Nel suo ultimo libro, Insegnare il pensiero critico, la scrittrice e femminista statunitense bell hooks (pseudonimo di Gloria Jean Watkins, che secondo la scrittrice va riportato in minuscolo) afferma che "il futuro dell'apprendimento risiede nella conversazione, nel dialogo; il monologo è lo strumento meno efficace per trasmettere idee". Queste parole sono state di grande aiuto per me, poiché hanno sintetizzato i pensieri che per anni mi sono ronzati in testa e che avevo difficoltà a trasformare in parole mentre assistevo a eventi formativi e di disseminazione.
In poche righe, bell hooks è riuscita a sintetizzare il malessere che provavo durante tutti quegli eventi formativi strutturati intorno a racconti e monologhi di casi studio di successo, li ho sempre considerati poco formativi perché basati su un’interazione asimmetrica. Io ti racconto il mio successo, tu dovresti riuscire a farti ispirare per raggiungere altrettanto successo, magari il più sostenibile possibile.

Nuove competenze e comunità aziendali

Oggi l’Europa ha finalmente un piano industriale unitario per la neutralità climatica. Lo scorso primo febbraio l’UE ha pubblicato il Green Deal Industrial Plan for the Net-Zero Age, che si pone l’obiettivo di garantire la leadership industriale dell’UE nel settore in rapida crescita delle tecnologie net-zero. Questo piano si regge su quattro pilastri: un ambiente normativo chiaro e semplificato; un accesso più rapido ai finanziamenti per il clean tech; una formazione delle competenze necessarie; delle nuove regole commerciali per catene di approvvigionamento resilienti.
Non si può negare che questa sfida richieda energie e forte impegno da parte delle imprese che, se da un lato ne riconoscono l’importanza anche strategica, dall’altro sono spesso frenate dalla paura dei costi necessari ad avviare gli interventi, dalla difficoltà nel calcolarne i ritorni economici e dalla mancanza di figure aventi le competenze adatte a gestire i processi di transizione ecologica.

La parte che mi interessa di più del Green Deal Industrial Plan for the Net-Zero Age è il terzo punto: formazione delle competenze necessarie.
Ma come si formano le comunità aziendali? E quanto dobbiamo ristrutturare il nostro concetto di comunità aziendale prima di riuscire a formarla su nuovi aspetti tecnici e complessi come la transizione ecologica? Ciò che voglio sottolineare è che non trovo totalmente sbagliato l’approccio basato sui monologhi performativi dei casi di successo e non ho assolutamente l’intenzione di porre fine agli eventi formativi con speaker autorevoli. Tuttavia, ritengo che ciò non sia sufficiente per formare una comunità, per aprire al pensiero critico un gruppo di persone e per creare uno spazio di discussione e dibattito che porti l’azienda ad occuparsi di ciò che accade nel mondo. Ancora oggi molti di questi eventi vengono realizzati all’interno delle aziende per formare la propria comunità o per farle conoscere le più attuali tendenze di mercato, come si sta muovendo il mondo dell’attivismo e quali saranno i nuovi asset da valorizzare. Ma quanto stiamo ascoltando i bisogni delle comunità aziendali? Il monologo non basta, non smuove le coscienze e non mette al centro la persona con la quale vogliamo interagire affinché possa contribuire allo scopo aziendale.

Pensiero critico e inclusione per attivare la trasformazione

Se desideriamo formare una comunità e sviluppare idee significative, dobbiamo abituarci a prendere in considerazione il giusto tempo per pensare, insieme. Ognuno ha un ritmo diverso per riflettere, ma i tempi cosiddetti aziendali non favoriscono questa operazione inclusiva. Pensare è un'azione attivista, i pensieri sono il laboratorio in cui si pongono domande e si trovano risposte, il luogo in cui teorie e prassi si incontrano.

Se una comunità vuole perseguire il proprio scopo nel mondo e, in base a tale scopo, generare azioni di impatto nella vita delle persone e nell’ecosistema ove queste vivono, dovrà alimentare il pensiero critico all'interno della propria comunità. Senza la paura dei rallentamenti legati al business e senza la pressione del successo immediato, è necessario dedicare tempo e sensibilità per far coesistere pensieri diversi. Il fulcro del pensiero critico è la capacità di determinare ciò che conta. Inoltre, il pensiero critico è definito come auto-diretto, auto-disciplinato, auto-normato e autocorrettivo. Come dice bell hooks, “pensare al pensiero o riflettere consapevolmente sulle idee è una componente necessaria del pensiero critico”

Generare idee trasformative è un atto politico che richiede la partecipazione di tutti, dai formatori a chi viene formato. Questo processo richiede discernimento. Per realizzare azioni coerenti con il proprio scopo, sarà necessario coinvolgere tutti nel processo di pensiero critico e co-creazione, che può avvenire in contesti diversi, dalle aule di formazione agli studi di progettazione, alle riunioni tra manager e team. Questa co-creazione richiede tempo, che potrebbe apparentemente sembrare non remunerativo, ma è fondamentale e non si dovrà commettere l’errore di scoraggiarsi e mancare di pazienza nel non vedere velocemente risultati positivi e nuove trasformazioni all'interno della comunità.

Per generare idee che cambiano la vita delle persone, sarà essenziale mantenere la mente aperta e abbracciare prospettive diverse. Le prospettive degli altri sono il nutrimento per una discussione critica che può realmente cambiare il mondo. Sono convinto che i manager, i direttori e chiunque abbia una posizione di comando e di potere debba mantenere un atteggiamento di apertura costante e riconoscere ciò che non sa. L'impegno radicale verso questa apertura sostiene l'integrità del pensiero critico e il suo ruolo centrale nella creazione di progetti e azioni dirompenti, ma richiede coraggio e immaginazione.

Il Glocal Impact Network

Con Glocal Impact Network, attraverso il lavoro di ricerca e produzione di metodologie di progettazione innovativa, abbiamo l’obiettivo di alimentare la consapevolezza che il dibattito, il pensiero critico e la nostra immaginazione possano portarci ad osservare le cose da prospettive diverse e a immaginare le possibili conseguenze delle nostre posizioni. Se riusciremo ad accettare che l'apprendimento attivo non sempre significa aver ragione, ma che anzi, molto spesso è il contrario, e che la conoscenza è in continua evoluzione allora saremo pronti a progettare azioni efficaci con una nuova coscienza, affinché il nostro scopo aziendale possa contribuire a creare una nuova economia e nuovi modelli per la transizione ecologica.

Immagine: William Felipe Seccon (Unsplash)