio e alle abitudini del consumatore. 

E il secondo potente driver del cambiamento è rappresentato, appunto, dai consumatori e dal loro mutato rapporto con il cibo. Il livello d’informazione e di consapevolezza che oggi viene espresso all’atto dell’acquisto di un prodotto alimentare, quantomeno nelle società più avanzate, pone in primo piano caratteristiche come la provenienza, le qualità organolettiche e di salubrità del prodotto. L’effetto sugli orientamenti del consumo è immediato: crescita delle filiere produttive certificate e con ridotti input (produzione integrata e biologica). Per questi stessi motivi si sta registrando una tendenza all’allontanamento dei consumatori dalle filiere percepite come meno sicure e controllate (e questa è una delle possibili ragioni dell’aumento di consumatori che scelgono l’alimentazione vegetariana o vegana).

 

 

Il “fattore cultura”

A livello mondiale nel 2014 (dati Ifoam e Fibl) la superficie dedicata alle coltivazioni biologiche risultava di 43,7 milioni di ettari su un totale di 1,6 miliardi di ettari attualmente coltivati (fonte Fao), mentre le aziende agricole erano più di 2 milioni, per un fatturato di 72 miliardi di euro. Nei paesi dell’Unione europea l’interesse sta crescendo rapidamente: nell’ultimo decennio la superficie dedicata al biologico è aumentata di 500.000 ettari all’anno e le aziende agricole in regime biologico sono diventate quasi 190.000. Nel solo settore ortofrutticolo le superfici coltivate a biologico nel 2014, a livello mondiale sono state di 1.814.000 ettari e quelle europee di 500.000. Aumentano anche vegetariani e vegani: per esempio in Italia nel 2013 erano circa il 6% della popolazione, sono diventati l’8% nel 2015 (fonte Eurispes). Un mercato che oggi, nel nostro paese, vale oltre 320 milioni di euro: numeri importanti che hanno fatto nascere catene di franchising dedicate e spingono anche le grandi imprese a introdurre linee di prodotto rivolte a questo mercato.Tra modificazione dei consumi e sviluppo di processi produttivi a basso impatto ambientale (come appunto l’agricoltura biologica o la produzione integrata) esiste, quindi, un preciso un nesso causale che potremmo definire “fattore cultura” che agisce sia dal lato della domanda sia da quello dell’offerta. 

Nella Ue l’agricoltura biologica è regolamentata con il Reg. Ue 834/2007 (e successive modificazioni) e si basa sulla riduzione di input esterni al sistema: non si utilizzano antiparassitari, erbicidi o concimi chimici di sintesi. Al contrario è previsto l’impiego di metodi naturali per assicurare la produttività e i minori impatti sull’ambiente e l’utilizzo di risorse rinnovabili – riciclando anche rifiuti vegetali e animali – per migliorare la fertilità del suolo.La difesa integrata poggia invece le sue basi giuridiche sulla direttiva 128/2009/CE “Utilizzo sostenibile dei pesticidi”, che ha come obiettivo la riduzione dei rischi e gli impatti sulla salute umana e sull’ambiente dei prodotti chimici, promuovendo approcci a tecniche alternative a quelle chimiche e usando modelli previsionali per fare interventi fitosanitari mirati.

Nel comparto ortofrutticolo Areflh ha promosso l’estensione del concetto di difesa integrata a tutti i fattori della produzione, quali l’utilizzo di cultivar (in agronomia indica una varietà di pianta coltivata ottenuta con il miglioramento genetico, ndr) dotate di resistenza genetica alle patologie, la fertilizzazione, l’irrigazione, il condizionamento e confezionamento del prodotto raccolto, applicando un approccio di filiera. La produzione integrata così intesa utilizza tecniche produttive che prevedono un uso limitato e ragionato di antiparassitari, concimi e acqua, mentre favorisce l’uso di metodi di difesa biologica e di confusione sessuale per il controllo dei parassiti, la pacciamatura per ridurre il consumo di acqua e l’impiego dei diserbanti. È regolamentata da disciplinari che possono dare origine a marchi volontari per dare maggiore visibilità al prodotto.

Questi approcci “virtuosi” alla produzione agricola si integrano con coerenza nel più generale disegno di sviluppo della bioeconomia. In particolare quando prevedono l’impiego di tecniche e mezzi messi a disposizione dalla chimica verde, come teli per pacciamatura, clips e dispenser di feromoni compostabili. Le plastiche biodegradabili e compostabili e una molecola ad effetto erbicida come l’acido pelargonico (caratterizzato da un minore impatto ambientale in termini di residualità e con biodegradazione rapida nell’ambiente) sono esempi significativi del contributo della chimica verde alla sostenibilità delle pratiche agricole. A completare il quadro di una strategia di innovazione che declina per il settore agricolo il concetto di economia circolare si aggiungono l’ottimizzazione nell’utilizzo di concimi organici e fitofarmaci naturali e, in generale, il contrasto allo spreco di risorse.

 

Finanziare l’innovazione: l’esempio delle plastiche biodegradabili e compostabili

Uno strumento fondamentale a disposizione degli agricoltori per l’innovazione in campo è la Politica agricola comune (Pac), sostenuta e finanziata da due tipologie di fondi: Feaga (Fondo europeo agricolo di garanzia) e dal Feasr (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale), che afferiscono ai due “pilastri” di tale politica, dove il primo comprende le Organizzazioni comuni di mercato (Ocm) o interventi di mercato, mentre il secondo è costituito dallo sviluppo rurale.

 

 

Ocm Ortofrutta 

Previsto dal Reg.Ce 1308/2013, l’Ocm Ortofrutta – nata per aggregare i produttori e la produzione – crede nell’innovazione per gestire la competitività. L’Organizzazione comune dei mercati costituisce lo strumento fondamentale del mercato comune agricolo nel quadro della Politica agricola comune (Pac) e copre circa il 90% della produzione agricola dell’Ue. L’Ocm ortofrutta ha come soggetto leader attuatori del regolamento, le Organizzazioni dei produttori (Op) costituite per volontà degli stessi.

 

La politica di Sviluppo Rurale ha obiettivi specifici e strategici di carattere economico, ambientale e sociale, che unitariamente rispondono alle priorità fissate dalla UE per la politica agricola del territorio: sviluppo della competitività, gestione sostenibile delle risorse rurali, riduzione dei rischi connessi al cambiamento climatico con uno sviluppo equilibrato delle aree rurali. Per soddisfare questi obiettivi le linee d’azione principali possono essere così riassunte: 

  • promuovere il trasferimento delle conoscenze e l’innovazione nel settore agricolo; 
  • potenziare la competitività dell’agricoltura e la redditività delle imprese agricole; 
  • incentivare l’organizzazione delle filiere agroalimentari e ridurre i rischi di crisi di mercato;
  • conservare, ripristinare e valorizzare gli ecosistemi da cui dipendono le attività agricole;
  • sviluppare un uso efficiente delle risorse favorendo il passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio;
  • promuovere lo sviluppo economico delle aree rurali e ridurre la povertà. 

 

Un esempio del finanziamento alle innovazioni legate a nuovi modelli economici è legato alle misure di mercato del primo pilastro. Più precisamente all’Ocm ortofrutta che finanzia, contestualmente alle misure di mercato, l’innovazione e il rispetto per l’ambiente. I teli per pacciamatura biodegradabili e compostabili entrano a pieno titolo tra le voci di innovazione finanziate e costituiscono un chiaro esempio di mezzi tecnici a ridotto impatto ambientale coerenti con un approccio di economia circolare, applicato a livello europeo. Per questa innovazione, nell’Ocm ortofrutta (vedi box) ogni singolo paese ha deciso di attivare modalità differenti per raggiungere il medesimo obiettivo ambientale: ridurre la produzione di rifiuti plastici difficilmente gestibili e allo stesso tempo gli input chimici (diserbi). 

In Francia vengono finanziati i maggiori oneri sostenuti per l’acquisto di pacciamature vegetali, riutilizzabili o biodegradabili, in rapporto a prodotti privi di tali caratteristiche. Nel caso in cui la tecnica standard non preveda utilizzo di pacciamatura tradizionale, l’acquisto di teli biodegradabili è totalmente finanziato, per un ammontare stabilito sulla base di uno studio che considera la differenza fra la nuova pratica e quella considerata standard. 

In Italia il Decreto n° 9084 del 2014 prevede fra i mezzi tecnici a basso impatto ambientale (ovvero nelle azioni di Disciplina ambientale obbligatorie) l’impiego di pacciamature, fili e clips biodegradabili e compostabili.

In particolare “per la pacciamatura con telo biodegradabile, sia sulle colture annuali che pluriennali, in pieno campo e in coltura protetta, sono ammissibili le spese sostenute per l’acquisto del film. Inoltre è remunerabile il maggiore costo, rispetto alla tecnica usuale, sostenuto dall’azienda agricola per le operazioni di messa in opera della pacciamatura stessa. Sono ammissibili anche le spese sostenute sullo stesso terreno per una coltura ripetuta .”

In Spagna l’impiego delle plastiche biodegradabili è ammesso e finanziato sempre all’interno delle azioni agro ambientali volte a ridurre gli impatti. Anche in questo caso gli aiuti da corrispondere ai produttori, a partire dal 2014, sono stati ottenuti dopo uno specifico studio effettuato da un organismo indipendente per verificare il differenziale di costo con le materie tradizionali. In particolare, nelle coltivazioni orticole sono finanziabili anche impieghi di filo e clips biodegradabili e compostabili per il sostegno delle piante (pomodori, melanzane ecc. ). A questi viene riconosciuto un aiuto pari al 66% del costo al chilo del materiale acquistato. Nel caso di pacciamatura biodegradabile, tale valore è invece calcolato nella misura del 60% del costo totale sostenuto per l’acquisto. 

Analogamente in Portogallo e in Belgio esistono misure che finanziano il differenziale di costo tra i materiali biodegradabili e quelli convenzionali.

In sintesi nei principali paesi produttori di ortaggi, la strategia ambientale nazionale prevede il supporto a mezzi tecnici innovativi che riducano la produzione di rifiuti plastici da parte delle pratiche agricole. L’Ocm ortofrutta è stato uno dei primi regolamenti a livello europeo che di fatto ha puntato a sostenere comportamenti virtuosi in grado di proteggere l’ambiente.

 

 

Il terzo driver del cambiamento: la ricerca 

Nel 2014 la Ue ha varato il programma di finanziamento alla ricerca Horizon 2020 che prevede l’investimento di risorse pari al 3% del Pil di ciascun Stato membro, per un ammontare pari a circa 80 miliardi di euro, con i seguenti obiettivi: rafforzare il ruolo della Ue nel settore agricolo, promuovere l’innovazione industriale per creare nuovi investimenti in tecnologia, affrontare le problematiche quali il cambiamento climatico, il trasporto sostenibile e le energie rinnovabili. 

Il settore agricolo, le innovazioni e gli aspetti ambientali rientrano quindi tra le priorità dell’agenda del legislatore europeo. L’insieme delle misure finanziarie messe a disposizione dei produttori europei, seppur complesse nella loro applicazione, consentono al sistema agricolo di disporre di risorse tali da rendere applicabili le innovazioni necessarie a soddisfare le esigenze sia dei produttori che dei consumatori. 

La fase di stagnazione che vive l’agricoltura europea deve essere superata reagendo alle sollecitazioni dei consumatori e all’esigenza di “nutrire il pianeta” a fronte di una riduzione dei mezzi della produzione (disponibilità di acqua e di terra). 

Un modello economico diverso, come è quello proposto dalla bioeconomia, unito all’uso di prodotti a minore impatto sull’ambiente e al maggiore riutilizzo di risorse interne all’azienda agricola possono essere una risposta alle sfide ambientali e demografiche previste per il futuro. 

 

 

“Into the future. Consolidated annual report of Ifoam – organics international”, 2015; www.ifoam.bio/sites/default/files/annual_report_2015_0.pdf

Associazione delle Regioni Ortofrutticole europee, areflh.org/index.php?lang=en