Le preferenze gastronomiche di una larva di coleottero aprono nuove strade per l’economia circolare della plastica. Dall’Australia arriva infatti la notizia che le larve dello scarabeo Zophobas morio, anche dette supervermi per le dimensioni considerevoli, hanno imparato a mangiare, e soprattutto a metabolizzare, il polistirene. Considerato che il polistirene espanso, o polistirolo, è uno dei materiali plastici più utilizzati e anche tra i più difficili da riciclare, la scoperta dei ricercatori dell’Università del Queensland potrebbe rivelarsi decisiva per il problema dei rifiuti in plastica.

Così i supervermi digeriscono il polistirolo

Negli ultimi anni varie ricerche si sono concentrate sulla scoperta di enzimi capaci di degradare la plastica. L’ultimo, annunciato dall’Università di Austin in Texas, sarebbe addirittura in grado di degradare il PET nell’arco di una giornata.
Ma per quanto riguarda il polistirene, come spiegano i ricercatori dell’Università del Queensland in Australia, il problema è che è sempre stato refrattario alla degradazione microbica. Fino ad oggi.
Il team del dottor Chris Rinke ha infatti scoperto che il microbioma presente nell’intestino delle larve di Zophobas morio (lo scarabeo caimano) si adatta, in condizioni di necessità, a digerire anche il polistirene.
I supervermi dell’esperimento sono stati suddivisi in tre gruppi: uno nutrito con crusca, un secondo a digiuno e il terzo costretto a una dieta di polistirolo. Tutte le larve sono riuscite a completare il loro ciclo vitale e anche se, ovviamente, quelle nutrite con la crusca stavano meglio, la cosa sorprendente è che i supervermi che avevano mangiato solo plastica – a differenza di quelli a digiuno - erano comunque riusciti a guadagnare peso. Questo significa, ha spiegato Rinke, che “le larve sono in grado di metabolizzare energia a partire dal polistirene grazie al microbioma del loro intestino”. In pratica i supervermi funzionano come mini impianti di riciclo che sminuzzano la plastica per nutrire i batteri intestinali. Dai prodotti di degradazione ottenuti in questo modo si potrebbero poi ricavare altri composti di valore come le bioplastiche.
Al processo andrebbero tuttavia aggiunti dei rifiuti organici, come avanzi di cibo, in modo da “arricchire” la dieta delle larve, che con il solo polistirolo non sarebbero ovviamente in salute.
L’obiettivo a lungo termine è però affrancarsi dall’uso delle larve. I ricercatori hanno quindi sequenziato il genoma del microbioma per scoprire quali particolari enzimi riescano nell’impresa di metabolizzare polistirene e polistirolo e poterli così, un domani, utilizzare in processi industriali scalabili ispirati al “lavoro di riciclo” dei supervermi.

Immagine: University of Queensland