Il 22 marzo si celebra la Giornata Mondiale dell’Acqua, che quest’anno sarà dedicata ad accelerare il cambiamento per risolvere la crisi idrica e igienico-sanitaria. Lo stesso giorno, a New York, le Nazioni Unite daranno il via ai lavori della UN Water Conference 2023, la prima in quasi 50 anni, summit che dovrebbe portare ad un’agenda globale per l’acqua. Tuttavia, mentre già si parla di un “momento Parigi” per le risorse idriche – con aspettative di risultato paragonabili, per l'azione sul clima, all'Accordo di Parigi – c’è un altro tema, anch’esso fulcro della Conferenza: la cooperazione idrica.
Mentre il mondo sta affrontando un'imminente crisi idrica, con una domanda di acqua dolce che si prevede supererà l'offerta del 40% entro la fine di questo decennio, la gestione transfrontaliera dell’oro blu non si può più rimandare. Le acque transfrontaliere rappresentano infatti il 60% dei flussi mondiali di acqua dolce e collaborare, in fondo, significa darsi regole comuni. Così, per capire quale ruolo rivesta il diritto in questa sfida, Materia Rinnovabile ha intervistato Gabriel Eckstein, geologo e avvocato, professore presso la Texas A&M University School of Law, ex presidente dell’International Water Resources Association (IWRA) nonché consulente di numerose organizzazioni nazionali e intergovernative, tra cui l'Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, la Banca Mondiale, la Commissione di diritto internazionale delle Nazioni Unite, FAO e UNESCO.