La data fissata dal Governo francese è il 2040: entro questa scadenza tutti gli imballaggi in plastica monouso cesseranno di essere prodotti e distribuiti sul territorio dell’Hexagone. La sfida di Parigi all’usa e getta è cominciata nel 2020 con un primo piano quinquennale che verrà rinnovato di lustro in lustro fino a quando la plastica monouso non diventerà fuorilegge.

Quanta plastica viene prodotta

La produzione di plastica nel mondo è cresciuta in modo esponenziale: dai 2 milioni di tonnellate del 1950 si è raggiunta una quota di 390 milioni di tonnellate nel 2021. Se la produzione annua dovesse proseguire con questo trend, nel 2050 si arriverebbe a 1.480 milioni di tonnellate, un peso triplo rispetto a quello dell’attuale popolazione mondiale.

Sempre nel 2021, secondo il report Plastic Waste Makers Index, sono stati generati globalmente 139 milioni di tonnellate di rifiuti in plastica usa e getta. Fra gli effetti collaterali di questo surplus produttivo e delle cattive pratiche dei consumatori vi è la dispersione della plastica nell’ambiente: si stima che annualmente siano sversati negli oceani fra i 9 e i 14 milioni di tonnellate di plastica.

Con 4,8 milioni di tonnellate annue (corrispondenti a 70 kg pro capite), la Francia è uno dei maggiori consumatori di plastica del Vecchio Continente, ma nel 2020 ha intrapreso un iter che dovrà portarla alla “deplastificazione” dei prodotti monouso entro la fine del quarto decennio del XXI secolo.

Leggera, resistente, economica e malleabile, la plastica è un materiale difficilmente sostituibile in molti settori merceologici, ma è divenuta un problema ecologico nella specificità del monouso, specialmente per quanto concerne l’alimentazione. Le percentuali di riciclaggio sono troppo basse perché questa possa essere la sola soluzione: in Francia solamente il 27% della plastica immessa sul mercato viene riciclato, il che significa che quasi tre quarti vengono conferiti in discarica o, peggio ancora, dispersi nell’ambiente.

Obiettivo plastic free: i primi cinque anni

Le problematiche legate allo smaltimento degli imballaggi in plastica sono entrate nel dibattito pubblico sin dagli anni Settanta, ma è soltanto negli ultimi anni che dalle parole si è passati ai fatti. La direttiva SUP del 2019 ha aperto la strada alle iniziative dei singoli Paesi dell’Unione e, naturalmente, la Francia ha fatto da battistrada con la promulgazione della Legge anti-spreco per una economia circolare del 2020.

Per raggiungere l’obiettivo plastic free del 2040, ha stabilito una vera e propria road map frutto della concertazione fra attori economici, centri tecnici industriali, Ong e comunità locali. Le visioni e le esperienze di rappresentanti dei settori economici e della società civile hanno fornito uno sguardo razionale a questioni altamente complesse.

Il primo passo è stato, a partire dal 1° gennaio 2020, il divieto della vendita di lotti di stoviglie monouso (bicchieri, tazze e piatti) e di cotton fioc di plastica. A partire dal 1° gennaio 2021 l’interdizione è stata allargata a cannucce, posate usa e getta, bastoncini per mescolare, coperchi per tazze da asporto, spiedini, aste per palloncini, coriandoli di plastica, scatole in polistirolo espanso e tutti gli oggetti in plastica ossidabile.

Dal 1° gennaio 2022 sono stati banditi i sacchettini per tè e tisane in plastica non biodegradabile, mentre quest’anno, nel settore della ristorazione, è stato vietato l’utilizzo delle stoviglie usa e getta per chi consuma i pasti in loco. Dal 1° gennaio 2024 verranno vietati tutti i dispositivi medici contenenti microplastiche, mentre dall’anno successivo tutte le lavatrici immesse sul mercato dovranno essere dotate di un filtro in grado di trattenerle. La lotta senza quartiere contro le microplastiche continuerà anche nel 2026 con la messa al bando di queste particelle da prodotti cosmetici quali shampoo, colorazioni, gel doccia e struccanti. 

La strategia delle 3R

Riduzione, riutilizzo e riciclaggio, sono i pilastri della Stratégie 3R con cui Parigi sta provando ad arginare lo straripante monopolio della plastica. Siamo a metà del quinquennio 2021-2025 – il primo dei quattro che condurranno fino al 2040 - ed è forse prematuro fare un bilancio di quanto le nuove regole su imballaggi e monouso abbiano potuto incidere sui consumi, ma certo è che il processo legislativo e la diffusione di una maggiore consapevolezza fra i consumatori stanno facendo il loro corso.

Qualche settimana fa le Ong Foodwatch e Zero Waste France hanno denunciato i sovraimballaggi utilizzati da alcune aziende del settore alimentare per attrarre con un packaging “abbondante” i consumatori meno attenti. Veri e propri watchdog della grande distribuzione, le due associazioni hanno rilevato come le confezioni di alcuni prodotti siano vuote per oltre il 50%, un chiaro espediente di marketing. Oltralpe, insomma, la società civile non riposa sugli allori delle conquiste legislative, ma svolge una funzione di monitoraggio e di controllo di quanto avviene sul mercato, in merito a riduzione, riutilizzo e riciclaggio delle plastiche monouso.

La concertazione fra filiere industriali, collettività territoriali e associazioni di consumatori e di protezione dell’ambiente ha dato vita a una strategia che guarda all’interdizione totale del 2040 ponendosi dei traguardi di medio termine. Tre sono gli obiettivi per il 2025: il primo è riuscire a ridurre del 20% gli imballaggi in plastica monouso, ricorrendo in maniera prioritaria ad azioni di reimpiego e riutilizzazione; il secondo è tendere verso l’eliminazione al 100% degli imballaggi inutili in plastica monouso; il terzo è tendere al riciclaggio al 100% degli imballaggi in plastica monouso, con la predisposizione di una filiera ad hoc.

Nell’ambito della riduzione la priorità sono gli imballaggi inutili, vale a dire tutti quelli che “non abbiano una funzione tecnica essenziale, come una funzione di protezione, sanitaria e d’integrità dei prodotto, di trasporto o di supporto d’informazione regolamentare”.

Riutilizzare la plastica

Per quanto riguarda il riutilizzo dovranno essere messi a disposizione dei consumatori imballaggi che, una volta svuotati, controllati e puliti, verranno nuovamente riempiti dagli addetti del punto vendita. La sfida posta dal reimpiego comporta una riorganizzazione logistica che inizia con la fabbricazione di imballaggi riutilizzabili e prosegue con la costruzione di una catena logistica che prevede una diffusione capillare dei distributori dello sfuso conformi ai protocolli sanitari per la ricarica dei prodotti.

Il fenomeno della vendita di prodotti senza imballaggio è in crescita già da qualche anno ma la legislazione si sta muovendo per dedicare, entro il 2030, il 20% della superficie dei centri della grande distribuzione superiori a 400 metri ai prodotti senza imballaggio.

Riciclare la plastica

Con il 27% di riciclaggio degli imballaggi in plastica nel 2018, la Francia è ancora molto lontana dall’obiettivo europeo del 50% fissato per il 2025. Attualmente soltanto il 65% degli imballaggi domestici dispongono di una filiera di riciclaggio operativa (in particolare PET e PE), quindi è necessario operare sul restante 35% in modo da allargare il campo delle plastiche riciclabili.

Passi ineludibili per migliorare le performance di riciclabilità sono il potenziamento della raccolta differenziata nell’ambito residenziale, pubblico e aziendale, l’ammodernamento e l’adattamento delle infrastrutture di smistamento e il lavoro sulla standardizzazione, sul controllo di qualità e sulla tracciabilità della plastica riciclata, in particolar modo per quanto concerne il contatto con gli alimenti.     

Il cambiamento inizia dal carrello della spesa

I dati 2018 sul consumo di imballaggi domestici in Francia parlano chiaro, il 78% delle 1.214.980 tonnellate consumate cinque anni fa ricadono nel paniere della spesa alimentare: nel 36% dei casi si tratta di bevande, nel 20% di alimenti freschi trasformati, nel 14% di prodotti alimentari dolci o salati e nell’8% di alimenti freschi non trasformati. Dati alla mano, la “deplastificazione” stimolata dai legislatori francesi non potrà non passare da una trasformazione delle abitudini d’acquisto.

D’altronde è questo il compito della buona politica: leggere la realtà, comprenderne le problematiche, trovare le soluzioni e legiferare per stimolare il cambiamento. L’onda lunga della plastificazione globale ci accompagnerà per molti anni a venire, ma, come spesso accade, in Francia e in altri paesi dell’Unione Europea, politici, legislatori e società civile hanno un’altra idea di consumo di cui è e sarà importante seguire gli sviluppi.

Immagine: Mathias Reding, Pexels